89 milioni i ragazzi e 77 milioni le ragazze: nel mondo 166 milioni di giovani, tra i 10 e i 19 anni, vivono con un disturbo mentale accertato. I bambini e i giovani spesso presentano un disagio psicosociale che ne compromette la vita, la salute e le prospettive per il futuro
Tawy è un giovane indigeno brasiliano, ha camminato per 6 ore nella foresta amazzonica con il padre Wah sulle spalle, lo sta portando a vaccinarsi contro il Covid-19, siamo nel gennaio del 2021. Erik Jennings Simoes, il medico della squadra sanitaria che ha voluto immortalarlo, ha diffuso l’immagine di Tawy e Wah all’inizio di questo nuovo anno, ritenendo rappresenti uno dei momenti più significativi nella lotta contro la pandemia del 2021.
In Italia, le giovani generazioni non hanno affrontato l’impresa del giovane Tawy, ma hanno dovuto rinunciare alle diverse occasioni di incontro e socializzazione, fondamentali nelle fasi di crescita, per tutelare i propri anziani.
I dati di fine 2021 pubblicati dalle maggiori agenzie internazionali, come UNICEF e OMS, sulla situazione psicologica di bambini e adolescenti nel mondo dimostrano che i problemi di ansia (un giovane su cinque) e depressione (un giovane su quattro) sono raddoppiati dal periodo pre-pandemia. I disagi psicologici registrati variano da forme di malessere, lieve depressione, disturbi del sonno e comportamentali fino a sintomatologie più gravi come tendenze suicide, anoressia e autolesionismo.
A livello globale, un bambino su sette è stato direttamente colpito dagli effetti dei lockdown e più di 1,6 miliardi di bambini hanno subìto perdite a livello educativo, con almeno 463 milioni che hanno avuto difficoltà di vario genere nell’accesso al sistema di apprendimento a distanza.
Sono dati impressionanti che fanno emergere un “mal di vivere” generalizzato, che purtroppo non coinvolge solamente le generazioni più giovani, ma tutte le fasce della popolazione, con la differenza che i più giovani sono ancora in una fase di costruzione della propria identità, di formazione, di acquisizione di strumenti per fronteggiare le diverse situazioni della vita. In questo scenario è positivo che l’83% dei giovani tra i 15 e i 24 anni creda fermamente che sia meglio farsi aiutare piuttosto che affrontare i problemi di salute mentale da soli, condividendo le proprie esperienze con gli altri e cercando sostegno (sondaggio UNICEF/Gallup).
Risposte importanti possono e devono arrivare dal contesto scolastico e familiare, in cui l’ascolto, la condivisione, l’assenza di giudizio, il confronto e il sostegno sono alla base di un rapporto di fiducia, ma anche nei servizi di cura che sicuramente devono fare la loro parte e ricevere sostegno, come sta accadendo in molte città tramite lo stanziamento di fondi dedicati.
Fondamentale è anche il ruolo e l’impegno degli over 50, in qualità di genitori e di nonni. I giovani attraversano una delicata fase di crescita e di sviluppo della personalità, rischiano di perdere i “riti di passaggio” nel cammino verso l’indipendenza, durante i quali l’identità si forma, anche attraverso l’identificazione con i modelli adulti e il sostegno che ricevono nel loro percorso. Un impegno a cui non possiamo sottrarci, un compito non semplice che deve accompagnarci. Ascoltiamo e supportiamo i figli e nipoti di oggi, saranno gli adulti di domani.
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