“Acque sotterranee – rendere l’invisibile visibile” il tema del World Water Day 2022. Una risorsa in pericolo che rappresenta il 99% dell’acqua dolce del Pianeta e il 40% dell’acqua usata in agricoltura. Ecco cosa fare – e non fare – per proteggere questo bene prezioso.
“Acque sotterranee – rendere l’invisibile visibile” il tema del World Water Day 2022, la Giornata Mondiale dell’Acqua che si celebra oggi. Un’iniziativa promossa dall’Organizzazione delle Nazioni Unite fin dal 1993 per celebrare un bene comune prezioso ma a cui oltre 2 miliardi di persone non hanno accesso. Infatti, garantire a tutti un bene come l’acqua pulita è uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG’s) fissati dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Dunque, uno dei 17 obiettivi chiave per combattere povertà e disuguaglianza e favorire lo sviluppo economico e sociale entro i prossimi 8 anni.
Perché le acque sotterranee sono così importanti?
Anche se siamo abituati all’acqua che scorre dal nostro rubinetto (spesso in eccesso), il 99% dell’acqua dolce del Pianeta è costituito dalle acque sotterranee che si trovano in profondità nelle falde acquifere. É l’acqua di falda – pioggia e neve che filtrano nel terreno – ad alimentare sorgenti, fiumi, laghi e paludi e diffondersi negli oceani.
Secondo i dati dello Stockholm International Water Institute (SIWI), le acque sotterranee garantiscono acqua potabile a circa la metà della popolazione mondiale e contribuiscono al 50% della produzione mondiale di cibo. Per 2,5 miliardi di persone, sono l’unica fonte di acqua potabile. Ecco perché lo scienziato John Cherry ha definito le acque sotterranee “il sistema di supporto della vita sulla Terra”.
Un bene prezioso che si sta esaurendo
Nel 2015 i satelliti della NASA, l’Agenzia Spaziale USA, hanno rilevato che la maggior parte delle più grandi falde acquifere del mondo si stava esaurendo. Eppure produrre cibo per una popolazione globale che dovrebbe arrivare a 9 miliardi di persone nel 2050 richiederà un incremento del 60% della produzione agricola. L’agricoltura è l’attività che consuma la maggior parte di acqua dolce e circa il 40% dell’acqua usata per l’irrigazione proviene dalle falde. Specialmente nei paesi dove l’acqua scarseggia, l’esaurimento delle falde potrebbe dunque avere gravi conseguenze sulla capacità di approvvigionamento alimentare.
Le falde acquifere sono sempre più inquinate
Le falde non solo sono prosciugate, ma anche sempre più inquinate a causa dell’uso di fertilizzanti e pesticidi in agricoltura, di sostanze nocive nelle industrie e nelle nostre case. Per fare un solo esempio, nell’acqua che beviamo è sempre più diffusa la presenza di PFAS: composti chimici utilizzati a partire dagli anni ’50 per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche nella produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. Si tratta di sostanze molto dannose per l’ambiente e per la salute, proprio per la loro resistenza. Alla diffusione di queste sostanze si aggiunge il fatto che la capacità di autodepurazione delle acque sotterranee non è efficace quanto quella delle acque superficiali. Una falda contaminata può impiegare centinaia o migliaia di anni per decontaminarsi.
La guerra in Ucraina non risparmia l’acqua e l’ambiente
Alcune immagini satellitari diffuse a fine febbraio da Terra Motion, un noto sistema tecnologico di monitoraggio del terreno, mostrano che, nella contesa regione del Donbass in Ucraina, alcune zone del terreno stanno sprofondando; altre si sollevano. Questo perché le gallerie delle miniere diffuse nell’area e ora abbandonate – centinaia di chilometri scavati nel sottosuolo – si stanno riempiendo di acqua inquinata, potenzialmente radioattiva per esperimenti nucleari condotti negli anni ’70. A ciò si aggiungono perdite tossiche da impianti industriali in disuso e contaminazioni causate dai bombardamenti. Nel caos e nell’incuria della guerra, per gli scienziati ucraini i rischi per la regione potrebbero essere “più profondi e pericolosi rispetto a Chernobyl”.
