Oggi si celebra la giornata mondiale del sonno. Istituita nel 2008 dalla World Association of Sleep Medicine (WASM) cade ogni anno il venerdì precedente l’equinozio di primavera. L’obiettivo è quello di promuovere la cultura di un riposo corretto e di prevenire i disturbi del sonno.
In tutto il globo 790 milioni di persone soffrono di insonnia. Nel nostro Paese, secondo i dati dell’Associazione italiana per la Medicina del Sonno (AISM) gli insonni sono 12 milioni. Si tratta, purtroppo, di una contabilità in costante ascesa. Rubiamo ore al riposo volontariamente per far fronte a mille impegni in un mondo che non dorme mai. Nell’ultimo mezzo secolo si è registrata una riduzione media di sonno giornaliera di circa due ore. Eppure “Il sonno è essenziale per la salute”, ci rammenta altresì lo slogan scelto per celebrare quest’anno la giornata mondiale del sonno.
Gli esperti distinguono l’insonnia in “episodica”: quando è presente da almeno un mese, ma meno di tre; “persistente”, quando dura da oltre tre mesi e “ricorrente”, quando almeno due episodi di insonnia persistente (3 mesi o più) si verificano nel corso di un anno. In ogni caso provoca, tra l’altro, stanchezza, deficit di concentrazione e di memoria, disturbi dell’umore. E quando diventa “cronica” contribuisce ad obesità, diabete, ipercolesterolemia, depressione, nonché ad infarto ed ictus. Ciononostante, spesso ne sottovalutiamo l’importanza: il 70% di coloro che non riescono a dormire non si rivolge al medico.
In proposito abbiamo rivolto alcune domande a Liborio Parrino, direttore della Scuola di Specializzazione in Neurologia e del Centro Medicina del Sonno presso l’Università di Parma.
Negli ultimi tempi l’insonnia è stata definita “patologia delle 24 ore”. Ci spiega perché?
Nel 2014 il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), la bibbia degli psichiatri, ha classificato l’insonnia come una malattia e non semplicemente il sintomo di una patologia organica o psichiatrica. Finalmente l’insonnia viene considerata come un disturbo a sé stante che ha sia una componente notturna, per cui il paziente fa fatica o ad addormentarsi o a mantenere il sonno, sia una componente diurna con specifiche conseguenze durante il giorno come irritabilità, scarsa concentrazione e attenzione con conseguente rendimento lavorativo o scolastico compromesso, sonnolenza, disturbi della memoria, aumentata tendenza a commettere errori o incidenti… L’insonnia si presenta dunque come una malattia delle 24 ore. Che va inquadrata e trattata in maniera appropriata.
In generale, come si approda alla diagnosi?
Nella pratica clinica la diagnosi di insonnia è quasi esclusivamente anamnestica. Secondo le linee guida europee la procedura diagnostica per l’insonnia dovrebbe includere un colloquio clinico sulle abitudini comportamentali inerenti il sonno: ambiente, fattori circadiani e orari (sarebbe utile tenere un “diario del sonno”), un esame obiettivo ed eventuali approfondimenti quali, ad esempio, esami del sangue, l’elettrocardiogramma e l’elettroencefalogramma.
L’età avanzata può incidere sull’insonnia?
Gli anziani dormono spesso male a causa della presenza di malattie organiche, sindromi dolorose, ansia, depressione, emarginazione sociale, assunzione di farmaci che hanno un impatto sulla vigilanza o sul ritmo sonno-veglia.
Quali sono i meccanismi cerebrali che regolano il ritmo sonno-veglia?
Il ritmo sonno-veglia può essere paragonato al freno e all’acceleratore di un’automobile con il cambio automatico. Il freno è il sonno; l’acceleratore, la veglia. Durante la notte si liberano i neurotrasmettitori che premono sul freno; di giorno prevalgono i neurotrasmettitori che agiscono sull’acceleratore. Freno e acceleratore sono metafore ma nel sonno e nella veglia la modulazione tra attivazione e inibizione sono sfumate, i due si giocano una partita di scambio reciproco nelle 24 ore. In questa partita a due ci sono neurotrasmettitori prevalentemente sedativi come il GABA, che predomina durante la notte, soprattutto nelle prime ore del sonno. Poi ci sono i neurotrasmettitori dell’attivazione, predominanti nelle ore diurne come il glutammato, l’orexina e l’acetilcolina. Questi ultimi due sarebbero presenti però anche nella fase di sonno in cui si sogna. Insomma, dormire bene significa che ogni fase del sonno è stata rispettata, così come la giusta quantità di ore di sonno, di continuità del sonno, di attivazione neurovegetativa.
Sappiamo che sul fronte terapeutico per l’insonnia cronica ci sono novità farmacologiche. Di che si tratta?
Il nuovo farmaco riduce l’attività dell’orexina. Il meccanismo innovativo della molecola non è dunque quello di indurre artificialmente il sonno, ma di inibire la veglia. L’indicazione al trattamento e la sua durata devono essere stabiliti dallo specialista previa una approfondita valutazione clinica così come le dosi raccomandate da assumere. Ricordiamo le regole valide per tutti anche sotto il profilo preventivo, suggerite dai medici del sonno, per un risveglio in piena forma.
Cercare di andare a letto sempre allo stesso orario, senza coricarsi troppo tardi la sera e alzandosi presto al mattino. Banditi cibi pesanti a cena, alcol e fumo. Evitare attività che abbiano l’effetto di tenere la mente sveglia e attiva, come leggere un libro impegnativo o vedere un film pauroso, studiare o lavorare. L’ambiente in cui si dorme non deve mai essere né troppo caldo né freddo, la temperatura ottimale è circa 18°C, materasso e biancheria devono essere comodi. Infine, buio e silenzio ci accompagneranno tra le braccia di Morfeo.
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