Così sono stati definiti da Papa Francesco gli anziani di tutto il mondo, in un’intervista rilasciata al giornalista e scrittore britannico Austen Ivereigh, per la rivista The Tablet (Londra) e il Commonweal (New York). L’intervista può essere letta integralmente su ABC in spagnolo e La Civiltà Cattolica in italiano.
Come sta affrontando questo momento di isolamento il capo della Cristianità e quali sono le sue preoccupazioni più grandi in un momento così difficile per l’intera umanità? Queste ed altre domande sono state rivolte a papa Francesco dal giornalista e scrittore britannico Austen Ivereigh. La lunga intervista è apparsa in contemporanea sulla rivista The Tablet (Londra) e il Commonweal (New York) e può essere letta integralmente su ABC in spagnolo e La Civiltà Cattolica in italiano.
Le risposte del Pontefice spaziano dai particolari della vita quotidiana presso Santa Marta alle riflessioni profonde e generali che investono questo momento storico.
Ma le domande del giornalista non hanno riguardato solo la situazione del successore di Pietro. Lambiscono anche il modo in cui la Chiesa si sta preparando a quello che accadrà dopo la pandemia, sollecitano un giudizio sull’azione dei Governi e su ciò che si può trarre di buono per il futuro.
Il pensiero rivolto a loro, agli anziani del mondo
Una della preoccupazioni più profonde di Papa Francesco sono «gli anziani isolati» e, insieme a questi, i «giovani rinchiusi».
«Quanti anziani – ha risposto Francesco all’intervistatore – hanno figli che non vanno a trovarli nei tempi normali! Ricordo che a Buenos Aires, quando visitavo le case di riposo, domandavo agli ospiti: come va la famiglia? “Ah, sì, benone, benone”. Vengono? “Sì, vengono sempre”. Poi l’infermiera mi diceva che erano passati sei mesi dall’ultima volta che i figli erano andati a trovarli. La solitudine e l’abbandono, la distanza».
Ma nonostante la solitudine e la distanza a cui sono condannati anche in tempi normali, «gli anziani continuano a essere le radici. E devono parlare con i giovani. Questa tensione tra vecchi e giovani deve sempre risolversi nell’incontro. Perché il giovane è germoglio, fogliame, ma ha bisogno della radice; altrimenti non può dare frutto. L’anziano è come la radice». E anche se in questo momento hanno paura della morte, il Pontefice li invita a volgere lo sguardo dall’altra parte, a ricordare i nipoti, a non smettete di sognare. Perché «è questo che Dio vi chiede: di sognare».
Cita poi Virgilio, il Papa, quando Enea, sconfitto a Troia, sceglie non di uccidersi ma di allontanarsi dalla guerra e dice: «Mi rassegnai e sollevato il padre mi diressi sui monti». È proprio questo l’invito che anche Francesco rivolge: «Prendere le radici delle nostre tradizioni e salire sui monti». Per proteggerle.
La dimensione spirituale del Papa e la missione della Chiesa
Ma dalle sue parole emerge anche un’altra preoccupazione: come essere più vicino al popolo di Dio in questi giorni. Questo è il significato della «Messa delle sette di mattina in live streaming, seguita da molti che si sentono accompagnati»; così come avevano lo stesso scopo i diversi interventi avvenuti nei giorni precedenti e il rito del 27 marzo scorso in Piazza San Pietro. «Il popolo di Dio ha bisogno che il pastore gli stia accanto, che non si protegga troppo», ha affermato Papa aggiungendo: «Oggi il popolo di Dio ha bisogno di avere il pastore molto vicino».
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