Annalisa Gritti.
Dopo il diploma in lingue straniere, ha lavorato come interprete e traduttrice in varie aziende. Ora è in pensione e si dedica alla scrittura, allo studio della musica e a fare la nonna. Partecipa al Concorso 50&Più per la settima volta; nel 2014 ha vinto la Farfalla d’oro per la prosa. Vive a Cermenate (Co).
“Sono vicina alla tua anima e assaporo il silenzio che ti circonda. Vorrei confondermi con te in un forte abbraccio che raccolga tutti i pensieri del mondo. Sei troppo grande: non posso abbracciarti da sola”.
Il torrente Pioverna nasce dalla Bocchetta di campione, in Grigna, a quota 1800. Attraversa la Valsassina e in prossimità di Introbio riceve le acque di torrenti minori per confluire in uno sbocco unico che forma l’orrido di Bellano. Sfocia poi nel lago di Como.
E’ noto che I torrenti non rappresentano lo stesso pericolo dei fiumi ma piene eccezionali possono causare considerevoli danni e modificare la struttura dell’ambiente.
Si racconta che alla fine dell’800 cadde una quantità anomala di pioggia e una notevole massa d’acqua devastò una zona della Valsassina: i torrenti esondarono trascinando detriti e fango. Gli alberelli più deboli furono sradicati e trasportati a valle, alcune abitazioni furono evacuate e i connotati di boschi prati e campi cambiarono radicalmente. Fu così che nel punto in cui le acque si ritirarono si formò una grande piana, piacevole a vedersi e ben esposta al sole, contornata da pittoresche cime che successivamente fu chiamata “Pian Del Sole”.
A quel tempo viveva nella valle un anziano contadino molto amato dalla gente del posto per la sua saggezza e per la capacità di interpretare i segnali del cielo e i suoi fenomeni atmosferici: meditava ogni giorno in riva al torrente scrutando la volta celeste. Suo padre gli aveva trasmesso un grande amore per la natura e proprio per questo aveva voluto dargli il nome di un bellissimo albero: “Olmo”. Passando per i campi verso il tramonto e guardando a valle si poteva vedere la figura del grande vecchio seduto in contemplazione col busto eretto, le gambe incrociate e le braccia conserte. I capelli e la lunga barba bianca gli conferivano una parvenza di asceta alla ricerca della soluzione dei misteri della vita.
“Olmo” sapeva cosa pensare quando scrutava l’immensa distesa azzurra che portava sensazioni indefinibili a chiunque l’avesse osservata quel giorno. Colori diversi e bellissimi si alternavano ad armoniosi sprazzi di luce creando nuvole contorte dalla forma strana dove le montagne si rispecchiavano in una maestosità misteriosa e inquietante.
Sembrava l’inizio di una bella giornata autunnale e il sole splendeva ravvivando quei caldi colori tipici della stagione, degni del pennello di un pittore.
Eppure quando “Olmo” chiuse gli occhi e si mise in ascolto fu pervaso da una sensazione oscura, da un presagio di devastazione.
I suoi campi erano rigogliosi, coltivati con amore e sapienza e il solo pensiero di perderli gli causava grande dolore. Viveva grazie alla raccolta del grano, delle patate e di alcune colture stagionali di cui andava fiero. Viveva solo in una graziosa piccola casa e non avendo grandi esigenze per la sua semplice esistenza il ricavato di ciò che vendeva gli rendeva la vita piacevole ed appagata.
Un bagliore improvviso, subito seguito da un forte tuono squarciò il cielo che divenne minaccioso e cupo. “Olmo” non aveva ricordo di un temporale così forte e quando la pioggia iniziò a cadere si rese conto che non avrebbe avuto il tempo necessario per tornare a casa. Si rifugiò in un punto strategico dal quale poteva osservare ogni cosa senza il rischio di essere travolto: una grotta naturale profonda in posizione elevata rispetto al torrente dove rimase tutta la notte e parte del giorno successivo fino al termine di quel disastro.
“Olmo” non poteva accettare che la natura, oggetto del suo rispettoso amore, fosse causa di dolore per gli esseri umani e non comprendeva tutta quella violenza.
