Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voiPrimo Levi
10 gennaio 1946
Quelli riportati sono i 23 versi che aprono l’opera di Primo Levi “Se questo è un uomo”, pubblicata la prima volta nel 1947, a quasi due anni di distanza da quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono nei pressi della città polacca di Auschwitz scoprendo l’enorme campo di concentramento e sterminio utilizzato nel corso del genocidio nazista.
27 gennaio, la Giornata della Memoria
Era il 27 gennaio del 1945 quando i soldati russi aprirono i cancelli di un luogo che l’umanità non avrebbe mai dimenticato. Già pochi giorni prima del loro arrivo, i nazisti avevano iniziato ad abbandonare il campo, portando via alcuni prigionieri e cercando di cancellare le prove dello sterminio. Distrussero, ad esempio, uno dei più grandi simboli di quella folle ideologia: i forni crematori. Così, ciò che trovarono i soldati sovietici al loro arrivo furono circa 7.000 prigionieri allo stremo, malati e affamati. Un momento storico che venne documentato da riprese che ancora oggi non possono che colpire il cuore e lo stomaco.
Sessant’anni più tardi, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite decise di istituire simbolicamente in quella data la Giornata della Memoria per non dimenticare mai i milioni di morti dell’Olocausto. La follia della “soluzione finale” – come veniva chiamata dai leader del partito nazionalsocialista tedesco -, infatti, portò alla morte di 6 milioni di ebrei, 2 milioni di prigionieri russi, 2 milioni di polacchi non ebrei, 15mila omosessuali, 250mila disabili, 500mila tra rom e sinti e milioni di slavi, dissidenti e “indesiderati” tra cui oltre 8.000 italiani.
Le vittime di una follia
Di questi numeri drammatici, è ancora più doloroso dover ricordare l’oltre milione e mezzo di bambini e adolescenti che non fecero mai più ritorno a casa. Molti di loro erano ebrei strappati insieme alle famiglie dalle strade in cui passeggiavano, dalle stanze in cui dormivano, dalle scuole in cui studiavano. Relegati prima nei ghetti e poi rastrellati in direzione dei campi di concentramento. Davanti ad alcune delle loro porte, oggi è possibile trovare una pietra d’inciampo per chi non ha fatto ritorno: una piccola piastrella dorata per tutti coloro che non devono essere dimenticati.
I “Giusti tra le nazioni”
Così come non devono essere dimenticati i “Giusti”. Coloro che, pur non essendo ebrei, hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo. A loro è conferita, dal 1962, un’onorificenza dal Memoriale ufficiale di Israele e sulle case di alcuni dei Giusti romani è apposta la targa de “Il Civico Giusto”.
Tra i “Giusti” più famosi c’è senz’altro Oskar Schindler, imprenditore tedesco divenuto celebre grazie anche al film a lui dedicato e girato da Steven Spielberg. Ricordato per aver salvato più di 1000 ebrei dallo sterminio, Schindler utilizzò il pretesto di impiegarli come personale necessario allo sforzo bellico presso la sua fabbrica di utensili. La sua storia, come molte altre, vere o romanzate, sono state raccontate sui libri, in documentari e film che potessero tramandare di generazione in generazione un orrore che non deve ripetersi.
A volte la memoria non basta: la lotta all’antisemitismo, un impegno ancora attuale
Eppure, secondo un rapporto realizzato dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali, negli ultimi due anni sono stati rilevati numerosi episodi di antisemitismo in diversi Stati dell’Unione. Tra questi la Germania, che nel 2020 ha registrato 2531 casi di crimini a sfondo politico con un movente antisemita. Il numero più alto in Europa, tristemente seguito da Paesi Bassi (517) e Francia (339). Un problema che si ripresenta anche nel nostro Paese con 101 episodi identificati dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti di discriminazione (Oscad) sulla base di indagini condotte dalla Polizia di Stato o dall’Arma dei Carabinieri.
Alla luce di questi dati, rileggiamo allora i versi scritti da Levi. La poesia si intitola “Shemà”, che in ebraico significa “Ascolta”. Ascoltare, ricordare, denunciare. Sono le azioni che dovremmo compiere di fronte a quegli orrori che non dovrebbero più ripetersi.
Giornata della Memoria
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