Annalisa Gritti.
Dopo il diploma in lingue straniere, ha lavorato come interprete e traduttrice in varie aziende. Ora è in pensione e si dedica alla scrittura, allo studio della musica e a fare la nonna. Partecipa al Concorso 50&Più per la nona volta; nel 2014 ha vinto la Farfalla d’oro per la prosa, nel 2020 ha ricevuto la Segnalazione della giuria sempre per la prosa e nel 2021 la Menzione speciale della giuria per la poesia. Vive a Cermenate (Co).
“Sono nata sicuramente in Irlanda. Questo dice il mio libretto sanitario compilato a Limerick ma non si conosce la mia data di nascita esatta: ho circa 6 anni e sono una femmina di Lurcher – Saluki, un levriero irlandese incrociato con un’antichissima razza persiana, il Saluki appunto. Appena nati veniamo selezionati e se siamo deboli, soppressi. Non ho ricordi della mia cucciolata né di chi mi ha allattato. So che, come molti altri, sono stata al seguito di una carovana di nomadi che ci addestravano per la caccia di lepri e conigli. L’addestramento è duro e selettivo e chi non ce la fa viene prontamente “lasciato indietro” senza acqua né cibo con scarsa speranza di sopravvivere. Chi rimane al seguito delle carovane va a caccia, porta le prede e viene premiato con un osso spolpato, una ruvida coperta e qualche dolorosa bastonata se prova a disobbedire. Per lungo tempo cosi ho vissuto: senza una carezza, senza un buon boccone, senza una parola gentile. I compagni non sono migliori dei padroni: la lotta per la sopravvivenza è terribilmente dura. A volte mangiano solo i più forti che sono anche i più giovani. Non conosco il mio nome ma solo la ruvida voce di chi mi dava ordini e il dolore del calcio ogni volta che tentavo di riposare sotto la carovana. Gli ultimi anni sono stati i più duri: non riuscivo a stanare conigli o a prenderli perché correvano più forte di me. Sono scappata: una folle corsa senza speranza nei boschi braccata da uomini e cani e poi il buio totale, la fine di tutto. Il risveglio invece non è stato così terribile. Non c’erano le solite bastonate e le urla degli inseguitori. Avevo tanta paura, non mi reggevo in piedi: la fame e la sete mi divoravano. Umani gentili mi hanno raccolta e portata in un grande rifugio con altri cani simili a me. Per prima cosa mi hanno nutrita e hanno curato le mie ferite; ho gradito le loro carezze e ho capito che esisteva la possibilità di cambiare vita poiché in qualche parte del mondo c’era qualcuno che mi voleva”.
I nomadi irlandesi detti “travellers”o “pavel” non sono classificati come zingari. Allevano e vendono cavalli, sono dediti alla caccia e rappresentano una minoranza etnica separata dagli irlandesi forse un migliaio di anni fa, costituita soprattutto da giovani uomini con le loro famiglie. Probabilmente gli anziani finiscono per fermarsi nei diversi luoghi che le carovane attraversano. Le loro caratteristiche somatiche sono quelle dell’irlandese puro: occhi chiari, capelli rossicci, evidenti lentiggini. Dice la leggenda che discendono dalla squadra di carpentieri che costruì la croce di Gesù e per questo sono stati condannati a fuggire perennemente. In Irlanda sono circa 30.000 ma sono presenti anche nel Regno Unito e negli USA; parlano una lingua quasi incomprensibile e sono tristemente noti per la crudeltà che riservano ai loro “animali da lavoro”: i cani nello specifico poiché i cavalli vengono allevati e venduti e costituiscono la loro fonte principale di guadagno.
“Samantha, la mia compagna molto più giovane di me, è stata trovata qualche giorno dopo il passaggio della mia stessa carovana. Aveva un piede spezzato ed era stata abbandonata perché ovviamente non avrebbe mai potuto cacciare. I ragazzi del rifugio mi chiamavano ROZ ed era un richiamo gentile al quale mi stavo abituando perché quella vita era sicuramente migliore della precedente anche se dopo le passeggiate all’aperto si restava a lungo in gabbia. Dormivo con la mia compagna Samantha quando ci hanno svegliate e messe in altre gabbie più piccole che si muovevano. Un lunghissimo viaggio ci ha portate dall’Irlanda all’Italia”.
