Il virus dell’Herpes Zoster può riemergere col passare degli anni. Eppure in pochi sono consapevoli della sua gravità (e della recente scoperta del suo legame con il Covid).
L’indagine sull’Herpes Zoster condotta nel 2021 da Ipsos fotografa il livello di conoscenza della malattia nel mondo. Il sondaggio è stato svolto su 2.806 partecipanti, tutti over 50, residenti in diversi Paesi, tra cui Svezia, Regno Unito, Hong Kong e Germania. Per l’Italia hanno risposto da Campania, Lazio, Toscana, Sicilia, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria, Veneto, Basilicata e Lombardia. I risultati evidenziano che solo il 7% si ritiene a rischio malattia entro i prossimi 10 anni, il 30% non ne ha mai sentito parlare e l’8% non pensa che il virus sia pericoloso.
Un virus subdolo
Il virus dell’Herpes Zoster è lo stesso che, dopo l’infezione da varicella nell’infanzia, rimane nell’organismo, per risvegliarsi – in certi casi – anche a distanza di anni. Per questo 1 adulto su 3 è destinato a sviluppare la malattia, la cui gravità e incidenza aumentano oltre la soglia dei 50 anni, arrivando a colpire 1 over 85 su 2. Con pesanti ripercussioni sulla qualità della vita e sui costi del Sistema Sanitario Nazionale.
Il santo e la malattia che brucia
Il Virus è noto dall’antichità. Ne parlavano già Ippocrate e Virgilio, descrivendo i sintomi dolorosi delle eruzioni cutanee, solitamente limitati ad un lato del corpo, a fascia (da qui il nome “Zoster”, che in greco significa “cintura”). Uno stato accompagnato da dolore acuto, febbre e brividi. In passato la malattia era temuta quanto la peste. Non se ne conosceva l’origine e il suo manifestarsi improvviso evocava sofferenze pari solo a quelle infernali. Da qui il nome popolare di Fuoco di Sant’Antonio. Il santo in questione è Sant’Antonio Abate, l’eremita egiziano il cui culto legato al fuoco nasce dal racconto che lo vede scendere all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori.
Herpes e Covid
Secondo un recente studio statunitense condotto su un quasi 2 milioni di pazienti, le persone anziane che hanno contratto il Covid corrono un forte rischio di sviluppare l’Herpes Zoster nei 6 mesi successivi alla diagnosi. I dati, infatti, suggeriscono che gli over 50 che hanno contratto l’infezione del nuovo Coronavirus hanno il 15% di probabilità in più di sviluppare l’Herpes Zoster rispetto a chi non ha avuto la malattia. Una percentuale che sale al 21% nei casi in cui il paziente Covid sia stato ricoverato in ospedale. Questo perché il virus – latente per molti anni dopo l’infezione da varicella -, può risvegliarsi per l’indebolimento del sistema immunitario. Una situazione legata allo stress, al trascorrere dell’età (fenomeno dell’immunosenescenza) e, appunto, ad una infezione dal nuovo Coronavirus.
Il vaccino: strategia a misura di anziano
L’incidenza dell’Herpes Zoster è simile in tutto il mondo ed è correlata con l’età della popolazione: da 2-3/1000 persone l’anno fra 20 e 50 anni a 5/1000 intorno ai 60, con un picco nelle persone di 75-79 anni. In Italia si stimano circa 157.000 nuovi casi ogni anno ma, con l’aumentare della popolazione anziana, si prevede ovunque un aumento delle infezioni. Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 ha introdotto in calendario la vaccinazione anti-Herpes Zoster per i 65enni e gli over 50 anni con patologie cardiovascolari e diabete mellito. Ma anche per chi segue il trattamento con terapia immunosoppressiva, fattori che aumentano il rischio di sviluppare HZ o ne aggravano il quadro sintomatologico.
I consigli dell’Istituto Superiore di Sanità
Una profilassi tuttora consigliata tra gli attuali interventi di prevenzione attuati dal Servizio sanitario nazionale. Pur non essendo pericoloso per la vita, l’Herpes Zoster può essere molto doloroso. La vaccinazione riduce il rischio di svilupparlo mentre l’avvio della cura in tempi rapidi, ricorda sul sito l’ISS, può accorciare i tempi dell’infezione e ridurre la possibilità che si verifichino complicazioni.
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