Giovanna Paita. Laureata in Scienze Biologiche ha insegnato per 42 anni e ora è in pensione. Risiede a La Spezia ma per stare vicino alla figlia e alla nipotina si è trasferita momentaneamente a Livorno. Partecipa al Concorso 50&Più per la prima volta.
Ricordi il nostro primo appuntamento? Era proprio una bella giornata di sole ed io ero seduta sotto la pergola del bar, dove avevamo deciso di incontrarci, Il profumo delle rose era talmente spesso e forte che quasi stordiva. Sotto il mosaico di lingue di sabbia, l’acqua era color smeraldo screziato, verde azzurro, dove era più profonda. Il vento dispettoso mi scompigliava i capelli, che io cercavo di rimettere a posto con mani nervose. Il tempo sembrava non passare mai, continuavo a mescolare il caffè che si era fatto freddo e nel quale, come mio solito, non avevo messo zucchero; giravo il cucchiaino solo per darmi un tono. Avevo ridotto il tovagliolino in mille minuscoli pezzi che il vento sparpagliava ed io cercavo di radunarli e spingerli sotto il piattino. Intanto pensavo a quella bambina ingenua che ero stata quando ti avevo visto la prima volta. Passeggiavo con mia cugina, più grande di me, sul lungomare di Lerici e tu arrivasti con la Vespa e ti fermasti per salutarla.
Rimasi folgorata nel vederti e certamente ti guardai con occhi stupiti e adoranti, tanto che
scherzando mi dicesti: “Cresci che poi ti sposerò”. Tu certamente scherzavi, ma io ci credetti e ci sperai. Non ci siamo mai più visti. Ci siamo sposati e ora abbiamo figli adulti e nipoti. Col passare degli anni mi sono sempre più convinta che il caso giochi, nella nostra vita, un ruolo ben più importante di quanto comunemente si creda. Prendiamo per esempio 11 nostro ritrovarci, dopo quanti anni? Cinquantacinque? lo ero su Instagram sotto un nome d’arte, pubblicavo foto di orchestre durante le loro esibizioni, ma non ho mai messo una mia immagine. Nonostante ciò, o forse per questo suscitai la tua curiosità e tu mi chiedesti l’amicizia. lo accettai, ma solo perché entrambi conoscevamo bene Lucia. Per mesi ci siamo sentiti tutti i giorni, ci siamo scambiati messaggi e parlati al telefono, poi dopo tante incertezze, dubbi e rinunce, ci siamo decisi per un incontro. lo perfettina, mai una trasgressione, mai una sbavatura, mai una fragilità. Così dovevo essere, l’avevano deciso i miei genitori. Ero cresciuta alla periferia di u a piccola città e mi ero abituata a filtrare tutto attraverso le maglie strette dell’educazione e del pudore. Mentre guardavo il cielo che continuava all’infinito e le nuvole che come batuffoli bianchi erano in perenne movimento, ripensavo a tutte le persone che ero stata, alle vite che avevo vissuto. Fasi diverse, quella di bambina esuberante, che voleva sempre essere al centro dell’attenzione, quella di universitaria in un mondo di quasi tutti uomini e lo sforzo di sentirmi accettata, “adeguata”. Ti aspettavo e mi sentivo in grave imbarazzo, già essere seduta al tavolino di un bar non mi faceva stare a mio agio, ma io avevo sfidato i principi che mi erano stati inculcati per conoscere la mia vera identità. Avrei quasi voluto che non venissi, avrei voluto scappare, ma ero curiosa e dovevo cercare in fondo alla mia anima qualcuno che non avevo mai trovato. A tratti però la paura mi assaliva. Nelle nostre conversazioni telefoniche mi ripetevi di non essere così perfezionista, che era necessario trasgredire se si voleva crescere, ma io so che la società, conformista e limitata che ci vorrebbe tutti nelle nostre casette, tranquilli, niente sentimenti esagerati, ne slanci grandiosi forse ci protegge, ma ci tarpa le ali. Se noi due scoprissimo che è amore quello che ci anima molti ci criticherebbero. Perché? Con quale diritto? Solo perché siamo anziani? lo sto vivendo un periodo amaro, forse l’amore mi appare l’unica via d’uscita, quasi un antidoto alla morte. L’amore è la sola cosa che conta, trovarlo è l’esperienza più bella della vita. Ma l’amore non si cerca, capita, ti arriva addosso misteriosamente all’improvviso, come la pioggia quando non hai l’ombrello.