“ Lurcher” è un termine che non trova corrispondenza nella nostra lingua. “Meticcio” è inappropriato e fuorviante. L’origine è un mistero ma è sicuramente legata all’abilità di cacciatori di questi cani perché il lurcher non è l’esito di incroci casuali ma il frutto di un incrocio meditato, selezionato e cercato. Per essere classificato come lurcher un cane deve essere almeno 75% levriero, e per il 25% un Saluki come la nostra ROZ che si è presentata da sola. E’ interessante sapere che in Irlanda hanno deciso di chiamare “lurcher” tutti i levrieri non tatuati, cioè scartati, alimentando cosi il mercato di questi cani, fiorente appunto nei campi dei “travellers”. La loro origine è antica: sembra risalire all’undicesimo secolo quando i lurcher venivano usati dai nobili inglesi per il “coursing” che è tuttora uno “sport” in cui due cani danno la caccia alla lepre. Si dice che questi cani siano stati anche impiegati con successo come messaggeri durante la prima guerra mondiale ovviamente grazie alla loro risaputa velocità. Sono cani splendidi che assommano le qualità dei levrieri a quelle delle altre razze con cui sono incrociati che hanno però in comune con i cugini greyhoud il destino triste di animali sfruttatati e maltrattati dall’uomo. Nel caso di Roz, la protagonista di questa storia, l’incrocio ci porta addirittura indietro di circa 7000 anni, all’epoca protostorica e il Saluki appunto è originario di quel periodo nel territorio chiamato poi, nel ventesimo secolo “mezzaluna fertile” che si estende ad occidente verso il Golfo Persico mentre il centro si protende verso il Mediterraneo favorendo così colture di cereali e legumi grazie alla mitezza del clima.
Ho avuto molti cani, di razze diverse e meticci, che ho amato e che mi hanno dato molto. Raggiunta un’età di tutto rispetto non avrei mai pensato di poter godere della compagnia di un altro cane. Poi capita che un parente o un amico condivida un sito che parla di questi levrieri e del loro destino crudele, ti informi meglio, fai una telefonata, compili un modulo e ti nasce dentro il desiderio di averne uno. Consapevole dei problemi che un cane adulto con un passato tragico può avere vedo in rete lei, che hanno chiamato ROZ e che ha un atteggiamento mite, indifeso, impaurito, uno sguardo dolcissimo e quel fisico “da modella”. Nei suoi occhi è evidente il timore, la diffidenza ed il bisogno di essere accudita e amata. Dopo una trafila burocratica non indifferente (purtroppo gli adottati non sempre finiscono bene) mi preparo all’incontro con Roz e sono i suoi occhi che mi fanno capire che ci stavamo cercando. Di questo sono sicuramente più consapevole di lei perché Roz inizia una vita radicalmente diversa e così inaspettatamente comoda che potrebbe traumatizzarla. Ho deciso di chiamarla ROXY: più facile ed immediato da pronunciare e dopo un paio di mesi lei sa che è il suo vero nome per tutto il tempo che staremo insieme.
“Se è vero che i cani sognano è proprio in un sogno che mi trovo. Mangio due volte al giorno, durante una bella passeggiata mattutina incontro Jack che è proprio un gentledog (si dice così’?). Ho una morbida cuccia dentro casa dove posso dormire indisturbata e ricevo anche troppe coccole da tanti amici che vengono a trovarci. Questa umana mi accarezza, si prende cura di me, mi parla con dolcezza e mi chiama ROX, ROXY. E’ il mio nome adesso ed è ancora grande il timore di essere separata da tutto questo. Così un giorno che mi trovavo in un giardino sconosciuto sono scappata e sono tornata di corsa qui”.
Era la prima volta che andavamo a trovare la mia amica, a piedi, attraversando anche strade pericolose e Roxy era con me da poco più di 15 giorni. Girava libera in giardino e non avevo capito che cercava una via di fuga. Incredibilmente l’ho ritrovata davanti al nostro cancello! L’emozione ha prontamente sostituito la mia paura: avrei potuto perderla perché era impensabile raggiungerla in corsa ma ho capito che Il suo punto di riferimento è la casa: il suo nuovo rifugio sicuro. Siamo insieme da cinque mesi e non ho ancora la sua piena fiducia. Ci stiamo lavorando e qualche piccolo passo lo facciamo insieme pian piano, giorno dopo giorno. Una bella sfida per entrambe.
“Ho capito che la mia nuova “umana” vorrebbe che mi fidassi un po’ più di lei. Posso farcela ma ne ho passate tante e per troppo tempo!”.
Mi piacerebbe sapere qualcosa di più di te, della tua vita passata. Se hai avuto qualche cucciolata, se qualcuno si è preso un po’ cura di te almeno per qualche tempo. Ma non importa: ora ci sei ed esistono tutte le premesse per stare bene insieme. Tu sei delicata, gentile, profumata di tuo, attenta a tutte le mie mosse e presto capirai che per niente al mondo ti farei del male. Sei anche una bella pigrona e dormi tantissimo. Sei bellissima e molto elegante: i tuoi cugini levrieri sono magrissimi e senza pelo. Tu sei messa bene e molto pelosa, frange comprese. Il mio tappeto blu ogni giorno ridiventa bianco. Quando sarai pronta e avrò la tua fiducia incondizionata troverò un posto dove farti correre a briglia sciolta nello spirito libero della tua razza di levriero “cane non cane” Il cui nome significa “figlio del vento”.
“Non ho mai fatto il minimo sforzo per comprendere quei rozzi “umani” che mi hanno sfruttata e maltrattata ma ora tutto sta cambiando e quando riuscirò ad abbaiare (sono certa che lo farò prima o poi) urlerò in una lingua qualsiasi umana o canina: “PREGO, PER FAVORE: CHIAMATEMI ROXY. PER SEMPRE!”.