Chi paga l’inquinamento delle acque sotterranee?
Ripulire le acque sotterranee è un’impresa complessa ma anche costosa. La regola generale che vige nel nostro Paese è: “chi inquina paga” la bonifica dell’area contaminata, ovvero tutti gli interventi necessari per rimuovere le fonti di contaminazione del bene. Ma, secondo le norme contenute nel Testo Unico Ambiente, quando non è possibile individuare il responsabile dell’inquinamento sono la regione o il comune territorialmente interessati a dover provvedere alla bonifica. Il cui costo ricade dunque su tutti noi. Inoltre, la bonifica completa delle acque sotterranee è quasi sempre impossibile e comunque molto costosa. Ecco perché la prevenzione dell’inquinamento delle falde acquifere resta l’unico modo per proteggere l’acqua e noi stessi.
Cosa possiamo fare per proteggere l’acqua
È evidente che la protezione di un bene comune prezioso come l’acqua passa attraverso specifiche politiche nazionali ed internazionali di gestione delle risorse idriche. Considerando però che, secondo Legambiente, ognuno di noi consuma una media di 150 litri di acqua al giorno, ci sono piccoli gesti quotidiani che possiamo compiere per non sprecare e non inquinare l’acqua.
L’igiene personale
– Quando ci laviamo i denti possiamo consumare fino a 30 litri di acqua potabile: non lasciamo aperto il rubinetto quando non serve. Se ci insaponiamo sotto la doccia o laviamo frutta e verdura, possiamo recuperare l’acqua in una bacinella e riutilizzarla, ad esempio per lo scarico del WC.
– Uno scarico del WC equivale a 10-12 litri di acqua usata: installiamo il pulsante per interrompere il flusso quando non serve.
Attenzione alle faccende domestiche
– È sempre meglio utilizzare la lavastoviglie e la lavatrice a pieno carico per evitare sprechi; se proprio dobbiamo lavare i piatti a mano, utilizziamo l’acqua di cottura della pasta o al massimo riempiamo il lavello e usiamo l’acqua corrente solo per risciacquare le stoviglie.
– Innaffiamo le piante al mattino presto o di sera, quando il sole non fa evaporare velocemente l’acqua che utilizziamo; è sempre preferibile usare l’acqua piovana, che possiamo raccogliere con un innaffiatoio; l’acqua di cottura delle verdure raffreddata; un sistema di irrigazione a goccia.
– Non inquiniamo l’acqua: non buttiamo nulla nel WC o nel lavello, sia oggetti solidi che olii o vernici; compriamo detersivi e detergenti ecologici.
– Controlliamo periodicamente il contatore dell’acqua per evitare perdite nella rete idrica.
Diventiamo “sostenibili” nella vita quotidiana
– Al bar o al ristorante chiediamo l’acqua del rubinetto.
– Acquistiamo e regaliamo una borraccia da riempire con l’acqua per ridurre l’utilizzo dei contenitori in plastica.
– Quando facciamo la spesa, o ordiniamo al ristorante, pensiamo a quella che Legambiente definisce la nostra “impronta idrica”: i litri d’acqua utilizzati nella produzione degli alimenti e delle bevande che consumiamo. Per produrre 1 chilo di carne di bovino servono 15.400 litri di acqua; la stessa quantità di carne di maiale o di pollo richiede circa 4.000 litri. Un chilo di caffè equivale a 16.000 litri di acqua; per una pizza margherita di 700 grammi fino a 1.200 litri; per un chilo di pasta 1.900, per un chilo di patate 800, per un chilo di arance 460.
– Non sprechiamo la carta: per un foglio A4 avremo utilizzato fino a 10 litri di acqua. Invece di farli tagliare, piantiamo gli alberi: le piante purificano le acque piovane e migliorano la qualità dei terreni e delle falde acquifere.
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