Un’ideologia fuori dalla ragione umana come quella nazista, non può che aver segnato tutte le forme d’arte. Il cinema in particolare. Molto ampia, infatti, è la filmografia che sceglie di ricordare l’atrocità del genocidio degli ebrei prima e durante la Seconda guerra mondiale. Alcune sono pellicole molto popolari, altre meno note ma che hanno riscosso un buon successo secondo la critica. Provenienti da differenti cinematografie, raccontano l’orrore in forma diversa ma tutte con grande profondità. Ecco una selezione di titoli da scoprire o rivedere.
Il Pianista (2002)
Pluripremiato film autobiografico (Palma d’oro a Cannes e 3 Oscar) tratto dal romanzo di Władysław Szpilman. Racconta quanto vissuto dal talentuoso e giovane pianista ebreo allo scoppio della Seconda guerra mondiale con l’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche e l’occupazione di Varsavia nel ’39. Dapprima rinchiuso nel ghetto insieme alla sua famiglia e a tutti gli altri ebrei della città, poi rimasto solo in seguito della deportazione nei lager dei suoi parenti, Wladyslaw è costretto a nascondersi per cercare di sopravvivere.
Il capolavoro di Polanski è una metafora sul potere salvifico dell’Arte capace di dare luce all’esistenza, anche nei momenti più bui. È ormai iconica l’immagine di un commovente Adrien Brody (che interpreta il pianista) che suona Chopin nel bel mezzo della guerra, sublimando il dolore in musica e trovando così la forza per resistere.
Jojo Rabbit (2019)
Favola moderna ambientata nella Germania nazista con protagonista il piccolo Jojo soprannominato Rabbit perché, integrato nella gioventù hitleriana, non era stato in grado di uccidere un coniglio. Fanatico nazista, interagisce con un amico immaginario, una proiezione surreale e infantile di Adolf Hitler (interpretato dallo stesso regista Taika Waititi). La madre, l’attrice Scarlett Johansson, è una dissidente che deve mantenere il segreto sulle sue attività clandestine, persino con suo figlio. Nasconde in casa una ragazzina ebrea con cui Jojo sarà costretto a convivere. La pellicola traspone fatti storici in maniera volutamente leggera con l’aggiunta di battute comiche, situazioni paradossali, una colonna sonora pop in contrasto agli eventi avvenuti nei giorni del crollo del Terzo Reich. Premio Oscar come miglior sceneggiatura non originale, il film è un inno alla resistenza, alla tolleranza e al rispetto verso l’altro.
La tregua (1996)
Ultimo film di Francesco Rosi tratto dall’omonimo romanzo di Primo Levi. Con John Turturro nei panni dello scrittore che racconta parte della sua vita: dalla liberazione di un gruppo di reduci italiani da Auschwitz ad opera dei Russi alla lunga odissea per raggiungere la propria patria. Per il protagonista è l’occasione di osservare con occhi nuovi la sorprendente realtà dell’Europa liberata dal nazismo e per riprendere contatto con sé stesso. Momenti di sconforto si alternano a quelli di riscoperta o a flashback in cui tornano alla mente i giorni terribili trascorsi al lager. Pur rimanendo molto fedele al testo, purtroppo non rende la poesia del libro e non sfrutta a pieno le potenzialità del linguaggio cinematografico. Resta, però, senza alcun dubbio, il valore di una testimonianza di umanità ritrovata dopo orrore e miseria. La fine del capitolo più oscuro della storia del Novecento.
Il figlio di Saul (2015)
Impone una riflessione su quanto sia difficile o quasi impossibile riuscire a comunicare l’orrore. Il protagonista è un membro del sonderkommando, il gruppo di prigionieri addetti ad assistere i boia nel massacro e alla pulizia dei crematori ad Auschwitz. Saul crede di riconoscere nel corpo di una giovane vittima il proprio figlio e vuol dargli sepoltura religiosa. Girato come se fosse un documentario, ma con una costruzione dell’impianto studiatissima che gli è valso il premio Oscar come miglior film straniero, è l’opera prima del giovane regista ungherese László Nemes, dotata di una rara forza espressiva. Se alcuni cineasti, come Steven Spielberg nel suo meraviglioso Schindler’s List (1993), hanno scelto la chiave della ricostruzione più sontuosa e simbolica dell’Olocausto, altri come Roberto Benigni con La vita è bella (1997) optano per trasformare il tragico in un gioco. Per Nemes invece non esiste fiaba, non esiste poesia, solo un film che è un pugno allo stomaco e che riesce ad andare oltre il tempo e il luogo della storia narrata.
#Anne Frank – Vite parallele (2019)
Un documentario di Sabina Fedeli e Anna Migotto realizzato a 90 anni dalla nascita di Anne, in cui storia, cinema e letteratura si intersecano. Procede su tre binari: da una parte le pagine del Diario lette da Helen Mirren a raccontare la breve vita di Anne; dall’altra le voci di alcune delle ultime testimonianze viventi come Arianna Szörenyi, Sarah Lichtsztejn-Montard, Helga Weiss e le sorelle Andra e Tatiana Bucci, al tempo adolescenti come Anne e sopravvissute all’Olocausto. E in ultimo c’è Katerine (l’attrice Martina Gatti), una ragazza dei giorni nostri in viaggio per l’Europa alla scoperta dei luoghi simbolo di Anne, che vuole conoscerne la storia e che parla allo spettatore attraverso il linguaggio dei social. Alle parole di grande modernità del diario, foto, immagini simbolo e racconti strazianti, si alternano interventi di storici e studiosi che riflettono sul tema dell’infanzia negata, il fil rouge dell’intera narrazione. Quel sogno di un futuro diverso strappato a milioni di bambini e giovani brutalmente uccisi.
Hannah Arendt (2012)
Hannah Arendt è la filosofa ebreo-tedesca che scappò dagli orrori della Germania nazista per rifugiarsi negli Stati Uniti con il marito Heinrich Blücher. Il film di Margarethe von Trotta si concentra sul periodo in cui la Arendt (interpretata da Barbara Sukowa) viene inviata dal New Yorker in Israele nel ‘61 per assistere al processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann. Costretta a fare i conti con i dolori del proprio passato, certa di trovarsi di fronte a un mostro in aula, la protagonista si sorprende di quanto Eichmann sia invece assai mediocre e insignificante, incapace di pensare in modo autonomo. La Arendt rifletterà così sul contrasto tra la limitatezza dell’individuo e la profonda malvagità delle sue azioni in 5 celebri articoli e con la pubblicazione del suo controverso libro. È interessante come la regista si avvalga di immagini di archivio in bianco e nero e non di un attore per il ruolo dell’imputato, convinta nell’impossibilità di rappresentare la “banalità del male”. Emerge poi l’affascinante figura di una donna e intellettuale che rivendica la libertà di pensiero, quello critico che si alimenta con le domande, lasciando spazio al dubbio. Una donna che crede che solo favorendo l’esercizio di un pensiero creativo, aperto a cooperazione e solidarietà, in contrasto con conformismi e totalitarismi, si potrà dare valore alla memoria intesa come strumento per migliorare presente e futuro.
Giornata della Memoria
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