Negli ultimi anni il riscaldamento globale ha fatto allarmare gli esperti. La nuova strategia europea consentirà ai Paesi di ridurre le emissioni e di dare una direzione sostenibile alla propria economia.
Il 28 giugno 2021 rimarrà una data da ricordare nella storia della crisi climatica, perché è quella in cui l’Unione Europea ha adottato la sua prima legge sul clima, una norma che fissa l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e una riduzione delle emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030.
Ma cosa significa neutralità climatica? In estrema sintesi: la capacità di assorbire tutti i gas a effetto serra che si producono. Si arriverà a questo risultato quando smetteremo di aggiungere gas serra nell’atmosfera oltre la quantità che riusciamo a toglierne.
Una condizione fondamentale e necessaria per fermare il riscaldamento globale. Del resto, in questi anni abbiamo imparato che la lotta al cambiamento climatico e la transizione energetica camminano di pari passo: non è possibile raggiungere quell’obiettivo senza intraprendere l’altro sforzo.
L’azione per il clima e la neutralità climatica sono il cuore del Green Deal, il grande Patto verde europeo che comprende da un lato le misure da adottare per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, e dall’altro gli investimenti nella ricerca, l’innovazione e gli interventi per preservare l’ambiente naturale dell’Europa. Tra le innovazioni di cui non potremo fare a meno nei prossimi anni, ci sono i sistemi di cattura delle emissioni: si tratta di tecnologie che vengono utilizzate per divorare l’anidride carbonica e gli altri gas serra. E anche se il grosso alla neutralità carbonica arriverà dalla riduzione delle emissioni da ottenere passando a fonti di energia rinnovabile, queste tecnologie, come scrive anche Bill Gates nel suo ultimo libro Clima, come evitare un disastro, saranno di grande aiuto per centrare l’obiettivo zero emissioni.
E l’Italia come può vincere questa sfida? Il nostro Paese nel 2020 ha prodotto circa 400 milioni di tonnellate di CO2 e, stando alle stime del Ministero della Transizione Ecologica, al 2050 potremo sperare di ridurre le emissioni di circa la metà. Questo significa che siamo ancora molto distanti dall’obiettivo “zero emissioni” e che per smaltire altri 200 milioni di tonnellate di gas serra serviranno una dieta più drastica e misure più lungimiranti: un vero e proprio cambio di paradigma. Del resto, ogni transizione rappresenta un momento di rottura, e in questo preciso momento storico la transizione industriale, climatica ed energetica sono indissolubilmente legate.
Secondo un recente studio della Fondazione Ellen MacArthur, la produzione industriale dei beni e il settore agricolo e degli allevamenti sarebbero responsabili del 45% delle emissioni di gas serra nel mondo. Anche in questo caso è l’Unione Europea a prescriverci la ricetta per guarire più in fretta, con il nuovo Piano per l’economia circolare che riguarda sia il mondo industriale, sia il settore agroalimentare e della bioeconomia. L’industria, può contribuire ad abbattere le emissioni ripensando i prodotti e i processi di produzione in chiave circolare, senza sprechi, e il settore agricolo può adottare la strategia europea Farm to Fork (dalla fattoria alla tavola) per una produzione alimentare sostenibile, adattandola alle caratteristiche del nostro Paese.
Questo lungo processo di transizione rivoluzionerà il nostro modo di vivere, di lavorare, di produrre e avrà uno straordinario impatto sociale. Tutti questi interventi lasceranno il segno sulla nostra società: dovremo adottare nuovi comportamenti nella vita di tutti i giorni, nuove abitudini alimentari; dovremo ridurre l’utilizzo del trasporto privato, ripensare il nostro modo di vivere nelle città e ristrutturare radicalmente le nostre abitazioni in chiave di risparmio energetico. Nei prossimi anni abbiamo la possibilità – ma anche il dovere – di avviare un grande movimento che dia forma e sostanza al sogno di cambiamenti radicali nell’era post Covid-19. La strada per guarire il pianeta esiste ed è davanti a noi: ci occorrono intelligenza per vederla, audacia per percorrerla in direzione del futuro.
Francesca Santolini, giornalista scientifica, saggista, divulgatrice ambientale. Collabora con il quotidiano La Stampa, dove scrive di ambiente, clima e sostenibilità e con la trasmissione Unomattina in onda su Rai Uno, dove si occupa di ambiente. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche intervenendo sui temi d’attualità legati all’inquinamento e al clima. Per Marsilio ha scritto “Passio Verde. La sfida ecologista alla politica” (2010), mentre per la casa editrice Rubbettino “Un nuovo clima. Come l’Italia affronta la sfida climatica” (2015) e “Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno” (2019).
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