Wally Gigante Waddell.
E’ nata a Ronchis (Ud), ma ha vissuto in Francia, Inghilterra e Canada. Ha preso il diploma di infermiera a Londra specializzandosi poi in psichiatria e pediatria. Ha studiato amministrazione ospedaliera, corso di laurea breve, alla London University nell’Ontario (Canada). Ora vive a Lignano Sabbiadoro (Ud). Ha pubblicato un libro di poesie “Alla foce del fiume”, un libro di racconti: “Oltre i granelli dorati” e un romanzo: “Suspir dell’anima”. Al Concorso 50&Più del 2005 è stata premiata con la Menzione speciale della giuria per la prosa, nel 2007 ha vinto la Farfalla d’oro per la poesia, nel 2011 la Farfalla d’oro per la prosa, nel 2012 la Segnalazione della giuria per la prosa e nel 2016 la Segnalazione della giuria per la poesia. Vive a Lignano Sabbiadoro (Ud).
La grande sfera rossa del sole al tramonto si specchia sul fiume affogando gli ultimi raggi infuocati lasciando una scia che respira appena.
La casa rurale con di fronte la stalla ormai vuota ha il focolare acceso. Un grande paiolo appeso alla catena dell’alare sta scaldando acqua per un evento eccezionale un parto.
In una delle stanze superiori c’è calpestio porte che si aprono e si chiudono. Una donna poco più che bambina è in travaglio la levatrice deve arrivare a momenti.
Un parto senza complicazioni il nascituro una femminuccia è entrata nel mondo quasi scivolando con brevi vagiti allargando le piccole braccia alla zia che la stava accogliendo. La madre sollevata dall’incomodo ospite aveva girato la testa e non voleva guardarla.
Un parto clandestino la madre non era sposata e questo non era bene accettato anche se in tempi di guerra le madri “single” non facessero più tanto scandalo.
Attendevano il ritorno dalla guerra dei loro amati per regolarizzare.
La zia mentre puliva la neonata aveva la fronte aggrottata sul viso sbiadito come una vecchia fotografia pensava: “Povera piccola è arrivata in un momento travagliato il padre in guerra la madre che la rifiuta; speriamo che sia abbastanza forte per sopportare le angustie che troverà sul suo cammino”. La zia la osservava con pena. Era una bella bimba il corpicino perfetto pochi capelli biondi un visetto rotondo sembrava un Gesù Bambino.
Seduta sul pavimento della sua camera la bimba giocava. L’avevano chiamata Alba un nome luminoso come il visetto innocente.
Sentiva la madre cantare nella stanza attigua cantava spesso aveva una bella voce e sapeva modularla.
La nonna attraversò la stanza senza far rumore; sospirava pensava alla guerra dove tanta gioventù perdeva la vita ogni giorno. Alba vedeva la nonna piangere per lei a quattro anni la parola “guerra” era solo una parola. La nonna aveva sempre gli occhi arrossati quindi quella parola doveva essere qualcosa di brutto.
Giocava distrattamente Alba, faceva delle pile con dei libri come una torre poi con mossa brusca le distruggeva con rabbia.
Sua madre si rivolgeva a lei solo per rimproverarla, provava rancore verso quella bambina che doveva trascinarsi dietro: “Stai zitta vuoi alzare la testa quando ti parlo? La bambina la bambina sacrificarsi per la bambina”.
A 10 anni Alba incominciò ad amare la sua solitudine. Passava lunghe ore nella lettura i libri la liberavano dalla sua realtà: Giulietta e Romeo Piccolo Mondo Antico libri che prendeva a prestito dalla biblioteca dell’asilo comunale; le suore l’accoglievano con gentilezza.
A scuola la maestra l’aveva presa in simpatia. Si era accorta che Alba soffriva di un travaglio interiore ma era troppo orgogliosa per raccontare le sue pene.
Adesso la madre non era mai in casa passava notti intere fuori dove poteva mai andare?
