Gemma Ferro. È nata a Torino e vive a Pietra Ligure (SV). Da sempre appassionata di poesia ha partecipato a diversi concorsi regionali ricevendo vari riconoscimenti dalla Proloco di Vinovo, Revigliasco, Moncalieri, Chiavari e Chivasso. In seguito, si è fatta apprezzare anche in concorsi nazionali ricevendo il primo premio Nazionale per l’Ambiente da un editoriale di Roma per la poesia “La montagna ferita”. Partecipa al Concorso 50&Più per la quinta volta; nel 2021 ha vinto la Farfalla d’oro per la poesia e ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la prosa.
Sarà poi vero? Intendo riferirmi al dire che i gatti hanno sette vite.
L’unica cosa sarebbe osservarli oppure domandarlo a loro.
“Eccomi qua! Curiosona!”. Però non dirmi che ti annoio, se vuoi sapere devi avere pazienza. Intesi?”
“Due mani mi hanno aiutata a venir fuori da quel buio dove mi sentivo stretta tra i miei due fratelli. Una piacevole carezza ruvida mi liscia il pelo bagnato.
Quando poi riesco ad aprire gli occhi vedo… qual è la mia mamma? Quella nera che mi lecca oppure quella grande che mi ha tirata fuori? Forse ne ho due.
Il sole che brilla sul lago di Trevignano guarda curioso le mie divertenti scorribande sulla vite per acchiappare i passerotti che mi snobbano. Però sono felice di questa mia vita.
Poi … un trambusto. Mi cacciano in un trasportino e … si parte. Per dove? A Roma ritrovo il mio amico sole che vede crogiolarmi su di un grande terrazzo dopo aver corso inutilmente dietro ad un topolino. Che bella vita! Fin che dura.
Ancora trambusto, ancora il trasportino (ma la mia seconda mamma non aveva detto che la veterinaria aveva completato le vaccinazioni? Pazienza. È da un bel po’ che stiamo viaggiando, la veterinaria avrà cambiato studio?). Rassegnata mi appisolo. Al risveglio c’è un sentore diverso, l’aria è più fresca, cosa sono quelle grosse cose grigie con il cappello bianco? Entrando in un appartamento vengo accolta con mille moine da due persone: sono i nonni! Mi donano tanto amore e una dolce vita.
Non sono egoisti: condividono tutto con me, anche le loro vacanze. Tutti al mare ed io con loro. Il vento marino mi scompiglia il pelo. Che solletico! Ma qui la vita sta diventando troppo calda.
Allora, non temo più il trasportino, si va in montagna. Che simpatiche le lucertoline che fanno a gara con me nelle corse sul verdeggiante prato. Dolce la sera in grembo alla nonna avvolta nel plaid davanti alla tv. Programmi noiosi: ti aspetto più tardi sul letto.
Stasera fa freddo, ho molto freddo, devo andare via a cercare un altro posto. Un’ultima fusa di commiato. Ci rivedremo tra qualche tempo? Perché tutti piangono?”.
Non tutte le vite degli esseri devono essere traumatiche: quelle della nostra miciotta furono felici.
Per noi esseri umani, per la nostra sensibilità, il modo di pensare, di vivere le fasi della vita ci toccano diversamente.
Dal primo vagito in poi né cose o pensieri non furono che felici. Circondata da un vivere sereno, coccolata dai genitori e molti parenti più giovani di loro. L’unico impegno era trovare un nome per ciascuna delle cinque bambole in compagnia di tanti altri giochi. Questo fino all’età dei miei felici cinque anni.
A sei anni a rendermi ancora più felice ebbi la nuova vita di scolara, cambiando la mia solitudine nella frequentazione di tante belle bimbe della scuola.
Una nuova terza vita mi ha ribaltata nella guerra. Totalmente impreparata alla diversità dai due precedenti lustri. Padre al fronte, paura nei rifugi antiaerei, fuga dalla città, precarietà, privazioni. Preoccupazione per la nascita di due gemelline… elenco corposo di un brutto lustro.
Segue il rientro in città in cerca di una nuova vita di speranza, di riorganizzazione, di normalità. Invece: lo sconvolgimento per il primo più grande dolore fu la morte di nostra madre.
Per mitigare il lavoro di responsabilità conseguente al precedente quinquennio, in cerca della gioventù non vissuta, mi inserii nel lavoro fuori casa. Amicizie, scuola di generosità, ripresa degli studi.
Si trasloca: un appartamento più grande con due balconi che mi hanno dato l’opportunità di praticare giardinaggio. L’ansiosa attesa di vedere comparire i primi germogli, lo sboccio di un fiore, i profumi e la vista multicolore hanno donato nuove emozioni alla vita.
Abbastanza ovvio ciò che mi portò il seguente lustro, il matrimonio non discosto dalle altre consuetudini di allora. La vita andò così avanti sul nostro binario coi suoi scossoni degli scambi di routine od imprevisti.
Un evento felice, una splendida luce di immensa gioia che ha illuminato una nuova vita: la nascita della mia primogenita. A seguire una seconda splendida bimba. Non si può chiedere di più. Mi hanno dato la forza di superare le immancabili traversie.
Può la stessa persona che ti ha donato la più grande gioia della vita, darti il più grande dolore? Sì, può. Se ne andò, lasciandoci lacrime per tutto il resto della vita che dovette continuare.
Nel normale ciclo, il compagno, che per sessantacinque anni ci siamo accompagnati nelle vicissitudini della vita, all’età di novant’anni ha concluso il suo destino.
Ora che sono prossima ai novantadue anni, il 4 luglio, mi rifaccio a quella canzone che dice: “Che sarà, sarà … sarà quel che sarà.”
Vedo che nelle mie molte vite ho superato quelle che dicono dei gatti. Noi umani siamo egoisti, non ne abbiamo mai abbastanza.