Licia ed Emanuele, nonna e nipote, raccontano l’anzianità attraverso i social un podcast e un blog. Per la Bbc, lei è una delle 100 donne più influenti al mondo. La loro storia in un’intervista doppia rilasciata a 50&Più.
Quando, nel 2008, Licia Fertz è rimasta vedova lo sconforto ha preso il sopravvento. Suo nipote Emanuele, cercando di rallegrarla, ha tentato di tutto. A un certo punto le ha chiesto di mettersi in posa e di lasciarsi scattare qualche foto per provare la sua nuova macchina fotografica. Nel giro di poco tempo, con un profilo Instagram di oltre 250mila follower, Licia Fertz – 93 anni – è diventata una star del web. Lei ed Emanuele, oggi 38enne, raccontano l’anzianità avvalendosi di uno strumento – quello dei social – spesso, appannaggio dei più giovani. Hanno aperto un blog e ideato un podcast: con ‘Buongiorno nonna’ e ‘La bambina ha 90 anni’, Licia e suo nipote offrono una narrazione diversa dell’età anziana. Li abbiamo incontrati.
Licia Fertz
Cosa sono i social per lei?
Uno strumento bellissimo, mi aiutano tanto e mi fanno stare a contatto con persone di tutto il mondo. In tanti, mi scrivono, mi seguono, mi danno affetto e io li ringrazio e ricambio. Entrare a contatto con i social mi ha aiutato a combattere la solitudine.
Quando ha capito di essere diventata un’influencer?
L’ho capito quando tante persone hanno cominciato a seguirmi, a chiedermi di posare per alcuni scatti, a farmi tante domande, a volermi intervistare. E arrivavano richieste da tutto il mondo! Mi sono un po’ entusiasmata e mi sono sempre prestata con grande gioia.
Nel 2023 la Bbc l’ha inserita nella lista delle 100 donne più influenti: qual è il suo segreto?
A mio avviso le caratteristiche che mi hanno permesso di essere in questa lista sono la mia spontaneità, la mia semplicità e il mio dire sempre la verità anche sui social. Senza che nulla sembri artefatto e costruito.
Attraverso social e podcast racconta l’anzianità da una prospettiva ottimista. Come costruisce le sue narrazioni?
Tutto si basa sulla spontaneità. Si inizia al mattino con quello che vorrei fare, vorrei mangiare o seguire. La cosa più bella è proprio il fatto che essendo sinceri non si deve recitare una parte. Racconto un’anzianità da una prospettiva ottimista perché è così che la vivo. La mattina mi alzo e chiedo a Google le informazioni meteo per la giornata, poi faccio meditazione e mi aiuta: mi sento più buona, più serena e che posso essere di aiuto alle persone. Poi faccio colazione e mi metto a tavolino con Emanuele, che mi aiuta tanto. Insieme organizziamo la giornata in base alle mie esigenze e ai miei gusti e intanto ci informiamo su quello che accade nel mondo. Mi realizzo più che posso: sono anziana, ma mi piace seguire tutto e andare dappertutto.
Cos’ha significato diventare anziana, ricevere supporto da suo nipote e raccontarlo sui social?
Per me l’anzianità è una tappa bellissima, è un traguardo essere arrivata fin qui. Certo, senza Emanuele sarebbe impossibile poter fare tutto questo, ma se si pensa alla vecchiaia come una malattia non si farà altro che viverla in questo modo. È importante avere sempre nuovi obiettivi e nuovi traguardi da raggiungere. Viaggiare, conoscere altra gente, comunicare con il prossimo mi dà tanta emozione. Recentemente ho preso l’aereo con mio nipote per la prima volta e sono andata in Sicilia. È un ricordo così bello che a volte lo sogno. Non avrei mai pensato di vivere tutte queste emozioni alla mia età, ma se si ha la fortuna di avere caregiver presenti e amorevoli e lo spirito giusto, allora è possibile. È un grande regalo poter raccontare la mia visione dell’anzianità ai miei coetanei, e aiutare chi si prende cura di nonni o genitori grazie ai social.
