Gli anziani devono essere pienamente accolti nella nostra società. Un anziano solo e fragile dovrebbe suggerire una “rivoluzione comunitaria” alla famiglia, alla società. Invece, a causa della nostra società individualista, emergono resistenze e repulsioni.
La risposta al problema, ovviamente, non può essere l’istituzionalizzazione degli anziani. Bisogna partire dai loro bisogni. È questo il modo per trovare un tessuto comunitario che faccia da contorno alla loro esistenza.
Le istituzioni da parte loro devono progettare i modi, creando o rafforzando strutture, istituzioni e reti di prossimità. Ma, dall’altra parte, tutti sono chiamati ad una conversione comunitaria. Anche perché realizzare un futuro diverso per gli anziani di oggi è un lavoro per quelli di domani.
Come emerge anche dalla lettura dei brani della Bibbia che hanno come protagonisti gli anziani, serve una forte istanza spirituale, che comprenda come una vita lunga sia un dono. Una salda “garanzia” di gratuità di umanità e spiritualità per tutti.
Nel 2014 Papa Francesco, visitando la Comunità di Sant’Egidio, ha sottolineato il valore portato dalla presenza e dal legame tra generazioni lì presenti: un modo per combattere la cultura dello scarto. Infatti, per arrivare alla realizzazione della rivoluzione comunitaria ci vuole un cambiamento umano radicale, in cui gli anziani diventano il cuore della famiglia, della comunità o della società. Si ricordino, in questo caso, le parole di Gesù nel vangelo di Matteo: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo». E sono proprio loro, gli anziani, la “pietra d’angolo” da cui ricominciare la ricostruzione della società.
SINTESI DI: Anziani più soli, società senza futuro, Andrea Riccardi, Avvenire, 13-12-2020
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