Sono anziana, ma mi comporto come una ragazzina al momento del suo primo appuntamento, che si vergogna del suo corpo. Rifletto sull’ingiustizia di una società che nega i desideri delle donne, specialmente le più mature. Chi ha deciso che per trent’anni si deve fare la vita della pensionata, pagare le tasse e accontentarsi? Abbiamo una vita sola e vorrei goderne appieno, ma nello stesso tempo ho paura, perché l’amore trasfigura tutto, ma fa perdere l’equilibrio. Ero persa in questi pensieri quando i rintocchi del campanile della chiesa mi fecero capire che era tardi ormai e che tu non saresti venuto. Sentimenti diversi si agitavano nel mio cuore, delusione, collera, dolore. Con uno scatto rabbioso mi alzai pagai la consumazione e correndo mi avviai verso la mia Panda parcheggiata in una via laterale. Durante il percorso pensavo a quello ero stata sul punto di fare, forse nulla, ma solo l’idea poteva essere un tradimento nei confronti della mia famiglia. Tutti mi amano, credono in me ed io invece chi sono? Volevo lasciare subito quel posto, dovevo tornare alla normalità, ma il caso sparigliò le carte. Dietro l’angolo di un palazzo finimmo l’uno nelle braccia dell’altra. Anche tu correvi, perché palesemente in ritardo. Quando mi trovai faccia a faccia con, te, benché il tuo aspetto non avesse, per un osservatore superficiale, nulla che ti distinguesse, da un uomo normale, allo stupore si aggiunse una sensazione d’irreprimibile soggezione e languore, quel languore che sempre mi prende quando guardo una tua foto o quando mi scrivi quel! cose bellissime. Sei un uomo dalla figura vigorosa e dalla struttura solida, non propriamente robusta o particolarmente notevole. Ma è la singolarità dell’espressione che regna sul tuo volto, l’intensa, stupefacente e conturbante evidenza di una così totale ed estrema vitalità, che agita il mio spirito con sensazioni e sentimenti indicibili; e poi la tua voce mi ricorda una distesa di fiori gialli in una foresta baciata dal sole. La tua fronte rugosa sembra segnata dall’impronta di miliardi di anni. I tuoi capelli bianchi sono testimonianza del passato e i tuoi occhi, grandi e verdi,
sembrano sibille del futuro. Tu accennasti un abbraccio, io presi tra le mani il tuo viso e tu ti abbandonasti con la fiducia di un bambino. Poi avvicinasti il tuo volto al mio e io lo abbassai, maldestra nell’amore e vergognosa di esprimere quello che avevo dentro. Sentii come se qualcosa, salendo sempre più alla gola, mi togliesse il respiro, ma durò soltanto un secondo: mi si riempirono gli occhi di lacrime e mi sentii più leggera.
Da allora è già passato un anno, proprio oggi è il nostro anniversario e anche il tuo compleanno. Stai ancora dormendo. lo mi sono svegliata all’alba e ti ho guardato a lungo. Una scheggia di luce filtrava attraverso la persiana ed io vedevo il tuo viso, sereno, rilassato; sorridevi nel sonno. Mi sono commossa, avrei voluto baciarti. Non l’ho fatto: ti avrei svegliato. Ora sono qui nel nostro piccolo studio a scrivere, so che ti farà piacere ripercorrere con me l’inizio della nostra storia. L’ho scritta su una pergamena, con la quale chiuderò il nastro che avvolge lo scatolone pieno di regali che ho confezionato per te. Poi ci abbandoneremo alle coccole e per noi non ci sarà più nulla, nessun altro mondo che questo mondo nuovo di vita, dolcezza e beatitudine.