I Giusti tra le nazioni sono coloro che hanno “detto no” alla follia nazista in nome dell’umanità. Il Civico Giusto vuole rendere tangibile il ruolo di chi ebbe il coraggio di non restare inerme, pur sapendo di rischiare la vita.
Alla base dei tronchi degli alberi che a Gerusalemme popolano il viale del Memoriale dello Yad Vashem si trovano numerose targhe che ricordano i Giusti tra le nazioni. Sono tutti coloro che – non ebrei – hanno agito a rischio della vita e senza interesse personale, per salvare anche un solo ebreo dalla persecuzione nazista. La scelta è simbolica, in quanto tradizionalmente l’albero indica il desiderio del ricordo eterno per una persona cara.
Può esistere una banalità del bene?
Il celebre titolo del libro di Hannah Arendt, La banalità del male, rievoca la ingiustificata “inconsapevolezza” con la quale le gerarchie naziste eseguivano gli ordini di morte. Parafrasando l’espressione si potrebbe ipotizzare l’esistenza di una antitetica banalità del bene, intendendo con ciò la capacità spontanea di riconoscere il suo contrario e di opporvisi. Una dote insita nel genere umano. Le azioni dei Giusti provano infatti che chiunque può assumersi una responsabilità personale e agire in difesa dei deboli.
Un simbolo, una storia, una città
Fabrizio Fantera è il figlio di Bruno, uno dei Giusti ricordati a Yad Vashem, che nascose in casa la famiglia Moscati – custodi della Sinagoga di Roma -, in fuga dopo il rastrellamento del ghetto. Un giorno ha un’intuizione: ricordare con una targa non solo suo padre, ma tutti coloro che rischiarono la vita per i perseguitati dai nazifascisti. L’idea si trasforma in progetto, nasce così Il Civico Giusto. Il “segno” del coraggio diventa una mattonella, opera dell’artista Dante Mortet, che rappresenta un carrubo, simbolo di solidarietà. L’obiettivo è “segnare e riconoscere” quelle case che, grazie al coraggio degli abitanti, in quegli anni per molti hanno rappresentato la salvezza.
Un progetto intergenerazionale
Ogni storia è raccontata attraverso un appassionante mini-documentario con le voci narranti di attori e cantanti. La ricostruzione delle vicende dei protagonisti e degli eventi che le hanno accompagnate, è affidata agli studenti della rete “Memorie. Roma: una città, mille storie”. La collaborazione, nata per coinvolgere i ragazzi, si svolge attraverso un percorso didattico tra le scuole e l’Università degli Studi Roma Tre. Il fine ultimo è la rappresentazione del bene alle generazioni più giovani.
Il tema della scelta
Afferma Paolo Masini, membro del museo della Liberazione di Roma e sostenitore del progetto, che “bisogna cambiare la prospettiva narrativa della Storia”. Spiega con chiarezza che non si può né si deve ignorare il male, ma che – più di tutto – è importante ricordare ai giovani che un’alternativa è sempre possibile. E che la scelta di voler o meno cambiare la società rimane sempre affidata alla coscienza del singolo.
La Roma dei Giusti
Sono molte le storie di coraggio recuperate dal progetto. Tra i Civici Giusti di Roma ce n’è uno in via Sacci, quartiere Parioli. Qui al numero 12 vivevano due famiglie: al piano terra Francesco Giordano con la moglie Camilla Laj e i tre figli e al primo piano Giorgio Laj e la moglie Stefania Giordano, anche loro con tre bambini. Dal novembre 1943 fino al 4 giugno 1944 ospitarono con coraggio i coniugi Soria, ebrei, creando un legame di fraterna amicizia. Chi passa in quella via può conoscere i dettagli della vicenda inquadrando con lo smartphone il QR code sulla targa.
Stessa via, destini diversi
Nella Storia il Male e il Bene si confrontano: si può scegliere di seguire l’uno o l’altro. E così nella stessa via si consumarono due destini diversi. A poca distanza dal villino-rifugio si trovava infatti la casa di Giorgio Conti, catturato e ucciso senza processo alle Fosse Ardeatine. Una pietra d’inciampo è lì oggi a ricordarlo e a ricordarci che nulla è casuale. “Crediamo – sostiene Civico Giusto – che inciampare nel bene sia necessario per rileggere la storia con altri occhi e guardare al futuro con valori diversi”.
Il “Civico Giusto” è anche in chiesa
Negli anni bui della guerra sono stati molti i sacerdoti che non si sono voltati dall’altra parte. L’ultima mattonella-simbolo è stata posata a Roma, il 20 gennaio scorso. I protagonisti della memoria sono don Adolfo Petriconi e don Parisio Curzi, parroco e viceparroco della chiesa del SS. Redentore. Negli anni ’40 hanno con coraggio nascosto diversi perseguitati politici proprio nei locali della loro chiesa. Per questo hanno sofferto il carcere duro, sfuggendo alla morte per un soffio. E questa è solo l’ultima di molte altre storie ancora in attesa di essere raccontate.
Giornata della Memoria
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