L’AIPD lancia uno spot “horror”, per superare e rovesciare gli stereotipi. Con un finale a sorpresa: le persone con sindrome di Down non solo possono autogestirsi, ma anche prendersi cura degli altri.
Lo spot di AIPD per la Giornata Mondiale della sindrome di Down – oggi 21 marzo – ha il sapore del film horror: una donna di spalle, il cigolio di una sedia, il ticchettio del lavandino che goccia, il disordine in casa, i piatti non lavati. L’ambiente è buio, l’atmosfera sinistra. E la donna inquadrata in primo piano ha tratti inquietanti, lo sguardo teso.
Ma niente è come sembra: quella donna non ha fatto nulla di male, non è sua neanche la colpa del disordine in cosa. Quella donna, nella realtà, si chiama Moira Oliverio, ha 39 anni e ha la sindrome di Down: qualcuno potrebbe stupirsi, nello scoprire che lavora al Comune di Roma e ha un fidanzato da molti anni. Almeno quanto lo stupirà il finale dello spot “horror” di cui è protagonista, realizzato dall’Associazione Italia Persone Down in occasione della Giornata Mondiale che si celebra il 21 marzo. Una Giornata che quest’anno è dedicata proprio al superamento degli stereotipi: come quello che vede le persone con sindrome di Down come eterni bambini. Mai uomini, mai donne.
Basta stereotipi, la campagna di AIPD
Invece, la realtà è spesso molto diversa da ciò che sembra, deformata dalla lente del pregiudizio. Perché una persona con sindrome di Down non solo diventa adulta, ma può e vuole diventare una risorsa sociale, capace di rispondere a un bisogno. Per esempio, capace di accudire, di prendersi cura addirittura di un bebè. È questa capacità che lo spot vuole mostrare: una capacità di cui la società pare non rendersi conto. Come emerso dall’indagine svolta da AIPD poco più di un anno fa, quasi il 45% degli over 45 con sindrome di Down “non fa nulla e sta a casa”, perché sul territorio mancano servizi e risorse adeguati. Una carenza che a sua volta è frutto del peggiore degli stereotipi: quello che considera le persone con sindrome di Down eterni bambini, mai adulti che, in quanto tali, hanno bisogno di contesti in cui esprimere le proprie capacità.
“Come associazione, sappiamo quanto questo sia profondamente falso e ingiusto: gli uomini e le donne con sindrome di Down possono, devono e vogliono diventare indipendenti e trovano gratificazione e soddisfazione nel rendersi utili agli altri – afferma il presidente nazionale di AIPD Gianfranco Salbini -. È nostro compito metterli nelle condizioni di poterlo fare, sostenendoli attraverso percorsi di educazione all’autonomia, alla vita indipendente, alla vita sentimentale. E dando loro fiducia, perché possano dimostrare ciò di cui sono capaci”. È questa un’esigenza profondamente sentita anche dalle famiglie: nella stessa indagine AIPD/Censis, il 53,3% dei caregiver intervistati ritiene che “la cosa più importante che dovrebbe fare la società per le persone con sindrome di Down è promuoverne l’autonomia e l’inserimento sociale e lavorativo”.
Dietro le quinte
Moira Oliverio è alla sua seconda esperienza davanti alla cinepresa. La giovane donna con sindrome di Down era infatti già presente nel docufilm “Come una vera coppia”, di Christian Angeli, accanto al fidanzato Emanuele Raffaelli. Una storia vera, in quel caso: la loro storia d’amore, che il regista aveva ascoltato e raccontato insieme a quella di altre quattro coppie con sindrome di Down. In questo caso, invece, Moira veste i panni di una premurosa vicina di casa, che si rivela un prezioso aiuto nel momento del bisogno. La regia dello spot è di Daniele Castignani (AIPD) e di Matteo Quarta (Halibut Film). Accanto a Moira Oliverio, l’attrice Tullia Majorana.
Un libro per capire
Per conoscere e comprendere la sindrome di Down, attraverso lo sguardo di una mamma, è recentemente stato pubblicato il libro di Carla Agosti “Il più bel geranio del mio giardino” (Edizioni Eracle, 2023). Racconta la storia di Romina, figlia “diversa”, nata quasi 38 anni fa in una famiglia che non si credeva pronta ad accoglierla. Ma che poi l’ha aiutata a sbocciare e fiorire, conquistando giorno dopo giorno competenze e autonomia. “Racconto come io e la mia famiglia abbiamo dovuto riavvolgere il nastro dei nostri sogni e affrontare la più grande sfida della nostra vita”, spiega l’autrice, che devolverà l’intero ricavato alle “associazioni che ci sono state vicine in questi anni”: in particolare, L’arte nel cuore e l’Associazione italiana persone Down.
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