Si celebra oggi la Giornata mondiale del Braille. Il 4 gennaio 1809 nasceva l’inventore di questo sistema di lettura e scrittura tattile che ancora oggi viene utilizzato da chi ha una disabilità visiva. E non solo
Scrivere e leggere con le dita, per guardare il mondo anche senza poterlo vedere: è la sfida lanciata oltre 200 anni fa da Louis Braille, che allora offrì alle persone cieche uno strumento di conoscenza, di consapevolezza, di emancipazione, di liberà. Quello strumento è l’alfabeto che prende il suo nome, il Braille, un sistema di lettura e scrittura tattile che ancora oggi viene utilizzato in tutto il mondo soprattutto – ma non solo – da persone cieche o ipovedenti, ma anche da persone con altre disabilità e difficoltà comunicative.
Il 4 gennaio di ogni anno, in occasione dell’anniversario della nascita di Braille (4 gennaio 1809), si celebra la Giornata Mondiale: il tema scelto per quest’anno è “Emancipare attraverso l’inclusione e la diversità”, a sottolineare la capacità trasformativa del sistema Braille nella vita delle persone non vedenti. L’invenzione rivoluzionaria di Louis Braille ha infatti migliorato significativamente la vita delle persone con disabilità visive in tutto il mondo, consentendo loro di accedere in modo indipendente alla letteratura, all’istruzione e alle informazioni.
Giornata mondiale del Braille: non è mai troppo tardi per imparare
Il Braille si apprende per lo più da piccoli, all’interno della famiglia oppure a scuola. Ciò non significa, tuttavia, che non si possa imparare anche da adulti, per esempio quando la disabilità visiva non sia congenita, ma acquisita, a causa di una malattia o di un incidente. Se da un lato è vero che, con l’età, la sensibilità dei polpastrelli tende a diminuire e quindi la lettura tattile risulta più difficoltosa, non mancano tuttavia storie di persone che si sono avvicinate al Braille dopo i 50 anni, o addirittura dopo i 70.
Giornata mondiale del Braille: la storia di Antonio
Giorgio Piccinin racconta, per esempio, sulle pagine di Uici, la storia di Antonio che, a 73 anni, ha dovuto fare i conti con una forte ipovisione, causata da una maculopatia. “Ha iniziato a frequentare alcuni anni fa la nostra sezione territoriale di Pordenone dell’U.I.C.I., prima per avere informazioni e supporti, poi per dare una mano, compatibilmente con le sue facoltà”, scrive Piccinin. “Si era iscritto ad un corso di alfabetizzazione Braille, ma dopo un paio di lezioni ha abbandonato, restituendo tavoletta e punteruolo e decretando come impossibile da raggiungere il suo obiettivo, quello cioè non di imparare a leggere speditamente, bensì di riconoscere almeno le lettere e capire come scriverle, così da integrare la sua acquisita competenza nel sovraintendere alle stampe Braille che da tempo, sempre in associazione, gestisce”.
La storia di Antonio, però, non finisce qui, con questa rinuncia: “Dennis, un suo quasi coetaneo ipovedente, piano piano lo ha convinto a riprovarci, con delle pillole di insegnamento ad personam che erogava a tempo perso tra un volontariato e l’altro e quattro chiacchiere in compagnia. La riluttanza di Antonio si sgretolò col tempo e, ripresi i ferri del mestiere, con molta pazienza, dedizione e costanza, imparò l’alfabeto prima, a riconoscere le lettere poi, a scrivere qualche parola in seguito e a portarsi a casa, infine, qualche piccola rivista per carpirne il significato di qualche articolo. Antonio è un esempio di come, anche ad una certa età, si possa e si debba provare. Si tiene in allenamento ed esegue i compiti che Dennis gli affida con zelo e soddisfazione”.
Imparare il Braille per avere maggiori risorse
“Non si può certo pretendere che ad una certa età la sensibilità dei polpastrelli sia fresca e assorbente come quella di un bambino, tuttavia se ci si impegna un pochino e ci si crede, si può ancora fare! Il Braille può essere davvero ancora un’opportunità per tutti. Ad una certa età acquisire, per quanto si può, il Braille rappresenta anche un motivo di fiducia e autostima per chi deve fare i conti con una disabilità progressiva e, magari, improvvisa. Come è vero che talune persone che perdono la vista da anziani riescono ad utilizzare con buon profitto le tecnologie touchscreen, così risulta altrettanto vero che il Braille non costituisce un confine invalicabile e anagraficamente incontrovertibile. Allenare il tatto costituisce comunque motivo di riscatto sociale e personale, fa sentire parte di una realtà sì disagiata ma con risorse da sfruttare, in una condizione in cui l’autonomia personale resta una priorità ed un obiettivo inconfutabile anche nelle piccole cose come saper interagire, seppur minimamente, con quella grande rivoluzione culturale che ancora oggi il Braille rappresenta”.
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