Restituire alle vittime i loro nomi perché non vengano mai dimenticate. Le pietre d’inciampo ricordano coloro che non hanno fatto più ritorno dai campi di sterminio e costituiscono il più grande monumento dal basso alla loro memoria.
Recita il Talmud: “Si muore veramente quando il proprio nome viene dimenticato”. Le numerose pietre commemorative che vediamo sparse nelle città d’Europa hanno proprio questo fine: tramandare la memoria dei singoli, strappati alle loro esistenze e mai più tornati. Inghiottiti dalla violenza della persecuzione nazifascista in Europa.
Un progetto d’arte europeo
L’iniziativa nasce in Germania nel 1992 dall’idea di un artista, Gunter Demnig, con l’obiettivo di affidare al tessuto urbanistico e sociale europeo una memoria diffusa delle deportazioni nei lager. La prima pietra è posata a Colonia in ricordo del decreto del comandante delle SS Heinrich Himmler, che ordinava la deportazione di rom e sinti nel campo di Birkenau, in Polonia. Da allora Demnig, col suo progetto diffuso di arte monumentale dal basso, ha posato in Europa oltre 70.000 pietre, supervisionandone la creazione e l’installazione.
Una pietra, un nome, una storia
Le Stolpersteine (il loro nome in tedesco) sono piccoli blocchi di pietra incastonati nel selciato cittadino, davanti l’ultima abitazione della vittima. Sono ricoperte da una lastra in ottone che ne riporta il nome, la data di nascita e di cattura, il giorno della morte e la sua ultima destinazione. Questi piccoli massi (10 cm x 10 cm) esistono in 20 lingue e 24 Paesi. Nel 2017 arrivano fino in Argentina: la scuola Pestalozzi di Buenos Aires decide infatti di ospitarne una in onore delle centinaia di bambini ebrei tedeschi che vi trovarono rifugio in esilio.
“Ecco, io pongo in Sion una pietra d’inciampo…”
La Stolperstein onora tutte le vittime del regime nazista: ebrei, sinti, rom, disabili, dissidenti e chiunque fosse “non gradito” all’ideologia. L’inciampo cui si riferisce è di fatto emotivo e non fisico. Non si può non restare colpiti davanti alla quotidianità strappata simboleggiata dall’ultimo domicilio della vittima. E per il passante diventa impossibile proseguire senza fermarsi a riflettere su quanto sia accaduto in quel luogo e in quella data. L’appellativo prende il nome da un passo della lettera ai Romani di Paolo di Tarso (Romani 9:33) che recita: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’inciampo e un sasso che fa cadere, ma chi crede in Lui non sarà deluso».
Il monumento in Italia
In Rete è disponibile una mappa con le oltre 1.400 targhe sparse in 150 comuni del territorio italiano. Nel nostro Paese il progetto è stato introdotto per la prima volta a Roma nel 2010. Da allora è stato realizzato in 96 città italiane. L’elenco delle regioni che ne fanno parte comprende: Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino-Alto Adige, Veneto. Come riporta il sito del Ministero della Cultura, ogni cittadino può diventarne committente richiedendone l’installazione.
Una famiglia fra tutte
Il 28 gennaio 2010, in onore della Giornata della Memoria, il Comune di Roma colloca nel quartiere Monteverde le prime pietre d’inciampo. Sono poste davanti al palazzo nel quale vivevano i Terracina, in ricordo di questa famiglia di otto persone, di religione ebraica, denunciate nel 1944 e deportate. L’unico sopravvissuto tornato in Italia è Piero, all’epoca un adolescente. Il solo scampato allo sterminio di Auschwitz e testimone per la vita del dramma sofferto. L’arresto era avvenuto durante il ricongiungimento familiare per la Pesach ebraica del ’44, a causa del tradimento di un delatore. Un evento non così raro in quei giorni.
La coscienza della memoria
Le pietre restituiscono alle vittime i loro nomi contribuendo a rendere più visibili le atrocità commesse in nome di una ideologia folle. Contemporaneamente, mostrano che l’esclusione, l’espropriazione, la persecuzione e la prigionia sono avvenuti nei centri urbani, sotto gli occhi dei vicini. Dunque, era impossibile non sapere. I pochi elementi sulla superficie in ottone si ripropongono di restituire un’individualità a quanti – nel progetto nazista – dovevano essere ridotti ad un numero di matricola. E che oggi sono lì per ricordare l’importanza della memoria e per impedirci di inciampare di nuovo negli stessi errori.
Giornata della Memoria
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