I massacri delle foibe per le future generazioni: il Museo del Ricordo di Roma apre le porte alla storia ricordando il dramma giuliano-dalmata
I massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata rivivranno per sempre nel nuovo spazio museale di Roma. Soddisfazione per il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, e il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, per l’approvazione definitiva, in Commissione Cultura alla Camera, del disegno di legge che istituisce a Roma il Museo del Ricordo. Il ddl, prevede, oltre allo stanziamento dei fondi, la nascita di una Fondazione, cui partecipano il MiC, la Regione Lazio, Roma Capitale e la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Una giornata per non dimenticare
“L’approvazione definitiva della legge che istituisce il Museo del Ricordo nella Capitale, queste le parole del ministro Giuli, riporta nel cuore della nostra Nazione una storia a lungo nascosta. Lo facciamo celebrando in questo modo anche il ventesimo anniversario dell’approvazione della legge n. 92 del 30 marzo 2004, che ha istituito il Giorno del Ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata”. Il riferimento è alla legge che ha ufficializzato i fatti giuliano-dalmati dopo anni di negazionismo o giustificazionismo.
I massacri nelle foibe
Con gli eccidi delle foibe si ricordano migliaia di italiani torturati e assassinati dalle milizie iugoslave di Tito sul finire del secondo conflitto mondiale. Il termine foibe indica grandi cavità carsiche della regione Giulia nelle quali trovarono la morte, gettati anche vivi, migliaia di soldati e civili italiani. Anche se molti persero la vita nelle prigioni, nelle marce di trasferimento e nei campi di concentramento iugoslavi. All’inizio motivato dall’odio contro l’italianizzazione forzata tra le due guerre, il movimento di liberazione iugoslavo finì per combattere chiunque fosse sospettato di collaborazionismo o di difendere la comunità italiana.
Una pagina dolorosa
L’ondata di violenza coinvolse partigiani, tedeschi, fascisti e Titini dal 1943 al 1947. Nella corsa alla liberazione che seguì la caduta di Mussolini, mentre gli eserciti degli Alleati risalivano la penisola, Tito occupò Fiume e buona parte dell’Istria dando il via alle esecuzioni contro gli italiani. Si contarono in centinaia di migliaia i profughi italiani costretti a lasciare le loro terre: Pola, Parenzo, Rovigno, Montoro e Albona e decine di centri della costa istriana.
L’esodo e l’emigrazione internazionale
Col trattato di pace nel febbraio del ’47 l’Italia dovette rinunciare a molti territori ad Est, tra cui Zara, Fiume, l’Istria e la Dalmazia dando alla Jugoslavia il diritto di confisca dei beni degli italiani costretti all’esodo, con la promessa di un indennizzo da parte del governo italiano. Partì oltre il 90% della popolazione etnicamente italiana e moltissimi si rifecero una vita in paesi lontani, come gli Stati Uniti e l’America Latina. Il dramma degli esuli istriani, che con difficoltà trovarono in Italia l’accoglienza attesa, ha lasciato una ferita nella memoria che il nuovo museo si ripropone di sanare.
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