Cosa sono i social per lei?
Una grandissima incognita: il 2024 è iniziato facendo capire quanto sia potente il cambiamento in corso. Stiamo assistendo a un bisogno disperato di ridefinizione dei social, in cui ognuno può e deve fare la sua parte. Quando ho iniziato questo lavoro, Instagram era uno spazio creativo ma ora è il social dell’omologazione, in cui si reclama il bisogno di una spontaneità che, tuttavia, risulta artefatta. Rifletto da tempo sul mio lavoro con i social e sull’eventuale permanenza futura analizzando benefici e “danni”. Quando siamo con amici trascorriamo il tempo sullo smartphone, tentiamo disperatamente di raggiungere modelli irrealizzabili veicolati dai social e abbiamo una soglia dell’attenzione sempre più scarsa. Sono felice dell’approccio che ho utilizzato fino ad ora e del contributo che posso aver portato, ma inizio a chiedermi come andrà. Forse “sopravviverà” solo chi ha davvero qualcosa da comunicare.
Emanuele Usai
Quando ha capito che lei e sua nonna siete diventati influencer?
Credo che si diventi influencer quando l’impegno diventa un lavoro a tempo pieno. A noi è successo in seguito a un servizio del programma tv Le iene: in una notte abbiamo guadagnato più di 50mila follower. Subito dopo hanno iniziato a contattarci aziende per chiedere di collaborare, giornali per interviste e tanto altro. Lì ho iniziato a capire che mia nonna era diventata una influencer e io con lei, ma ho capito anche che – con ciò che pubblicavamo – potevamo comunicare delle cose e cambiare la tendenza di temi fino a quel momento dimenticati.
Nel 2023 la Bbc ha inserito sua nonna nella lista delle 100 donne più influenti: qual è il suo segreto?
L’anno scorso ho ricevuto un messaggio su Instagram di una giornalista della Bbc che mi diceva che avrebbe voluto inserire mia nonna nella lista delle 100 donne più influenti. Incredulo, ho cercato in rete il nome della giornalista e la parola “scam” (“truffa” in inglese, ndr) perché non credevo fosse vero. Quando poi ho ricevuto la mail ufficiale ho iniziato a capire che era vero e ancora oggi stento a credere a tutte le pieghe inaspettate e bellissime che sta prendendo il nostro progetto.
Attraverso social e podcast racconta l’anzianità da una prospettiva ottimista. Come costruisce le sue narrazioni?
Le narrazioni iniziano sempre dall’esperienza personale e, nel mio caso, dal ruolo di caregiver. Ho un carattere ottimista e sono convinto che per ogni problema esistano più soluzioni. Per questo propongo ciò che è stato utile per me e racconto la nostra quotidianità partendo da stimoli del momento, da battute di mia nonna e dalla nostra spontaneità.
Ci racconti cos’ha significato per lei diventare un caregiver e raccontarlo sui social?
Ha significato trovare un equilibrio e stare bene con me stesso restituendo l’amore ricevuto. Ho perso mia mamma (figlia di Licia, ndr) all’età di 4 anni e mezzo e questo desiderio è sempre stato forte. Non ho mai voluto che i miei nonni si trasferissero in una struttura o che qualcun altro si prendesse cura di loro. Raccontarlo sui social per me significa “colorare” il tema della cura degli anziani. In Italia, quando si parla di anziani, di salute e di cura spesso si tende a utilizzare colori cupi e scuri quasi a richiamare sottotesti come la tristezza e la malinconia, mentre all’estero non è così. Essere sui social permette ad altri caregiver di vedere che non sono soli, dà la possibilità a mia nonna di ridisegnare la sua idea di vecchiaia e rompe lo stereotipo del caregiver donna, mostrando come anche gli uomini possano fare la loro parte.
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