Grazie all’Earth Day, la Giornata della Terra, ogni anno si cerca di sensibilizzare più persone possibili ai problemi, attuali e pressanti, del nostro Pianeta. Per salvarlo servirà l’impegno di tutti e uno sforzo economico molto elevato
La Giornata della Terra, anche chiamata “Earth Day”, si tiene ogni anno il 22 aprile, circa un mese dopo l’equinozio di primavera, proprio quando vediamo la natura risvegliarsi dopo il lungo letargo invernale.
La nascita dell’Earth Day
Questa ricorrenza viene celebrata ogni anno, dal 1970, in primis dalle Nazioni Unite (ONU), e, secondo le stime, ormai mobilita puntualmente circa un miliardo di persone in tutto il mondo. Si tratta dell’evento “green” più partecipato al mondo e in molti Paesi la Giornata si inserisce all’interno di una intera settimana di manifestazioni. L’obiettivo è quello di sensibilizzare il più possibile l’opinione pubblica sulla protezione di madre Terra.
Dall’inquinamento atmosferico alla distruzione degli ecosistemi, dall’estinzione di specie animali e vegetali all’esaurimento delle risorse naturali: il filo conduttore è sempre la difesa del Pianeta. D’altronde meglio approfittarne: il nostro Pianeta non se la passa benissimo – vedi lo scioglimento dei ghiacciai, siccità e desertificazione, smog – e quindi più ci ricordiamo di proteggerla meglio è. Ma cosa sappiamo di questa ricorrenza che taglia il traguardo delle 52esima edizione?
Il contributo di Gaylord Nelson
L’Earth Day è stata un’idea americana, per la precisione è venuta al senatore democratico del Wisconsin, Gaylord Nelson. Era il 1969 e una fuoriuscita di greggio aveva ucciso decine di migliaia di uccelli, delfini e leoni marini, sollevando il “problema petrolio” che purtroppo ben conosciamo. Nel frattempo, l’opinione pubblica iniziò a interrogarsi anche sugli effetti dei pesticidi e, complice la pubblicazione del celebre libro Primavera silenziosa di Rachel Carson, si iniziò a parlare di malattie provocate dall’inquinamento.
Pure Nelson si pose tutti questi quesiti, maturando la convinzione che non poteva esserci sviluppo economico danneggiando la Terra. Una delle sue frasi era: «È l’economia che si deve adeguare alle regole della biodiversità, non il contrario». Così, dopo aver visto i risultati sortiti dalle proteste contro la Guerra del Vietnam, ha pensato di proporre alle persone di mobilitarsi per il Pianeta. L’anno dopo, a San Francisco, si celebrò la Prima Giornata della Terra. Piano piano l’evento si allargò alle varie città americane: l’eco della manifestazione si diffuse e così l’Earth Day divenne una Giornata internazionale.
La 52esima edizione della ricorrenza
Ogni edizione ha il suo tema e quello del 2022 è dedicato all’innovazione e agli investimenti per salvare la Terra: “Invest in our Planet”. Quest’anno, dopo tre anni in cui il Mondo è stato in balia del Covid-19, l’intento non è solo quello di sensibilizzare l’umanità affinché si prenda cura della natura e dell’ambiente, anche attraverso scelte più “green”, ma anche quello di agire per costruire città, Paesi, economie più “green” e quindi più eque. Al centro di questa Giornata Mondiale della Terra 2022 non c’è quindi solo la protezione e la sostenibilità ambientale, ma una vera e propria ripartenza, con investimenti per mitigare i danni inflitti dal cambiamento climatico in ogni ambito della società.
Salvare il Pianeta: i costi
Ma quanto “costa” salvare il Pianeta? Secondo il rapporto delle Nazioni Unite State of finance for Nature, è necessario un investimento totale in natura di 8,1 trilioni di dollari da qui al 2050, per affrontare con successo le crisi interconnesse di clima, biodiversità e degrado del suolo. Gli esperti delle Nazioni Unite avvertono che investire nella natura vuol dire sostenere la salute umana, animale e planetaria, e migliorare la qualità della vita creando posti di lavoro. Tuttavia, la natura attualmente non sembra ricoprire un ruolo centrale nel processo decisionale che sta delineando l’economia del futuro, poiché rappresenta solo il 2,5% della spesa per gli stimoli economici previsti per il post Covid-19. Però non serve sapere solo quanto investire, ma anche come farlo. E qui i campi di applicazione sono infiniti: territorio, energia, ricerca, turismo, produzione, distribuzione dei servizi. La frontiera ambientale non è una landa inesplorata, altri Paesi la stanno occupando, pezzo dopo pezzo, scoprendone le potenzialità. Sta a noi raccogliere il senso di questa sfida.
Francesca Santolini, giornalista scientifica, saggista, divulgatrice ambientale. Collabora con il quotidiano La Stampa, dove scrive di ambiente, clima e sostenibilità e con la trasmissione Unomattina in onda su Rai Uno, dove si occupa di ambiente. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche intervenendo sui temi d’attualità legati all’inquinamento e al clima. Per Marsilio ha scritto “Passio Verde. La sfida ecologista alla politica” (2010), mentre per la casa editrice Rubbettino “Un nuovo clima. Come l’Italia affronta la sfida climatica” (2015) e “Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno” (2019).
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