Con Federico Capeci, CEO di Kantar e autore del libro “Generazioni”, parliamo di chi siamo, cosa vogliamo diventare e come possiamo affrontare i cambiamenti della società
Cosa hanno in comune nonna Tina, 82 anni, accogliente e paziente, e suo nipote Tommaso, 20 anni, sempre in movimento su TikTok? Perché Andrea, 61 anni, non perde occasione per fare la predica a Riccardo, 37 anni, con cui condivide l’ufficio ormai da 6 anni, ma gli affida i progetti più importanti perché sa che può fidarsi delle sue scelte? Non è strano che Mario, 72 anni, e Fabiana, 45 anni, padre e figlia, condividano la stessa passione per il bio? Ieri a cena il mio piccolo Matteo mi ha chiesto: «Papà, risolveremo le malattie degli altri?». È normale, a 4 anni, farsi queste domande?
Nel nostro Paese convivono e si confrontano cinque generazioni. La Silent Generation degli over 75, i Baby Boomer sopra i 55 anni, la Generazione X degli Anni ’80 e ’90, i Post Millennial (Millennial e Generazione Z) nati nei primi Anni 2000, la Generazione Alpha dei più piccoli. Ad analizzarle Federico Capeci (nella pagina precedente, foto in alto a sinistra), CEO della divisione Insights per Italia, Grecia e Israele di Kantar, network di ricerche di mercato leader nel mondo, che da anni segue i nuovi trend sociali e digitali. Per FrancoAngeli ha scritto Generazioni.
Dottor Capeci, le generazioni non sono solo questione di età, ma di rivoluzioni. Perché?
Perché una generazione nasce nel momento in cui un gruppo di ragazzi in adolescenza, quindi nel momento di massima crescita personale e sociale, viene attraversato da una serie di eventi culturali, sociali, tecnologici, economici che, vissuti in quell’età particolare, finiscono per creare una nuova mentalità. Sono gli stessi eventi che noi tutti viviamo, come la pandemia, ma che hanno un effetto diverso sugli adolescenti che sono alla ricerca di indipendenza. Quindi, attraverso l’emancipazione dalle scelte dei propri genitori, vivono questi eventi come un’occasione per acquisire una nuova visione del mondo. Questo è il concetto di generazione.
Siamo dunque destinati a crescere seguendo la strada dei nonni, ribellandoci ai genitori, confrontandoci con i coetanei, educando i figli a valori che poi, a loro volta, vorranno cambiare?
Ogni generazione crea la successiva con l’obiettivo inconscio di “distruggersi” e di passare il testimone. Generiamo ed educhiamo i nostri figli nella logica di enfatizzare quello che non abbiamo avuto e che abbiamo sempre voluto avere. Perché ci sembrano la più naturale evoluzione del nostro mondo. Ma, nello stesso tempo, li viviamo con un certo antagonismo perché sono loro che, costruendo una nuova visione del mondo, distruggeranno il nostro. Siamo destinati quindi sicuramente a questo tipo di collisione. Ma se comprendiamo nel profondo come sia una dinamica naturale della nostra società, ciascuno di noi sarà pronto a mettere a disposizione i propri valori per costruire il futuro.
Il dialogo fra piccoli, giovani, adulti, anziani è quindi la strada della crescita socio-economica. Ma è sempre percorribile?
Si, se non si traduce in “passaggio” ma in “sinergia” generazionale. Il passaggio generazionale è infatti un gravissimo errore. Porta la relazione fra generazioni ad essere non un conflitto – che a mio avviso è utile e auspicabile – ma una collisione che diventa distruzione. Invece, ogni generazione può collaborare a creare qualcosa di diverso, perché le generazioni più adulte oggi hanno potere, denaro, know-how, però le generazioni più giovani hanno la capacità di vedere il cambiamento. Dunque, gli adulti e gli anziani possono generare il contesto affinché il nuovo pensiero dei giovani si possa attuare. La generazione è sempre un gioco di squadra.
Uno sguardo al futuro. La pandemia sarà una nuova rivoluzione per le generazioni?
Sicuramente si acuirà in maniera importante il rischio di collisione fra le generazioni. La pandemia purtroppo ci è stata raccontata anche in senso anagrafico, a mio avviso in modo sbagliato, quasi come fosse colpa dei ragazzi la circolazione del virus o fosse colpa degli anziani il fatto di dover stare attenti. Un grave problema, perché si continua a riproporre uno schema di opposizione che invece non è indicativo delle cose che si possono fare insieme.
Con quali effetti sulla prossima generazione?
Il decennio 2020-2030 è quello in cui si formerà la nuova Generazione Alpha. Dipende da tutti noi quello che vogliamo comunicare. Kantar ha già rilevato che la famiglia è diventata il valore principale degli adolescenti di oggi ed è una cosa bellissima, ma non se questo primato si accompagna ad un senso di chiusura e di paura verso l’altro o la comunità. Si rischia così di frustrare quello spirito che questa generazione può avere nella ricostruzione sociale prima ancora che economica del nostro Paese. Nel momento in cui ci troviamo molto a nostro agio nella nostra famiglia, nella nostra casa, nel nostro quartiere, non pensiamo che ci sono invece dei grandi progetti che possiamo realizzare per tutti. Invece, i giovani devono essere spinti a pensare a questi grandi progetti. E proprio le altre generazioni che in questo momento sono genitori e nonni hanno un ruolo chiave in questa spinta propulsiva.
Fra storia, valori, parole
La Silent Generation è la generazione della ricostruzione italiana, dalla metà degli Anni ’40 alla nascita della Repubblica. Per descriverla con una parola chiave, Federico Capeci sceglie “sistemare”.
La seconda in ordine cronologico è la generazione dei Baby Boomer, quelli del miracolo italiano, del Sessantotto e dei grandi ideali. Parola chiave: “miglioramento”.
C’è poi la Generazione X degli Anni ’80 e ’90, quindi delle grandi opposizioni fra Usa e Russia, dei muri ma anche di tangentopoli. È una generazione cresciuta in un momento in cui era chiaro che cosa non sarebbe più stata la nostra società, quindi la prima Repubblica, ma che non ha potuto maturare una certezza su quello che invece poi sarebbe diventata. È la generazione del desiderio, dell’ambizione.
I Post Millennial dei decenni 2000 e 2010, composta dai Millennial e dalla Generazione Z di cui oggi si parla moltissimo, sono i giovani dai 15 ai 35 anni. La generazione del digitale e dei social media, del mondo collaborativo ma anche del mondo della grande crisi economica partita con il crack di Lehman Brothers e oggi purtroppo ritrovata con la crisi sociale e sanitaria della pandemia. Parola chiave: “visione”.
E i più piccoli? Tecnicamente non sono ancora una generazione, ma possiamo già dar loro un nome: saranno la Generazione Alpha. È già in costruzione, sotto l’impatto della pandemia. La parola chiave per questi ragazzi sarà “benessere”.
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