Tra molte polemiche e il miraggio di aumenti salariali dal 1° luglio la Grecia aumenta le ore di lavoro introducendo la settimana lunga
La Grecia sta per sperimentare gli esiti della nuova legge sull’aumento della settimana lavorativa voluta dall’attuale ministro della Sanità, Adonis Georgiadis, (già ministro del lavoro). Il testo prevede l’introduzione di una settimana lavorativa di sei giorni per le aziende, con l’obiettivo di aumentare la produttività dal momento che la retribuzione giornaliera per il sesto giorno sarà aumentata del 40% rispetto alla paga giornaliera. Nel caso in cui il sesto giorno coincida con un festivo, la retribuzione giornaliera è maggiorata del 115% e di un ulteriore 25% in caso di lavoro notturno. Fermo restando che l’orario non può comunque superare le 8 ore giornaliere.
Perché Atene sceglie la settimana lunga
La Grecia che si è lasciata alle spalle l’austerity (nel 2009 è stata al centro della peggiore crisi finanziaria del continente che ha provocato l’esodo di circa 500.000 giovani istruiti), cerca così di rilanciare la produttività e, indirettamente, di combattere il nero. Nonostante gli sforzi degli ultimi governi, infatti, il paese ha salari tra i più bassi d’Europa che ancora oggi scontano il peso della maxi inflazione post crisi, il che spinge molti a cercare nel tempo libero una seconda occupazione irregolare. Per gli osservatori internazionali, la misura rischia però di produrre effetti indesiderati, come burnout, un elevato turnover e un aumento delle malattie professionali.
Una mossa in controtendenza
È noto che orari di lavoro prolungati sono dannosi per la salute dei dipendenti, e innalzano il rischio di commettere errori, tanto che gran parte del mondo occidentale da tempo si muove in direzione opposta. In molte parti dell’Asia e di altri paesi in via di sviluppo la settimana lavorativa di sei giorni è di routine. Ma a livello globale, sempre più paesi stanno valutando la riduzione degli orari. La Francia è tra i paesi più recenti a sperimentare una settimana lavorativa di quattro giorni, mentre il Belgio è stato il primo ad approvare ufficialmente la settimana ridotta nel 2022. Tra i favorevoli alla settimana lavorativa di quattro giorni ci sono Islanda, Giappone e Sud Africa e non mancano gli esempi in Italia.
L’inverno demografico dei Greci
L’espansione dell’orario – ad oggi su base volontaria -, mira a facilitare la produzione di quei settori economici industriali che prevedono un flusso di lavoro continuo e che quindi hanno un forte bisogno di personale, soprattutto specializzato. Nel settore pubblico, la riforma interessa i funzionari degli enti comunali e regionali, i dipendenti delle aziende pubbliche di elettricità, acqua, fognature, telecomunicazioni e trasporti pubblici. Escluso il comparto turistico. Finora le aziende dovevano organizzarsi tenendo conto di due giorni di riposo, ora potranno contare su una giornata lavorativa in più. All’affondo dei sindacati, che definiscono la misura “barbara”, il governo risponde giustificando l’azione con l’invecchiamento della popolazione e la conseguente carenza di lavoratori qualificati. Un problema, quello del calo demografico, che ha richiesto al governo di Kyriakos Mitsotakis un piano di investimento da 180 milioni di euro all’anno.
Le ragioni del no
“Non ha alcun senso”, il Guardian riporta le parole di Akis Sotiropoulos del sindacato dei dipendenti pubblici Adedy. “Mentre quasi tutti gli altri paesi civili stanno adottando la settimana di quattro giorni, la Grecia decide di andare nella direzione opposta”. La legge avrebbe anche l’effetto di garantire il pagamento degli straordinari, in molti casi “obbligati”, ma i Greci restano scettici. In un paese che ha scarsa conoscenza di ispettori del lavoro, la riforma, sostengono in molti, erode le tutele legali e annulla i diritti consolidati dei lavoratori in nome della flessibilità. “Una migliore produttività deriva da migliori condizioni di lavoro e da una migliore qualità della vita [per i dipendenti] e questo, ora lo sappiamo, significa meno ore e non più”, commenta Sotiropoulos.
La voce dei pensionati
Secondo Eurostat i greci – con una media di 41 ore settimanali – sono già i più grandi lavoratori d’Europa, anche se tra i peggio pagati. L’opposizione ha spesso denunciato “stipendi bulgari in un paese di prezzi britannici”. Anche i pensionati sono sul piede di guerra. “Ciò che il governo essenzialmente dice è ‘vai e lavora più a lungo, chiuderemo un occhio anche se sei pensionato’”, ha detto Grigoris Kalomoiris, capo del sindacato degli insegnanti in pensione (Pesek). Sa che la maggior parte dei greci, con uno stipendio medio mensile di 900 euro, può sopravvivere solo fino al 20 del mese, e questa misura estrema, teme, non solo non risolverà il problema della carenza di manodopera ma rallenterà l’ingresso dei giovani disoccupati che potrebbero non avere mai un lavoro.
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