Le festività natalizie sono appena terminate, il 2019 si è concluso con tutti i suoi rituali salutando l’arrivo di un 2020 carico, come ogni nuovo anno che si rispetti, di dubbi e speranze.
La domanda, però, è d’obbligo: prima di pensare a quello che ci aspetta, dobbiamo chiederci che anno ci siamo lasciati alle spalle. Due ricerche, in particolare, fanno comprendere meglio il sentiment e i dati di consumo di noi italiani nelle ultime festività.
Il primo studio, realizzato da Confcooperative, descrive un Paese in cui la popolazione è passata dal rancore all’incertezza per il futuro, un’incertezza alimentata soprattutto dall’aumento della povertà e dall’instabilità politica. Le tredicesime 2019 hanno infatti sfiorato i 36 miliardi, ma una fetta importante è stata destinata al risparmio: 9,1 miliardi rispetto agli 8,8 dello scorso anno. Degli 800 milioni in più, rispetto allo scorso anno, solo una minima parte ha incrementato i consumi per il Natale 2019, quantificabili in 2,7 miliardi, mentre al Cenone di fine anno sono stati destinati altri 2 miliardi circa.
È in linea con gli scorsi anni, invece, il numero di italiani (9 su 10) che hanno trascorso il Natale in casa. È stato maggiore il numero di coloro che sono andati fuori a Capodanno (5 su 10), ma comunque in calo rispetto al 2018 (ulteriormente in discesa rispetto al 2017). Il sentiment non sembra, dunque, particolarmente positivo.
Sono due i segnali che dimostrerebbero che nel 2019 ha prevalso la tendenza al risparmio: il primo è che il Black Friday di fine novembre è stato colto come l’occasione per anticipare i regali di Natale e spendere il meno possibile; il secondo riguarda le tavole con la tendenza ad imbadirle sì, ma con un po’ di austerity. Un dato per tutti è quello degli under 40 che, in almeno 3 casi su 10, hanno acquistato in anticipo e congelato oppure hanno comprato online per un risparmio dal 15-20% rispetto alla spesa fatta all’ultimo momento.
Su cosa portare in tavola gli italiani hanno gli stessi gusti e preferiscono le eccellenze del made in Italy sia per il bere (spumanti e prosecchi battono lo champagne) che per il mangiare (pesce, frutta, formaggi, dolci), ma con differenti atteggiamenti in base alle età: più ricette tradizionali e di famiglia tra gli over 50, mentre i più giovani si sono affidati a blog e app per cercare ricette ad effetto.
E sempre per il centro studi di Confcooperative, c’è ormai un ulteriore indicatore della tendenza al risparmio: l’aumento dei “riciclatori seriali” dei regali di Natale. Circa 1 italiano su 3 (23 milioni di persone contro i 21 dello scorso anno) ha donato ad altri un regalo ricevuto per un valore stimato in 3,3 miliardi di euro (+500 milioni rispetto allo scorso anno).
Ma c’è anche chi non ha ricevuto regali e, per le cene delle festività, ha dovuto ricorrere agli aiuti alimentari. A rivelarlo è una seconda ricerca, realizzata da Coldiretti-Ixè, che colloca in questa situazione moltissimi nuclei familiari di nuovi poveri: pensionati, disoccupati e famiglie con bambini.
La punta dell’iceberg della situazione di disagio in Italia sono i 2,7 milioni di persone che nel 2019 sono state costrette a chiedere aiuto per mangiare. Tra i più deboli, nel gruppo degli indigenti, la Coldiretti stima ci siano 453.000 bambini under 15, quasi 197.000 anziani over 65 e circa 103.000 senza fissa dimora. Sono i dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead (Fondi aiutieuropei agli indigenti) attraverso l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea), la quale – mediante 10.500 strutture periferiche (mense e centri di distribuzione) promosse da 200 enti caritativi – si occupa dell’erogazione degli aiuti.
Ma c’è un lato positivo in tutto questo e per l’indagine Coldiretti riguarda la solidarietà: un italiano su due (il 48%) è stato impegnato in iniziative di aiuto ai bisognosi durante le ultime festività. E un’occasione per fare qualcosa è stata offerta anche attraverso l’ultima iniziativa promossa da Coldiretti insieme a Campagna Amica. Nei mercati degli agricoltori a chilometri zero ogni consumatore ha potuto lasciare una “Spesa sospesa” come libera donazione di prodotti a favore dei più bisognosi, proprio come l’usanza campana del “caffé sospeso”.
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