Giuseppe Moretti. Dopo il servizio di leva affianca il padre nella tipografia di famiglia fondata dal nonno. Ora è in pensione e si dedica alle sue passioni che sono la lettura, la poesia, i viaggi, i concerti e collezionare vecchie edizioni dei promessi sposi. Partecipa al Concorso 50&Più per la prima volta. Vive a Cassina De’ Pecchi (Mi).
Andrea si incamminò verso casa che era già quasi buio.
Aveva vagato tutto il giorno per la città alla ricerca, non sapeva forse neppure lui di cosa. Ma di qualcosa che in ogni caso lo sollevasse di morale.
Certo la botta era stata pesante e soprattutto era venuta dopo l’altra cocente delusione frutto di una recente disavventura sentimentale.
Quasi senza accorgersene era scivolato, lentamente ma inesorabilmente, sulla china della depressione allorché era venuto a conoscenza del fatto che l’azienda per la quale lavorava avrebbe chiuso i battenti per sopravvenute ragioni che neppure avevano, lui e i suoi colleghi di sventura, potuto minimamente discutere. Era così e basta!
All’inizio la cosa non lo aveva spaventato più di tanto dato che, forte della sua notevole esperienza unita ad un bagaglio tecnico di non poco conto, era sicuro di ricollocarsi a breve tirando avanti nel frattempo con la cifra pattuita a forfait tra liquidazione e incentivo all’esodo.
Poi, mano a mano che il tempo trascorreva tra un colloquio di lavoro, un curriculum inviato, un giro di telefonate sempre più ansiose agli amici mettendoli al corrente della precaria situazione, lo aveva assalito una sorta di turbamento frammisto a incertezza sul futuro.
Cominciò a fare un elenco a mente di quante potevano essere ancora le persone conosciute pur nelle più disparate occasioni, gli amici, i conoscenti, i parenti che avrebbero potuto, se non proprio dargli una mano immediata, almeno consigliarlo e tenerlo su di morale.
Sconsolato, si era reso conto che l’elenco era ridotto ad un numero per indicare il quale era sufficiente poco più di una mano, e fu lì che incominciò a preoccuparsi.
Se a questo aggiungiamo che il suo orgoglio lo aveva portato per un bel po’ di tempo a tenere nascosta la cosa alla sua compagna, comprensibilmente timoroso che il loro già labile legame avrebbe potuto subirne conseguenze definitive e devastanti, il quadro incomincia a farsi chiaro.
Ma come uscirne?
Iniziò a frequentare sempre meno le consuete amicizie, da quelle più vicine a quelle più lontane, ed a chiudersi in un suo mondo ed a suo modo, in una sorta di via di mezzo tra una corazza ed una torre inespugnabile, tetragono ad ogni sollecitazione di sorta.
Il passaggio immediatamente successivo fu quello di incominciare a bere per dimenticare, tanto che più di una volta si era scordato tra i fumi dell’alcool, l’indirizzo di casa ed aveva finito per trascorrere la notte al dormitorio comunale dove lo avevano accompagnato i volontari delle ronde sociali notturne; oppure quando era rimasto un poco più sobrio, si era aggiustato a cielo aperto “alla bell’e meglio” profittando della stagione ancora mite accompagnata da una temperatura sufficientemente tiepida.
Ma quando sarebbero arrivati l’autunno prima e l’inverno subito a ruota, come avrebbe trovato sistemazione e come avrebbe sbarcato decentemente il lunario dopo aver usato ed abusato della generosità non infinita dei frati cappuccini lì vicino?
I mesi trascorrevano e la temuta rigidità della temperatura notturna cominciava a farsi sempre più frequente in maniera indirettamente proporzionale alle sue forze fisiche, al suo impegno ormai smarrito, al suo aspetto esteriore di un tempo che, definire oggi trasandato, era un eufemismo.
E quella sera stava mestamente facendo ritorno a casa, chiedendosi in quale casa, visto che quella fino a poco tempo prima condivisa con la sua compagna era ormai con logica naturalezza, divenuta in effetti irraggiungibile sia in concreto che metaforicamente.
E perciò si avviò verso il vicino sottopasso ormai familiare della ferrovia frequentato da altri disgraziati come lui; finì per raggomitolarsi sotto le poche consunte coperte rimaste ed i cartoni rubacchiati qua e là, non prima di essersi anestetizzato con una massiccia dose di nettare di Bacco di scadentissima qualità.
Si addormentò quasi subito e, tranne qualche frequente e quasi involontario rigirarsi per scrollarsi il freddo di dosso, iniziò a sognare come da tempo non gli capitava. E chissà per quale arcano motivo, erano tutti sogni positivi della vita passata e di quello che di più piacevole era possibile immaginarsi.
Quando al mattino lo ritrovarono ormai esanime, aveva però un aspetto lieve, dolce, quasi sorridente, come fosse stato soddisfatto di avere con le ultime forze sognato qualcosa di gradevole, forse l’ultima, prima di andare a sognare per sempre in quell’aldilà nel quale non aveva mai voluto credere ma, sotto sotto, forse sempre sperato.
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