Siamo abituati a pensare alle battaglie delle donne per la parità di genere attraverso eventi che hanno segnato la storia, ma questa storia può essere letta oltre i libri e i documenti ufficiali
Esistono tanti oggetti di uso quotidiano che oggi diamo per scontati. Oggetti che le donne non usavano, o non potevano usare, diventati emblemi di una rivoluzione costante e inarrestabile per i diritti, le libertà e l’uguaglianza.
Il camice bianco. Simbolo delle conquiste medico-scientifiche e testimone di significativi traguardi femminili. La prima donna a laurearsi in medicina in Italia fu Ernestina Paper nel 1877, dopo essersi trasferita dalla Russia per sfuggire alle limitazioni imposte alle donne. Maria Montessori, conosciuta per il suo innovativo metodo educativo, si laureò nel 1896 e dimostrò come l’accesso all’istruzione potesse essere un mezzo di liberazione. Rita Levi-Montalcini, laureata nel 1936, abbatté le barriere imposte alla conoscenza e alla cultura con le sue ricerche pionieristiche, fino a ottenere il Nobel per la medicina. Nel corso degli anni, secondo i dati Ocse del 2015, la quota di donne medico è cresciuta, 29% nel 1990, 38% nel 2000 e 46% nel 2015.
La toga. Indumento degli ambienti giudiziari tradizionalmente maschili, fu una conquista ardua per Lidia Poët. Nel 1883 superò l’esame di abilitazione alla pratica forense, ma osteggiata dagli uomini del tempo, poté esercitare solo parzialmente la professione. Quasi quarant’anni dopo, nel 1920, ottenne il riconoscimento dell’iscrizione all’Ordine degli avvocati, affermando il suo diritto a indossarla pienamente.
La macchina da scrivere. Strumento attraverso cui molte donne ebbero finalmente la possibilità di farsi ascoltare, non solo un oggetto di lavoro, ma simbolo di una voce che non poteva più essere ignorata. Giornaliste e scrittrici, tra cui Matilde Serao, vi trovarono il mezzo ideale per raccontare storie, denunciare ingiustizie e reclamare uno spazio nella sfera pubblica. Nel 1892, Serao fondò insieme al marito Il Mattino, destinato a diventare uno dei quotidiani più influenti d’Italia, consolidando il ruolo delle donne nel giornalismo.
Il rossetto. Venne distribuito da Elizabeth Arden alle manifestanti durante la marcia delle suffragette a New York nel 1912, trasformandolo in un segno di forza e rivendicazione. Negli anni Settanta, in Italia, divenne un emblema della libertà femminile e segnale della volontà di autodeterminarsi oltre i dettami imposti dalla società.
I pantaloni. Capo di abbigliamento che divenne l’immagine della rottura con le rigide norme di genere e della possibilità di muoversi con libertà. Fu Coco Chanel negli Anni ’20, con il suo stile innovativo e pratico, a liberare le donne da corsetti e gonne ingombranti, inaugurando la stagione di una moda che esprimeva indipendenza e sicurezza.
La bicicletta. Le due ruote divennero il simbolo della libertà femminile senza precedenti, permisero di sfidare le convenzioni e ottenere maggiore indipendenza, in un’epoca in cui la mobilità delle donne era rigidamente controllata. Nel 1924 Alfonsina Strada, prima donna a competere nel Giro d’Italia, incarnò questa sfida contro i pregiudizi, pedalando con tenacia e determinazione in un mondo che voleva escluderla.
La scheda elettorale. Oggetto che il 2 giugno 1946 racchiuse in sé tutta la potenza di un momento storico fondamentale per le donne che furono chiamate alle urne e, con un’affluenza dell’82%, contribuirono al voto per la democrazia. Il suffragio universale aprì la strada ad altri due momenti importanti: il decreto che riconobbe la possibilità di essere elette e più tardi, nel 1948, l’entrata in vigore della Costituzione italiana nella quale l’uguaglianza dei diritti fra donne e uomini venne iscritta nelle fondamenta della neonata Repubblica.
Il reggiseno. Divenne emblema del movimento di liberazione quando, durante il concorso di Miss America del 1968 ad Atlantic City, alcune attiviste gettarono al rogo in un bidone della spazzatura reggiseni e altri oggetti femminili, denunciando i modelli imposti alle donne che dovevano essere blande, apolitiche e di bell’aspetto. Sebbene i reggiseni non furono effettivamente bruciati, il gesto divenne iconico e replicato in più occasioni.
Il passaporto. Rappresenta il diritto di attraversare le frontiere, fisiche e culturali e l’indipendenza delle donne che per molto tempo poterono viaggiare esclusivamente con il consenso di un uomo. Malala Yousafzai è l’incarnazione del superamento di queste barriere, un’attivista pakistana che ha viaggiato per portare nel mondo la lotta a favore dell’istruzione femminile che, nel 2014, a soli 17 anni è stata insignita del premio Nobel per la pace diventando la vincitrice più giovane di questo riconoscimento.
La storia delle donne è scritta nei loro gesti, nelle loro parole e negli strumenti che hanno utilizzato per cambiare il mondo. Ogni conquista, prima di essere sancita da una legge, è stata vissuta nella quotidianità di chi ha avuto il coraggio e l’intraprendenza di sfidare il presente.
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