Recentemente sono stato colpito da uno studio, pubblicato da un’importante rivista clinico-scientifica internazionale, nel quale si esamina la frequenza di incidenti con frattura di femore avvenuti nelle persone anziane, attribuibili alla presenza di un cane. Il mio interesse era soprattutto stimolato dal contrasto tra il ben noto effetto decisamente positivo esercitato dai cani sulla qualità della vita delle persone ultrasessantacinquenni, quando fanno compagnia durante le passeggiate, e il solo pensare che la loro vicinanza possa provocare danni alla salute, peraltro anche gravi (è ben noto come la frattura di femore spesso comporti conseguenze rilevanti, anche a lungo termine).
I dati dello studio indicano che su una popolazione di circa 220.000 abitanti, in un anno 387 persone ultrasessantenni sono state ricoverate in ospedale per frattura di femore; di questi eventi, 16 sono attribuibili alla presenza di cani. L’età media di queste 11 donne e 5 uomini è di 79 anni. I meccanismi della caduta sono stati la spinta a terra involontaria da parte del cane o il fatto di essere inciampati nel guinzaglio che si è aggrovigliato. Altri studi precedenti riportavano, peraltro, un rischio di caduta causato dai cani circa doppio di quello indicato; in ogni modo si può sostenere senza dubbio che in alcuni casi i cani sono responsabili dell’evento caduta.
Si apre quindi una possibile discussione, incentrata sul fatto che a tutte le età, in particolare in età avanzata, alcune azioni con risultati positivi possano anche essere all’origine di eventi negativi. Si pensi, ad esempio, alla stessa indicazione dell’importanza dell’attività fisica costante, ogni giorno, senza scusanti attribuite alle condizioni atmosferiche. Sappiamo bene quanto questa regola vada interpretata in modo rigido per esser davvero efficace, non ammettendo scuse, e frequentemente dettata dalla pigrizia. Questa indicazione può esporre a qualche rischio (raffreddamenti, cadute, ecc) il cui peso deve però essere trascurato rispetto ai vantaggi ottenibili. Lo stesso si può dire a proposito dei cani; i vantaggi di possedere un cane sono rilevanti: benessere psicologico, lenimento della solitudine, aumento dell’attività fisica, salute del sistema cardiovascolare, fino ad un certo aumento della spettanza di vita attribuibile ai fattori indicati. È doveroso dare a queste dinamiche di salute un peso maggiore, visto nel complesso, rispetto a possibili danni, quali la frattura di femore.
È interessante notare che nella raccolta dei dati gli studiosi sospettano che in alcuni casi la persona fratturata non denuncia la presenza del cane, perché il suo amore porta a nascondere gli eventuali danni indotti dal cane. Tuttavia, nell’educazione dell’anziano ad evitare le cadute non si deve trascurare l’attenzione anche sul cane; senza indurre paure ingiustificate, ma solo richiamando i possibili rischi. Una curiosità: nella letteratura epidemiologica non sono presenti notizie su fratture indotte da gatti nella persona anziana. Forse perché all’anziano il gatto piace meno, per il suo atteggiamento più egoista rispetto al cane.
Una considerazione conclusiva ci richiama al fatto che la costruzione di “mondi possibili” anche dopo la pensione è un dovere, perché dobbiamo tendere ad una qualità della vita sempre migliore. E è altrettanto vero che i mondi possibili richiedono impegno, attenzione, determinazione. Non vi è dubbio che nel nostro tempo, quando prevale l’“io” sul “noi”, sia sempre più complesso allacciare rapporti incisivi con i nostri simili, all’interno e all’esterno della famiglia. Il ricorso ad un cane è quindi una modalità intelligente per ridurre le sofferenze provocate dal senso di solitudine, di abbandono; è un essere vivente sul quale riversare affetto, ricevendone in cambio. L’esplosione del fenomeno animali domestici che sta avvenendo in questi anni non è un evento negativo, quindi; ricordiamo anche, concludendo con una osservazione di costume, che non di rado tra gli accompagnatori di cani si instaurano dialoghi che sono sempre vita.
Marco Trabucchi è specialista in psichiatria. Già Professione ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e direttore del Centro di ricerca sulla demenza. Ricopre anche il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e della Fondazione Leonardo.
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