La nonna non camminava quasi più piano piano si stava estraniando dal mondo. Alba poteva andare e venire senza dover chiedere a nessuno.
Si era fatta delle amiche una l’amica del cuore le pettinava i lunghi capelli biondi in strette trecce che duravano dei giorni; le piaceva sentire le sue mani in testa erano momenti sereni. Si teneva lontana dall’esistenza della madre non le era difficile lei aveva altri ritmi di vita. Dentro di sé si rivolgeva a “Lei” invece di “Mamma” allora un rigurgito di fiele e di dolore le saliva dall’anima. Nascondeva il suo mondo interiore l’angoscia che le stringeva il cuore. Recuperava la serenità con lunghe camminate sopra l’argine del fiume.
Un giorno affacciata alla finestra della sua camera vide gruppi di persone dirigersi verso il fiume che chiudeva la strada dove lei abitava. Incuriosita vi si accodò. Si arrampicò sull’argine dove diverse persone stavano guardando giù verso il fiume. Vide il corpo di una donna adagiata di lato sul greto sabbioso: la guancia lambita da piccole onde un braccio piegato al gomito l’altro lungo il corpo. Vista dall’alto sembrava dormire. Alba non fu scioccata dalla vista. “Essere cullati dalle onde depositata dolcemente sulla riva”, pensava. Guardava i capelli fluttuanti la gonna sollevata sopra le ginocchia ai suoi occhi la visione era romantica come certe eroine protagoniste dei suoi romanzi. Rimase a fissarla fino a quando un carro trascinato da due buoi venne a rimuovere il corpo.
Un giorno di un rigido inverno e in casa la credenza era vuota sua madre se la prese con Alba perché non aveva acceso il fuoco e riordinato la casa: “ Piccola disgraziata ingrata sei un stupida”, sbraitava il volto contratto dalla collera si avvicinò al suo e lei vide brillare gli occhi dilatati dall’ira.
Alba taceva ma il suo cuore batteva forte: “non mi ha mai amata” pensava “le sono utile come una serva”.
Aveva 11 anni. La madre le ordinava di alzarsi all’alba per andare alla latteria comunale prima che la distribuzione del latte finisse. Rientrando doveva farlo bollire accendendo il fuoco con rami secchi portare un scodella fumante alla madre ancora a letto poi andare a scuola.
Un senso di rivolta si stava insinuando nella sua giovane anima ma obbediva perché la madre sapeva menare le mani. I suoi occhi freddi non si rivolgevano mai benevolmente a lei solo per ordinarle qualcosa da fare per rimbrottarla oppure la ignorava.
Un’infanzia infelice non è solo un periodo di vita ma condiziona la vita intera.
La guerra era finita ma il padre non era tornato. Forse disperso fatto prigioniero morto in battaglia chissà. Alba era troppo giovane per richiedere delle ricerche i nonni erano morti alla madre andava bene così.
Le sue camminate la portavano spesso lungo l’argine del fiume che quel giorno scorreva con piccole vibrazioni seminando dei diamanti. Trovava le vacanze scolastiche lunghe. In quel luglio afoso le sue amiche aiutavano i genitori nei campi o in casa e lei non osava andarle a cercare.
Camminava il cielo inondato di luce l’argine si snodava seguendo le curve del fiume. Alba aveva pensieri fragili come i sogni. “Mi racconto una fiaba per allietare la mia giornata” si disse.
“Dove vai Lumina dritta dritta senza guardare né a destra né a sinistra trascinando la tua casetta?”.
La chiocciola rispose: “Sono invitata da Cocita su un bel letto d’insalata. Ho fretta quando il sole beve la rugiada mi è difficile scivolare”.
Due cince allegre litigavano con grande foga su un ramo d’acero sembravano due comari arrabbiate. Una cutrettola si mosse rapida all’avvicinarsi di Alba.
Camminava Alba e i piccoli animaletti animavano i suoi passi.
“Come è bello il mondo animato da tante piccole creature”, si disse in un pomeriggio inondato di luce. Alba era felice.