“Salviamo gli alberi, salviamo gli alberi!”, urlava correndo e fermava ogni persona intenta a raccattare i propri oggetti trascinati via dalla corrente. “Gli alberi sono la vita!”. E così iniziò a raccogliere le piantine estirpate e trascinate dal torrente in piena. Si racconta di una frenetica gara che terminò in un canto gioioso con una festa intorno a quell’enorme mucchio di alberelli salvati. La solidarietà e l’amore avevano cancellato il dolore per tutto ciò che quella povera gente aveva perduto.
Sotto l’occhio vigile di “Olmo” tutti si misero tutti al lavoro e in pochi giorni non tornò solo la normalità ma ogni singola piantina trovò il suo spazio: fu insediata, accudita, fatta crescere con amore e tramandata alle successive generazioni. Un bosco bellissimo e ben curato fa da contorno a “Pian del Sole” e ancora oggi i ragazzini giocano felici a nascondino tra gli alberi dove intere famiglie si fermano per un simpatico pic-nic.
Ovviamente non esiste memoria di ogni albero piantato e divenuto poi un grande castagno, o un faggio, un “Olmo” o un pioppo e poi non tutti conoscono la storia di “Olmo e gli alberi” ma chi me l’ha raccontata ha stuzzicato la mia curiosità stimolandomi a fare ricerche più approfondite.
Ho raccolto informazioni “a tappe” dai più vecchi abitanti del luogo che di volta in volta mi dirottavano verso chi ne sapeva di più. Ho visto qualche foto di nipoti e pronipoti di “Olmo”, abbracciati ad un magnifico albero sempre più grande e orgoglioso.
Ho appreso così che la rinascita di quell’alberello torturato ed esile fu una gioia p tutta la comunità ed in particolare per “Olmo” che se ne prese cura fino alla fine de suoi giorni. A lui fu dedicata una minuscola targa con il suo nome e posta da qualche parte su un ramo di quel maestoso albero.
Non è stato difficile ma molto emozionante individuarlo e ritrovare la targa – ancora intatta – posizionata nella parte Più alta dei rami: un castagno stupendo, poderoso: enorme. Il tronco armonioso e massiccio sorregge fronde di un verde intenso e in autunno i frutti sono copiosi, grandi e buoni.
Chissà di quanti personaggi questo castagno curiosamente chiamato “Olmo” avrà seguito la vita e le avventure: conversazioni di innamorati seduti sul prato, ragazze e ragazzi vocianti e le loro allegre rincorse, bambini a passeggio con genitori e nonni. E magari qualche rissa, qualche bravata e chissà quanti animaletti selvatici hanno trovato asilo e riparo tra i suoi folti rami durante i temporali.
Non è difficile credere che gli alberi hanno un’anima, che vivono, soffrono e muoiono come “gli umani”, che hanno emozioni e un linguaggio che permette lor di comunicare con i propri simili per cui sono socialmente evoluti.
Sicuramente anche “Olmo” avrà avuto e ha tuttora un ruolo nella “società degli alberi” e ora fa bella mostra di sé in posizione strategica all’incrocio di due vie secondarie in un luogo tranquillo. Da allora infatti villette e strade hanno creato intorno a lui un grazioso villaggio di vacanze e avrei qualche dubbio sul consenso grande vecchio anche se le costruzioni sono discrete ed in perfetta armonia con l’ambiente.
Comunque l’approvazione di “Olmo” sarebbe stata totale quella domenica d’autunno in cui, con la collaborazione di un insegnante dell’asilo ho invitato un gruppo di bambini presso il castagno per raccontar loro la sua storia. Lo stesso meraviglioso cielo di quel giorno, i colori stupendi e caldi dell’autunno ma nessun presagio di sciagure. Ci riscaldava l’amore e la dolcezza del clima tanto che presi da un’atmosfera cosi particolare abbiamo fatto cerchio intorno a “Olmo” e finalmente siamo riusciti ad abbracciarlo tutto tenendoci per mano in un girotondo gioioso e colorato come un arcobaleno.
In quel momento magico pieno di amore semplicemente condiviso ho avuto la certezza che quell’anno i frutti dei quali era già carico sarebbero stati più grandi e saporiti di sempre.