“Essere un uomo significa essere responsabile. Significa provare vergogna alla vista di quella che sembra essere la miseria immeritata. Significa essere orgogliosi di una vittoria dei propri compagni. Significa sentire, quando si posa la propria pietra, che si sta contribuendo alla costruzione del mondo”. Essere uomini e donne significa dovere affrontare le mille sfaccettature che la vita ti mette davanti contando solo sulle tue forze, significa imparare a cadere e a rialzarti. E a guardare indietro ed apprezzare il cammino che hai fatto, paragonando il ragazzo che eri alla persona che sei diventata.
Perché la parte più difficile dell’essere uomo e donna è proprio diventare ciò che si è. È l’attraversare indenni quel tratto di “terra di mezzo” che chiamiamo adolescenza, quella manciata di anni che separano il bambino dall’adulto, che trasformano i corpi e traghettano le menti ancora aggrappate ai sogni, e le portano verso la realtà dell’esistenza.
L’adolescenza (dal latino adolescere, “crescere”) è quella stagione della vita in cui si mettono a punto i riti di passaggio necessari al mutamento di status, alla costruzione della propria identità, a proiettare nel futuro il “se stessi” ancora in miniatura. Perché l’adolescenza serve a questo: a forgiare corpi e anime, a cesellare pensieri e sentimenti, a preparare alla vita imparando a costruire quella corazza che si indosserà tutti i giorni. È una fase dura, spietata, formatrice.
Eppure, quando i frammenti di quegli anni ci tornano in mente, essi ci appaiono dolci e spensierati, nonostante tutto. Forse perché, come diceva il Piccolo Principe: “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano”.
(Le citazioni sono tratte da “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry)
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