In Italia il gender gap non accenna a diminuire. Le donne guadagnano in media il 20% in meno degli uomini (ma sono più istruite), hanno lavori più precari e “l’onere” della maternità. Il rifinanziamento del Reddito di libertà per le vittime di violenza domestica
Il gender gap permane nel panorama italiano, sia nell’ambito professionale, che familiare e sociale. E questo nonostante la popolazione femminile (51,1%) superi quella maschile (48,9%) e abbia una speranza di vita maggiore. Lo scenario emerge dal Rendiconto di Genere, presentato a Roma dall’INPS, che fornisce i dati sulla presenza della donna nel mondo del lavoro, nei percorsi di studio, sui livelli salariali e pensionistici. Ma anche sugli strumenti di supporto per l’assistenza familiare e sulla violenza di genere. L’INPS avverte: nonostante i passi in avanti per superare le discriminazioni di genere, è necessario un intervento su più fronti. Dal mondo del lavoro ai modelli organizzativi, dai servizi pubblici alla cultura e alla famiglia.
Lavoro femminile: precarietà e part-time
Il mondo del lavoro ha restituito una prospettiva preoccupante. Nel 2023, il tasso di impiego femminile in Italia si è attestato al 52,5%, a fronte del 70,4% degli uomini, evidenziando una notevole differenza di genere pari a 17,9 punti percentuali. Inoltre, le assunzioni di donne hanno rappresentato solo il 42,3% del totale. Il gender gap si manifesta anche nella precarietà lavorativa che colpisce maggiormente le donne, con solo il 18% delle assunzioni femminili a tempo indeterminato, rispetto al 22,6% degli uomini. Le donne con contratto part-time rappresentano il 64,4% del totale, e anche il part-time involontario è prevalentemente femminile, con il 15,6% delle lavoratrici coinvolte, rispetto al 5,1% degli uomini.
L’istruzione non basta: donne laureate, ma stipendi e carriere inferiori
Il divario retributivo di genere rimane una questione critica, con le donne che guadagnano oltre venti punti percentuali in meno rispetto agli uomini. In particolare, nei principali settori economici, la differenza è del 20% nelle attività manifatturiere, del 23,7% nel commercio, del 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione, e del 32,1% nelle attività finanziarie, assicurative e dei servizi alle imprese. Solo il 21,1% dei dirigenti sono donne, mentre tra i quadri il genere femminile rappresenta solo il 32,4%. Questo nonostante il gap nell’istruzione: le donne superano gli uomini tra i diplomati (52,6%) e tra i laureati (59,9%). Ma questa superiorità nel percorso di studi non si traduce in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro.
Le politiche di supporto sociale non frenano il gender gap
La maggior parte del lavoro di assistenza familiare resta appannaggio delle donne. Nel 2023, le giornate di congedo parentale utilizzate dalle donne sono state 14,4 milioni, rispetto ai soli 2,1 milioni degli uomini. L’offerta di asili nido rimane insufficiente, con solo l’Umbria, l’Emilia-Romagna e la Valle d’Aosta che raggiungono o si avvicinano all’obiettivo dei 45 posti nido per 100 bambini di età compresa tra 0 e 2 anni. Rispetto al congedo di maternità, coperto da INPS all’80%, per quello di paternità la copertura viene garantita dall’Istituto nella sua totalità. I congedi di paternità sono richiesti maggiormente nella fascia di età 35-44, mentre quelli di maternità in quella 25-34. Nel 2023 Le donne hanno usufruito di 14.441.895 giornate di congedo parentale rispetto alle 2.166.761 degli uomini.
La violenza di genere è ancora una problematica sociale grave e diffusa
Le denunce per violenza di genere sono aumentate, evidenziando un problema ancora radicato. in generale, che l’incidenza delle vittime di sesso femminile rimane elevata per tutte le tipologie di reati. Con percentuali che raggiungono anche il 91% per le violenze sessuali. Il Reddito di Libertà, erogato dall’INPS alle donne vittime di violenza domestica, nel 2021 ha coinvolto 2.418 donne. Mentre negli anni successivi, a causa della mancanza di risorse, i trattamenti sono stati confermati solo nelle regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia (circa 233 in totale nel 2023) grazie a finanziamenti regionali. Recentemente è stato approvato un decreto che ha sbloccato 30 milioni di euro per il triennio 2024-2026, destinati al Reddito di Libertà. Questo rifinanziamento ha permesso di aumentare il contributo mensile da 400 a 500 euro e di soddisfare le richieste del 2024 rimaste in sospeso per mancanza di fondi.
Il gender gap pensionistico
Anche qui persiste il gender gap. Sebbene le donne siano più numerose tra i beneficiari, con 7,9 milioni di pensionate rispetto ai 7,3 milioni di pensionati, persistono notevoli differenze negli importi erogati. Nel settore privato, gli importi medi delle pensioni di anzianità/anticipate e di invalidità per le donne sono inferiori rispettivamente del 25,5% e del 32% rispetto a quelli degli uomini, mentre per le pensioni di vecchiaia il divario raggiunge il 44,1%. Questi dati riflettono la condizione di svantaggio delle donne nel mercato del lavoro. Il numero limitato di donne che beneficiano della pensione di anzianità/anticipata (solo il 27% tra i dipendenti privati e il 24,5% tra i lavoratori autonomi) evidenzia le difficoltà delle donne a raggiungere i requisiti contributivi elevati previsti, a causa della discontinuità del loro percorso professionale.
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