I servizi di orientamento non aiutano i giovani a trovare la propria strada: lo rivela una ricerca di INAPP. Il 38,2% dei giovani (15-17 anni) non ne ha mai usufruito. Quasi il 60% non sa cosa farà in futuro
I giovani sono “senza bussola”: eppure, la bussola ci sarebbe. Si chiama “orientamento”, esiste ma a quanto pare non funziona: quasi il 60% non sa “cosa farà da grande”. È quanto emerge da un’indagine dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP). La ricerca è stata condotta in collaborazione con GEO, ANVUR e Centro di Ateneo della Federico II. Sono stati coinvolti 3,642 giovani 15-29enni e oltre 2,700 servizi di orientamento: tra questi, Università, Centri per l’Impiego, Istituti di formazione e scuole secondarie di primo e secondo grado.
Un dato di sintesi è particolarmente significativo: il 42% dei ragazzi tra 15 e 17 anni afferma di non aver mai usufruito di un servizio di orientamento. Perché? La maggior parte (55,6%) dichiara di “non averne avuto bisogno”. Invece il bisogno pare ci sia: ben il 57,3% degli stessi giovani non sa infatti cosa “farà da grande”.
Quali servizi?
In Italia esiste un insieme articolato di strumenti e servizi di orientamento, che però appare molto eterogeneo e frammentato, “Sembra mancare, del tutto o in parte – si legge nella ricerca – una teoria della prassi e una metodologia dell’intervento coerente con obiettivi prefissati; esiste una consapevolezza delle carenze, ma non è chiaro il percorso culturale da compiere”. Per migliorare questa situazione, è indispensabile “rafforzare il coordinamento centrale e incentivare la condivisione di buone pratiche tra enti, senza tuttavia compromettere la flessibilità necessaria per rispondere ai bisogni locali. È inoltre indispensabile investire nella formazione di figure professionali dell’orientamento, creare reti di collaborazione più solide e favorire una maggiore informazione tra le famiglie”.
Lavoro come progetto di vita
C’è un altro dato interessante: i giovani intendono sempre più “il lavoro come progetto di vita e non più solo come strumento di guadagno”. Al centro, mettono la qualità di vita. I giovani cercano insomma molto più di un posto di lavoro e di guadagno: desiderano realizzare se stessi dal punto di vista umano e professionale.
“La ricerca evidenzia la carenza di un approccio sistemico sul tema dell’inserimento lavorativo post scolastico e universitario”, è il commento di Natale Forlani, presidente dell’Inapp. “Questo non consente a molti giovani di avere informazioni adeguate e di usufruire di dotazioni di servizi d’orientamento adeguati – conclude – È una criticità che deve essere affrontata in modo organico adeguando le politiche attive del lavoro”.
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