I centenari del Caucaso sono balzati agli onori della cronaca negli anni ’70 per essere considerati i più longevi al mondo. Solo una leggenda?
Situata nell’angolo nord-occidentale della Georgia, con il Mar Nero a sud e le montagne del Caucaso e la Russia a nord, l’Abkhazia era un tempo conosciuta come una delle principali destinazioni turistiche dell’élite sovietica. La sua popolazione – attualmente circa 250.000 individui – a lungo è stata considerata come una delle più longeve al mondo. I primi studi risalgono agli anni ‘60 e ‘70 del XX secolo, quando la propaganda sovietica se ne serviva per vantare la superiorità del sistema comunista su quello capitalista. E la cronaca locale di allora registrava matrimoni tra super centenari e una durata della vita media da fare invidia a Matusalemme. Non distante da lì, anche il piccolo Azerbaigian vantava le sue leggende viventi.
Shirali Muslimov, un mito della longevità
L’esempio più famoso di azero longevo si chiamava Shirali Muslimov. Di lui si diceva avesse raggiunto i 168 anni di età, dal momento che la data di nascita nei suoi documenti riportava il 26 marzo 1805 e il certificato di morte il 2 settembre 1973. Celebrato con altri pluricentenari con tanto di immagini su cartoline e francobolli, l’anziano, nato in una famiglia di pastori, venne intervistato nel 1963 dalla celebre rivista Life. Nelle foto appariva – gagliardo 161enne – al fianco della terza moglie, di poco più giovane, sposata a 110 anni di età. “Nonno Shirali”, come lo chiamavano tutti, vantava al giornalista i suoi geni precisando che, se entrambi i genitori avevano oltrepassato il secolo, suo fratello era morto all’età di 134 anni.
Una terra di centenari
Muslimov era in ottima compagnia: nel Caucaso di quegli anni si incontravano testimonianze di molti grandi vecchi disposti a giurare di aver superato da tempo il centesimo compleanno. E dato che tale aspettativa di vita si considerava legata alla dieta – che prevedeva un largo consumo di latte e derivati, tra cui il famoso kefir -, ecco che anche le multinazionali dello yogurt cavalcarono la tigre per incrementare le vendite. Il Caucaso divenne così la patria dei pluricentenari e studiosi di tutto il mondo si affannarono per trovare la ricetta segreta della longevità. Ma quanto di vero c’era in quei racconti iperbolici?
L’uomo più anziano del pianeta (ma solo per i sovietici)
Cominciarono a chiederselo diversi ricercatori, pronti a sfidarsi a colpi di prove più o meno scientifiche. Col passare del tempo la bolla si sgonfiò e si arrivò a concludere che un’età così diffusamente avanzata era piuttosto frutto di lacune nei registri anagrafici e dalla mancanza di statistiche ufficiali. Muslimov stesso non riuscì ad entrare nel Guinness dei primati (di fatto solo per l’URSS rimase l’uomo più anziano del pianeta) e per reazione si cercò di far passare tutto come una grande bufala. Le cose però non stanno esattamente così. Infatti ancora oggi il Caucaso vanta la più alta concentrazione di centenari al mondo e i suoi abitanti più anziani possono contare su uno stile di vita attivo e un invecchiamento sano, dal punto di vista fisico e cognitivo.
Una dieta spartana
Parte del segreto della longevità è nell’alimentazione è effettivamente la dieta. Queste società, prevalentemente contadine, utilizzano prodotti freschi (“a km zero”), preferendo il consumo di vegetali alle proteine animali. Una dieta parca, in particolare per gli abkhasi, che prevede il consumo di carne una o due volte la settimana, servita con una purea di farina di mais cotta in acqua non salata, detta abista. A tavola non mancano il latte e i derivati, poche uova e pesce, frutta e verdura come antiossidante. Gli abitanti di queste zone disdegnano il tabacco, il caffè e il tè, pur apprezzando il vino rosso locale. Dolcificano col miele e non usano zucchero o farine raffinate. Oltre a ciò conducono una vita attiva, in gran parte tra la coltivazione dei campi e l’allevamento in montagna.
L’età come status sociale
Ma ciò che più li caratterizza sono le strette relazioni parentali. Queste, se da un lato implicano rigidi obblighi per tutta la vita, dall’altro offrono una sicura rete di sostegno. Gli abkhazi sono anche ottimisti e amanti della vita e mantengono questa attitudine anche in tarda età. Nella loro cultura gli anziani godono di grande autorità: sono stimati per la conoscenza e la saggezza. Non si ritirano dalla vita attiva della comunità, che li consulta per dirimere una lite o per la coltura della vite. Di fatto svolgono il ruolo essenziale di “ponte” tra le generazioni e forse per questo sentono meno il peso del tempo. Si sentono necessari e sanno di esserlo.
Il rischio della solitudine sugli anziani dell’ex impero sovietico
Anche in questa parte di mondo però le cose stanno lentamente cambiando. La situazione della popolazione anziana negli ex stati dell’Impero russo è infatti per certi aspetti drammatica. La mancanza di servizi e di assistenza acuiscono il problema della solitudine e sono la conseguenza – lamentano le associazioni – di un vuoto legislativo sui diritti e la dignità delle persone in tarda età. Nel 2021 il Fondo delle Nazioni unite per la popolazione (Unfpa) e l’University college di Londra hanno condotto un sondaggio in 20 paesi dell’Asia centrale e dell’Europa orientale. Quasi il 20% dei partecipanti al sondaggio, con un’età compresa tra i 65 e gli 85 anni, ha dichiarato di soffrire di solitudine. E il peso grave della pandemia è destinato a lasciare un lungo segno.
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