Editoriale
di Maria Laura Rondini – Direttore Editoriale 50&Più
Emile Ratelband è un signore olandese di 69 anni. Potrebbe essere lui il primo cittadino europeo (e al mondo) al quale viene riconosciuto il diritto a un abbassamento, ufficialmente registrato, dell’età, non più anagrafica, ma considerata piuttosto su basi biologiche.
In questo modo Emile, che dopo una serie di check up completi si è visto attribuire dai medici un’età biologica di 45 anni, conta di poter tornare ad essere cittadino “a tutti gli effetti”, quindi di potersi comperare una casa o un’autovettura, senza dover subire discriminazioni legate proprio all’età.
Ha quindi inoltrato domanda al tribunale di Arnhem, in Olanda, che in prima istanza ha però rigettato la richiesta, per avere rettificata, con l’indicazione di 49 anni, la sua carta d’identità. Per ottenere questo riconoscimento si è detto disposto a rinunciare (naturalmente) alla pensione. Questa vera e propria provocazione di Ratelband trova comunque riprova in numerosi studi. Dal recente Congresso della Società italiana di geriatria e gerontologia (Sigg), ad esempio, arriva la conferma che oggi si diventa anziani più tardi, a 75 anni, anziché a 65.
Ormai, dicono i medici, un 65enne ha la forma fisica e cognitiva di un 50enne di trent’anni fa. Insomma la questione, anzi la posta in gioco, è se l’età sia solo una indicazione del tempo vissuto, o l’automatica descrizione di che persona si è diventati.
È evidente che se mai dovesse essere accettato il principio per cui l’età non comporta automaticamente l’accesso o l’uscita da una serie di “categorie di cittadinanza”, si produrrebbe una vera e propria rivoluzione sociale: a 18 anni si diventa maggiorenni e questo permette ad esempio di votare, prendere la patente automobilistica, rispondere pienamente in giudizio delle proprie azioni; occorrerebbe valutare la maturità di questi nuovi adulti: riportare la maggiore età ai “vecchi” 21 anni e per qualcuno, più maturo, a 16? Insomma l’età è lo strumento usato per rendere automatici molti passaggi della nostra vita sociale.
Scardinare questi riferimenti numerici e sostituirli con valutazioni qualitative non sarà per nulla facile per quanto sia sempre più necessario cancellare inaccettabili pregiudizi e stereotipi legati all’età. Nell’attesa, anche dell’esito del ricorso del signor Ratelband, sono molti coloro che in cuor proprio hanno festeggiato la notizia riportata con notevole clamore, da giornali e televisione, dello spostamento “in avanti” di dieci anni dell’ingresso nell’età anziana.
Quando si dice che il tempo è galantuomo!
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