Anche se mantengono un certo “gap” tecnologico, gli italiani sembrano essere molto interessati alla loro sicurezza digitale.
Lo conferma la ricerca Focus sulle paure digitali dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza Demos&Pi-Fondazione Unipolis. Il 44% degli intervistati sostiene infatti di avere forti timori sull’argomento.
Ma se si considera la fascia di popolazione più adulta, quella compresa tra i 45 e i 64 anni, il livello di “timore” cresce superando il 50%. Una “insicurezza digitale” che sembra riguardare soprattutto soggetti di istruzione medio-alta.
Altro dato interessante: secondo il sondaggio un italiano su tre non accede mai al web, il 23% invece è sempre connesso.
Pubblicità no, home-banking sì
Sempre secondo la ricerca, il 59% di tutti gli intervistati pensa che i suoi dati siano controllati da aziende per la pubblicità online. Per questo motivo più di uno su due ritiene insicuri i propri dati sui dispositivi digitali.
Questo timore però sembra all’improvviso stemperarsi – strano! – quando si parla di e-commerce. In questo caso il 68% è convinto che usare la carta di credito o l’account di home-banking per fare acquisti in rete sia del tutto sicuro.
Quella vaga sensazione di controllo sociale in cambio di sicurezza
Ma la percezione cambia di nuovo quando si considera il controllo sociale. Ecco che negli italiani riemerge quel vago timore per la propria sicurezza digitale: il 62% dichiara che il Governo o qualsiasi altra autorità giudiziaria controllano almeno in parte le loro attività in Rete. Tuttavia, sembrano accettarlo in nome della sicurezza, sia personale che pubblica. Il 49% ritiene questi controlli una garanzia per i cittadini. Per il 28%, invece, c’è un rischio per la privacy.
Il controllo delle imprese pubblicitarie
Se poi il tracciamento online avviene per fini commerciali, allora questa pratica delle aziende viene percepita come qualcosa di ancora più invasivo.
Infatti, per quasi tre quarti del campione intervistato, il 74% per l’esattezza, almeno una parte del “traffico” di dati è monitorata da imprese pubblicitarie, compagnie tecnologiche, etc.
Il 43% arriva a pensare che lo siano addirittura “tutti” i contenuti veicolati in rete mediante il proprio dispositivo. O quantomeno la maggior parte. Un controllo che, per il 59%, mette seriamente a rischio la privacy.
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