Un’indagine condotta dall’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano ha messo a nudo il rapporto che i giovani hanno con la tecnologia e i media. Di fronte ad una simulazione organizzata dai ricercatori, in cui erano presenti una notizia falsa e una vera, un terzo del campione analizzato faticava a riconoscere l’informazione corretta.
La diffusione delle fake news rappresenta una sfida per tutte le generazioni, giovani compresi. In Italia, ad esempio, un adolescente su tre non è in grado di riconoscerle. È quanto emerge dal Report “Disinformazione a scuola”, realizzato dall’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Lo studio ha coinvolto 2.288 studenti fra i 14 e i 19 anni, di 19 scuole secondarie di secondo grado fra licei, istituti tecnici e professionali di Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, e in particolare delle province di Lecco, Milano, Monza e Brianza, Torino e Parma. Attraverso un ambiente simulato, creato per assomigliare quanto più fedelmente possibile a quello informativo digitale “reale” in cui si muovono gli adolescenti, si è monitorato il loro comportamento di navigazione tramite smartphone, con uno sguardo specifico sull’uso dei social network.
I dati raccolti: su ambiente e salute c’è maggiore difficoltà a riconoscere le fake news
I ragazzi trascorrono in media sei ore al giorno con lo smartphone in mano, condividendo contenuti sui social o “scrollando” quelli postati da altri. Di fronte alla simulazione organizzata dai ricercatori, in cui erano presenti una notizia falsa e una vera, un terzo del campione faticava a riconoscere l’informazione corretta. In particolare, la carenza nella corretta identificazione di news affidabili si rivela sui temi dell’ambiente (32,8%) e della salute (36,9%).
Un dato interessante è che i giovani si impegnano di più nel valutare le informazioni se si trovano di fronte al computer piuttosto che allo smartphone. Anche se il primo strumento per tempo quotidiano di utilizzo resta quest’ultimo.
Fonti di informazione: Instagram in testa
I social media sono la principale fonte di informazione: il più utilizzato è Instagram (80%), seguito da Whatsapp (76,62%) e TikTok (60,81%). Crescono anche Be Real e Snapchat, con una prevalenza d’uso fra le ragazze. In coda restano Telegram, X e all’ultimo posto Facebook, considerato ormai “superato” dalla Generazione Z.
Contenuti condivisi
Per capire le abitudini di condivisione dei giovani, è stato chiesto loro di stimare quanti contenuti postano in una settimana, tra foto, meme, link. Il 43% del campione ha dichiarato di non condividere nessun contenuto, mentre il 38% ne condivide meno di 10 a settimana. Solo il 10% condivide qualcosa fra le 30 e le 50 volte in sette giorni. In generale, le ragazze tendono a condividere meno contenuti dei coetanei maschi.
Tra fiducia, scetticismo e complottismo
Dalle risposte del campione si esprime una grande fiducia verso la scienza e i ricercatori: il 42% ne ha molta, il 32,2% abbastanza. Allo stesso tempo è presente uno scetticismo generalizzato che caratterizza il contesto digitale informativo, ritenuto inquinato nella maggioranza dei casi. Purtroppo, la diffusione di informazioni definite scientifiche ma di fatto errate, mina la fiducia negli specialisti, e questo sentimento si ritrova anche fra i giovanissimi. Il fenomeno del complottismo aggrava ulteriormente questo problema, presentando il consenso scientifico come una costruzione di presunti poteri forti o interessi economici, in particolare nell’ambito delle informazioni sul cambiamento climatico, che finisce con l’essere negato, e precedentemente con quelle sulla pandemia, secondo la vulgata complottista architettata ad arte.
Capacità critica digitale
I ricercatori hanno anche misurato la capacità critica digitale, ossia la capacità di discriminare l’informazione che gli utenti ricevono dalla disinformazione in un ambiente digitale. Per farlo hanno creato dei contenuti ad hoc che contenessero articoli pseudoscientifici, ed altri che invece riprendevano reali articoli divulgativi. Un adolescente su tre non è stato in grado di individuarne le differenze.
Differenze di genere nell’autostima
Un altro parametro oggetto di studio è stato la consapevolezza delle proprie capacità critiche in ambiente digitale. I risultati hanno evidenziato come il genere incida sulla propria autostima, con le ragazze più propense a sottovalutare le proprie abilità rispetto ai ragazzi, nonostante le competenze dello stesso livello.
L’Osservatorio sulla disinformazione digitale
Dal lavoro di ricerca dell’Università Vita-Salute San Raffaele è nato anche l’Osservatorio permanente sulla disinformazione digitale, che il prossimo anno lancerà un percorso di formazione nelle scuole con la partecipazione di professionisti dell’agenzia di comunicazione Havas PR, con l’obiettivo di dare alla nuove generazioni più strumenti per orientarsi fra le infinite fonti di informazione digitale e imparare a discernere le fake news da quelle reali.
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