Giovanni Silonio. Dopo la maturità classica ha frequentato facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Torino. Ha lavorato presso la Asl di Vercelli e ora è in pensione. Ha pubblicato un libro di poesie dal titolo “In cammino” nel 1992, ultimato il secondo dal titolo “Appunti di viaggio” e ha appena concluso l’elaborazione di “Appunti di viaggio. Parte seconda”. Ha frequentato corso di Scrittura creativa nel 2010 presso UNIPOP di Vercelli. Alcune sue poesie sono state pubblicate nelle Antologie-raccolta “Impronte”, “Poeti contemporanei” e “Ispirazioni”. Partecipa al Concorso 50&Più da diversi anni vincendo nel 2015 la Farfalla d’oro per la poesia, nel 2019 la Farfalla d’oro e nel 2020 la Libellula d’oro per la prosa e diverse Menzioni della giuria e Segnalazioni speciali. Vive a Vercelli.
Pietro Barba era uno scrittore di notevole talento e successo, ma da qualche tempo privo di ispirazione e creatività. Passava intere giornate alla scrivania, davanti ai suoi fogli bianchi, che tormentava con ghirigori vari in attesa di un’idea o di un impulso estroso da sviluppare. Il cestino era pieno di carta appallottolata senza parole.
Un pomeriggio il campanello suonò. Non aspettava nessuno, per cui doveva essere di sicuro un seccatore, ma un seccatore provvidenziale in quanto si sarebbe interposto tra lui e le sue cartacce, procurandogli un po’ di sollievo. Andò ad aprire e si presentò un signore magro, di media statura, vestito con cura, dallo sguardo vivace, con in mano una vistosa busta gialla. “Sono George Wilkins, ho piacere di conoscerla personalmente”. “In che cosa posso esserle utile?”, chiese Pietro. “Vorrei sottoporle una questione di vitale importanza, per lei e per me”, rispose George. “Bene, si accomodi nel mio studio”, e, accompagnandolo lo fece sedere su una stupenda poltrona in pelle. “Vede signor Barba”, riprese l’uomo da seduto, “forse lei non ha ben afferrato il mio nome. Sono George Wilkins, un personaggio da lei creato in una fortunata serie di suoi libri”. “Ricordo perfettamente quella collana di avventure giallo-rosa, ma non vedo in che modo lei possa interferire con le persone in carne ed ossa come me, visto che lei è solo un personaggio. E poi, nell’ultimo romanzo io l’ho fatta morire e quindi sparire dalla circolazione”. “La circostanza è del tutto irrilevante”, rispose Wilkins, “mi creda. Una volta che un personaggio è stato creato e si è dimostrato vivo e vitale (come, per suo merito è il caso mio), può morire o no nel libro, ma viene accolto nel Villaggio Internazionale, e ci sta finché il libro ha vita”.
Pietro, che frequentava occasionalmente gli ambienti dei premi letterari, di questo Villaggio Internazionale, aveva già sentito parlare, ma sempre in termini molto vaghi. Incominciando a prevalere in lui la curiosità sull’irritazione si decise quindi ad ascoltare quello che mister George aveva da dire. Wilkins spiegò che aveva ottenuto un breve permesso. Del Villaggio raccontò che era dislocato in una zona collinare e verdeggiante, dal clima mite. Gli ospiti erano alloggiati in villini prefabbricati ed era vietato l’introduzione di veicoli meccanici, per cui ci si muoveva a piedi o a cavallo. Questo divieto era inteso a non mettere in condizioni di inferiorità gli ospiti più antichi, come gli eroi omerici, latini, medioevali ecc., che si sarebbero trovati a disagio al volante, in moto o in bicicletta. “Non si sta male”, continuava nel discorso George, “anzi quelli come me, godono di alcune priorità nella fruizione dei servizi essenziali, nell’assegnazione dei cavalli, nell’accedere alla biblioteca, alle docce e alla lavanderia”. “Allora lei gode di un certo credito, laggiù”, interruppe Pietro, “è riuscito a farsi apprezzare, benché io non sia ancora morto”. “Sì, ma non è un fatto di prestigio, è che mi do molto da fare. Per esempio, alla manutenzione delle stufe e dei focolari delle cucine ci penso io. Prima lo faceva il capitano Nemo e prima ancora Gulliver, ma hanno combinato solo dei guai. Siamo in pochi a renderci utili e a lavorare. Gli altri, la maggior parte, sono fissi a fare sempre la stessa cosa, quella che li ha resi celebri, tutto il giorno: ma che noia! Così Trimalcione offre cene quotidianamente, Nerone appicca il fuoco ai casolari sparsi, fra Cristoforo punta il dito e predica dal mattino alla sera, l’Innominato si converte una volta al giorno, Penelope tesse e disfa la tela continuamente. Il Dr. Andrew Manson ha aperto un ambulatorio, ma è frequentato solo dal Malato immaginario. Robinson Crusoe e venerdì, a forza di condividere la circostanza di essere soli e abbandonati, sono diventati gay. La bella addormentata si fa delle dormite gigantesche con russate che risuonano in tutto il Villaggio. Giasone ed Atalanta si sono accoppiati e sono alla continua ricerca del vello d’oro. Le giornate si trascinano così, prevedibili, se non ci si dà da fare: ma non abbiamo quella seccatura che avete voi, di dover morire. Quando un’opera cade nell’oblio, lo fanno anche i suoi personaggi, ma non muoiono, perdono solo di spessore, diventano leggeri come l’aria, pronti però a riprendere vigore non appena qualcuno nel mondo ricomincia a leggere quei libri. E libri ne esistono a migliaia in tutte le biblioteche e rivendite della terra. Così non si muore mai”.
