L’Italia è tra i Paesi più in ritardo rispetto alla costruzione di un solido e-Government e sconta lo scarso utilizzo dei servizi web da parte della popolazione
Iperconnessi ma scarsamente digitali. 55 milioni di italiani accedono a internet ignorandone, però, le potenzialità. Secondo il Rapporto Desi – The Digital Economy and Society Index 2019, solo il 44% di noi – tra i 16 e i 74 anni – possiede competenze digitali di base, mentre nel resto d’Europa il dato è al 57%. In buona sostanza, pur crescendo la disponibilità di servizi pubblici online, degli open data (dati che è possibile reperire in maniera autonoma e che sono pubblici) e la diffusione di servizi medici in rete, mancano competenze digitali diffuse che permettano alle persone di farne uso.
Ne abbiamo parlato con Luca Attias, Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale, il cui team ha il compito di sviluppare e coordinare programmi di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.
Attias, come spiega il ritardo del nostro Paese?
Negli anni, il tema delle competenze digitali di base non è stato abbastanza approfondito. Il nostro Paese sconta una mancanza di continuità progettuale legata ai frequenti cambi di governo che, insediandosi, smantellano il lavoro di quelli precedenti. Ma processi come la digitalizzazione e l’istruzione hanno bisogno di tempo per essere sviluppati e consolidati. È una di quelle circostanze in cui nella politica dovrebbe prevalere il bene comune.
Un’assenza di strategia che può creare “emarginati digitali”, gruppi a rischio di esclusione sociale e, tra questi, ci sono sicuramente gli anziani.
Di fronte a questo scenario, il pensiero corre subito agli anziani, ma chi rischia di patire il divario digitale sono invece i giovani. Gran parte degli adolescenti e dei nativi digitali passa ore sugli smartphone, ma ne fanno un utilizzo corretto o andrebbero accompagnati? Occorre un’educazione alla cittadinanza digitale. Gli anziani, proprio in virtù della loro esperienza, sono quelli che più di altri hanno coscienza e consapevolezza. Ecco perché il rapporto tra anziani e nuove generazioni – anche da un punto di vista digitale – è fondamentale. In prospettiva, se si facesse servizio civile digitale sarebbe un grande successo e questo perché si potrebbe lavorare su uno scambio tra generazioni.
Che genere di scambio?
Come scrive Alfonso Fuggetta nel suo libro Cittadini al tempo di Internet, i digital immigrants – i non nativi digitali, per intenderci – hanno una grande responsabilità poiché devono da un lato saper accogliere le novità, la sana e travolgente ingenuità dei nativi, e dall’altra aiutarli a sviluppare quella maturità che va ben oltre la superficiale dimestichezza con gli strumenti di Internet. È un connubio vitale dal quale loro potrebbero apprendere invece la dimestichezza con gli strumenti digitali.
Solo il 37% degli utenti di Internet italiani che inviano moduli alla Pubblica Amministrazione lo fa online. Cosa perde chi non sfrutta il web?
L’Unione Europea definisce le otto competenze chiave senza le quali un cittadino dell’Ue non può vivere appieno la cittadinanza. Tra queste, la competenza digitale è stabile al quarto posto. Per l’Unione Europea quella digitale è una competenza fondamentale. Il digitale è trasversale e pervasivo, il che significa che influenza tutte le altre sette competenze.
Più concretamente, nella vita quotidiana?
Potersi scaricare un qualsiasi certificato senza fare file interminabili, usare l’homebanking, fare acquisti online. Ad oggi chi è integrato a livello digitale risparmia quantitativi enormi di tempo.
Cosa si fa per ridurre la distanza tra cittadini e amministrazioni?
Io ho raccolto il testimone da Diego Piacentini che, nel 2016, fu chiamato dall’allora Governo Renzi a guidare il team. Quando si è insediato, c’erano piattaforme create ma non ancora in funzione. Lui ha costruito una squadra che ha prodotto risultati importanti, uno su tutti l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente. Esisteva già dal 2014, ma è stata implementata producendo grossi risparmi e maggiore efficienza. Oggi, un cambio di residenza avviene in tempo reale e attualmente sono coperti i due terzi della popolazione. Un asset stabile in cui entrano 30, 40 Comuni al giorno.
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