È un uomo cui va riconosciuto di certo un grande merito: essersi preso cura di un pezzo di storia dell’arte. Parliamo di Gilbert Vahé e di un giardino che non passa inosservato, quello di Monet. Lo stesso, per intenderci, che ha ispirato tante opere del noto pittore impressionista.
Un paradiso condiviso
Questa storia parte da lontano, quando Claude Monet (1840-1926) fece della sua personale residenza un autentico luogo di ispirazione. Ancora oggi il giardino, situato a Giverny, è uno dei luoghi sacri della pittura moderna. Lì, ogni anno, oltre 600mila persone si recano in visita pur di ammirare questo paesino della Normandia e assaporarne l’atmosfera lieve e sospesa che tanto ispirò l’artista francese. Ma affinché tutto ciò fosse possibile, l’intero complesso arboreo ha avuto bisogno di sapienti mani che, una volta all’opera, lo hanno riportato all’antico splendore. E le mani sapienti sono proprio quelle di Gilbert Vahé (nella foto a sinistra tratta da YouTube), grande paesaggista che, per quarant’anni, ne ha curato il volto.
Una famiglia numerosa e la storia di un giardino
Singolare e tutta da raccontare è la storia stessa del giardino che, nell’arco di due secoli, ha attraversato alterne vicende. Monet vi approdò nel 1883, 43enne e squattrinato, con una moglie – Alice Hoschedé – e due figli (più quelli di lei – sei – avuti da un precedente matrimonio).
Quando questo piccolo grande clan familiare arriva a Giverny, i Monet non possono che permettersi di stare in affitto e, perciò il giardino – grande passione del pittore – non può subire grandi trasformazioni dal momento che la casa rosa non è di loro proprietà. Ma la svolta arriva, imprevista e fulminea. Le quotazioni delle tele subiscono un’impennata e, in sette anni, il pittore acquista la proprietà di giardino e casa cominciando a tagliare pruni e meli che sostituirà con arbusti e fiori variopinti.
In cerca di ispirazione tra i suoi fiori
Il pittore (nella foto accanto) è in cerca di ispirazione e i fiori saranno suoi fedeli alleati. Una simbiosi tale da finire anche su uno dei maggiori quotidiani in circolazione, Le Figaro: «L’uomo che a Parigi sembra laconico e freddo – scrive Arsène Alexandre, nel 1901, critico d’arte – qui è completamente diverso: gentile, sereno, entusiasta. Quando un motivo lo porta nei territori dei boulevards, ha un sorriso che prende una piega ironica o sarcastica. Nel suo giardino, emana benevolenza. Per mesi e mesi, l’artista si dimentica dell’esistenza di Parigi: gladioli e dalie lo sostengono con la loro raffinatezza».
L’oblio e il riscatto grazie all’opera di Gilbert Vahé
Ma quando l’artista muore, nel 1926, a Giverny, il giardino finisce purtroppo nel più totale abbandono. Fino alla riapertura, avvenuta nel 1980 proprio sotto la guida e l’opera di Gilbert Vahé. Accanto è possibile vedere la video-intervista che The Great Big Story, azienda produttrice di micro-documentari, ha fatto al giardiniere che ha riscattato questo angolo di storia e di arte dimenticato per cinquant’anni.
«Pensavo di restare per tre o quattro anni», ha commentato Vahé e invece ci è rimasto per quaranta, fino all’avvicendamento con un altro artista del verde: James Priest.
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