Pietro stava ad ascoltare percorso da emozioni varie. Il racconto di George lo affascinava e insieme risvegliava in lui un potente interesse professionale, a corto com’era di idee. Ancora, provava intima soddisfazione per questo George che parlava così bene ed era autorevole e simpatico: l’aveva creato dal nulla, e adesso era lì, davanti a lui, vicino e caldo, e discuteva da pari a pari. Si ricordò però di non avergli ancora formulato la domanda che gli frullava dentro dall’inizio. Per interrompere l’eloquio fluente della sua creatura gli versò da bere, e mentre beveva gli disse: “Lei però non mi ha ancora raccontato perché è qui?”. Mister Wilkins prese la cosa un po’ alla lontana. “Bisogna che prima gli parli degli ambivalenti. La nostra categoria non è così ben definita. Ci sono casi in cui il soggetto è persona e personaggio insieme. Prenda il caso di Orlando di Roncisvalle: la sua esistenza reale è storicamente provata, ma il personaggio prevale in tal misura sulla persona che è stato accettato al Villaggio senza problemi. Napoleone, Hitler e Stalin fortunatamente sono stati bocciati dalla apposita commissione preposta”. È interessante”, disse Pietro, “ma non vedo ancora il nesso tra la sua visita, il Villaggio e gli ambivalenti”. “Le spiego: lei è un ambivalente!”. “Io?”. “Sì, l’ho resa ambivalente e quindi immortale io: ho scritto alcuni racconti che hanno lei come protagonista, sono qui, dentro questa busta gialla. Ecco a lei: In viaggio e Pietro e Adelaide”. “Sa anche che mia moglie si chiamava Adelaide”, rimango sbigottito “E cosa vuole? Vorrebbe che li leggessi?”. “Sì, mi farebbe piacere, prima di portarli da un editore”. “Li legga pure subito, sono scorrevoli e fluenti, in tre ore al massimo ce la farà” E proseguì: “Mi hanno concesso una licenza di cinque giorni. La danno solo in casi rari, ma il mio caso è unico. Laggiù alcuni scrivono per diletto o per passare il tempo, ma a nessuno era venuto ancora in mente di scrivere sul proprio autore”. “Va bene” , sbottò Pietro, “li leggo”. Pietro Barba diede inizio alla lettura mentre l’altro beveva, fumava e scrutava sul suo viso le tracce di un’opinione.
Si accorse fin dall’inizio che quei racconti erano deboli, un po’ noiosi, senza suspence e senza mordente. Finì di leggerli e poi riferì a George apertamente ciò che pensava.
“Io le consiglierei di non continuare a scrivere e non li porti da alcun editore. Lei sa fare certamente bene altre cose: si dedichi a loro. Abbandoni le ambizioni letterarie e ricominci a fare l’ispettore e a risolvere casi difficili, come lo avevo descritto e immaginato io”. George Wilkins ci rimase molto male. Raccattò i manoscritti, salutò seccamente e se ne andò. Questo episodio segnò un punto cruciale nella carriera di Pietro Barba. Non subito ma molti anni dopo, quando i capelli si erano ingrigiti e i fogli davanti a lui continuavano a reclamare parole, le sue idee e le sue aspirazioni si fecero diverse. Incominciò a pensare che un posto nel Villaggio Internazionale, unito ad una ragionevole speranza d’immortalità, non gli sarebbe dispiaciuto. Perciò concepì l’idea di scrivere la propria autobiografia, e di scriverla così ricca, viva e colorata da estinguere ogni dubbio alla Commissione. Chiamò a raccolta tutte le forze e iniziò l’avventura. Lavorò per due anni, con gioia, diligenza, scrupolo e tenacia, poi corresse, tagliò, aggiunse, filtrò per altri sei mesi finché non si sentì pienamente soddisfatto di ogni foglio e di ogni parola. Profuse il massimo impegno, come mai, nella sua carriera.
Non erano ancora passati sei mesi da quando aveva dato il manoscritto all’editore e da quando era stato pubblicato e venduto a migliaia di copie il libro, con un successo travolgente, quando si presentarono alla sua porta tre personaggi incaricati dal Villaggio, Athos, Porthos e Aramis. Portavano in testa un cappello a larghe tese fornito di piuma e vestivano un’uniforme blu-avio, elegante e sobria. Erano gentili ma avevano fretta. Pietro ebbe appena il tempo di infilare in una borsa le cose indispensabili per un lungo viaggio. Poi lo presero con loro e lo portarono via.