Dallo scorso 26 luglio una giunta militare controlla il Paese, oppresso da povertà e terrorismo. La comunità internazionale ha condannato l’atto di forza, i vicini africani preparano l’intervento armato.
Lo scorso 26 luglio un colpo di Stato militare ha rovesciato il presidente del Niger Mohamed Bazoum, leader del Partito Nigerino per la Democrazia e il Socialismo eletto nell’aprile del 2021. A seguito di falliti colloqui sulla situazione economica e sociale del Paese, situato a sud dell’Algeria nella fascia sub-sahariana dell’Africa detta anche “Sahel”, la guardia presidenziale ha arrestato Bazoum e lo trattiene nella capitale Niamey insieme alla famiglia. Il colonnello Abdourahamane Tchiani ha assunto la guida di un “Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria”, che le forze armate nigerine sostengono, ufficialmente per evitare “uno scontro mortale” tra militari.
Il golpe militare in Niger
I golpisti hanno sospeso tutte le istituzioni democratiche e formato un proprio governo di fiducia. Lo spazio aereo del Niger è bloccato, i confini chiusi e vige un rigido coprifuoco dalle 22 alle 5 di mattina. La Francia, l’ex potenza coloniale che mantiene in Niger 1.500 soldati per contrastare il terrorismo jihadista, sembra il principale nemico della giunta militare. Il 30 luglio migliaia di sostenitori del golpe si sono lanciati all’assalto dell’ambasciata francese a Niamey, provando a entrare nell’edificio e urlando slogan in favore della Russia di Putin.
Il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria ha interrotto arbitrariamente le trasmissioni di Radio France Internationale e del canale France 24 in Niger. Ha inoltre disconosciuto l’ambasciatore francese (come quelli di Nigeria, Stati Uniti e Togo) e ha annullato unilateralmente gli accordi di cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa con Parigi. La Francia, accusata addirittura di preparare un intervento militare, ha evacuato in questi giorni, tramite voli speciali, ben 1.079 persone, di cui 577 con passaporto francese. L’Italia ha fatto lo stesso con 87 persone, di cui 36 italiani, mentre gli Stati Uniti hanno rimpatriato il personale non essenziale dell’ambasciata a Niamey.
Le forze internazionali sul golpe militare in Niger
Già il 26 luglio ONU, Unione Europea e quasi tutti i partner internazionali e regionali del Niger avevano condannato il colpo di Stato chiedendo il ripristino dell’ordine costituzionale. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha affermato che “la prosecuzione del partenariato su temi economici e di sicurezza tra USA e Niger dipenderà dal ristabilimento del governo democratico e dal rispetto dei diritti umani nel Paese”.
Il governo russo ha invitato tutte le parti in causa a “risolvere le controversie attraverso un dialogo pacifico e costruttivo”. Yevgeny Prigozhin, capo della milizia Wagner presente in molte zone dell’Africa e legato al Cremlino da un rapporto ambiguo, ha invece plaudito al golpe assicurando che i suoi “possono ristabilire l’ordine”. A questo proposito il presidente deposto Bazoum, in un articolo fatto pervenire al Washington Post, ha denunciato il rischio che il golpe apra la strada all’influenza russa nel Sahel, invitando la comunità internazionale a fare tutti gli sforzi possibili per neutralizzarlo.
Le sanzioni economiche applicate dall’Ecowas
Il 30 luglio l’Ecowas (Economic Community of Western Africa’s States), di cui il Niger è membro, ha applicato sanzioni economiche al Paese, dando un ultimatum di sette giorni per ripristinare la legalità costituzionale e non escludendo l’uso della forza in caso contrario. Dopo il fallimento di due missioni negoziali, i 15 membri della Comunità hanno annunciato che si preparano a un intervento militare contro i golpisti.
Intanto le organizzazioni internazionali non governative denunciano il rischio imminente di una catastrofe alimentare e sanitaria per il Niger, dovuta all’aumento dei prezzi del cibo e all’interruzione delle forniture elettriche da parte della Nigeria, che mette a rischio la conservazione di farmaci e vaccini. La situazione del Paese è peraltro già drammatica: dei 25 milioni di abitanti, circa il 75% vive in condizioni di povertà; l’aspettativa di vita è di 60 anni e il livello di PIL pro capite tra i più bassi al mondo.
© Riproduzione riservata