Gli anziani sono poco propensi a raccontare il loro passato. E, anche se lo fanno, evitano di scendere troppo in dettagli. Ma non dipende dalla loro memoria, come si potrebbe pensare.
A tal proposito i risultati di una ricerca, condotta dall’Università dell’Arizona e pubblicata sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience, sulla condivisione dei propri ricordi sono illuminanti. E per certi versi ribadiscono scoperte antecedenti, che suggerivano già analoghi risultati. I precedenti studi sul rapporto tra età e memoria, infatti, erano però stati condotti sempre in modo piuttosto “asettico” e schematico, chiedendo in laboratorio alle persone di memorizzare liste di parole o di descrivere specifici avvenimenti del loro passato.
Le finalità del nuovo studio
Ma i ricercatori dell’Arizona non volevano solo scoprire quanto – e se – gli anziani ricordassero. Piuttosto erano interessati a conoscere quanto spesso – e quanto spontaneamente – gli anziani portassero alla luce i loro ricordi nel corso delle conversazioni. Perciò avevano bisogno di naturalezza e involontarietà, caratteristiche che potevano ottenere solo calando l’indagine nella “vita vera” di tutti i giorni.
«Il nostro lavoro getta un primo sguardo su cosa le persone anziane preferiscano ricordare nella vita di tutti i giorni», ha commentato Matthew Grilli, professore di psicologia e primo autore dello studio. Durante 4 giorni, le conversazioni quotidiane di 102 adulti di età compresa tra i 65 e i 90 anni, sono state monitorate grazie a una speciale App scaricata sui cellulari dei partecipanti, chiamata EAR (Electronically Activated Recorder). Tutti erano tenuti a tenere sempre accanto il telefono. In tal modo EAR catturava 30 secondi di conversazione, ogni 6-18 minuti. Naturalmente nessuno di loro poteva sapere a che punto iniziasse o terminasse la registrazione.
Il team ha poi analizzato gli audio, prendendo nota delle volte in cui ciascun campione condivideva ricordi autobiografici o esperienze personali. «Abbiamo così scoperto che le persone anziane si sono mostrate restie a raccontare eventi personali della loro vita», hanno dichiarato gli studiosi alla stampa specializzata.
Quanto c’entra la memoria con l’importanza di condividere i ricordi
Ma i ricercatori hanno anche scoperto che i racconti diventavano sempre meno dettagliati, man mano che aumentava l’età del loro autore. Il punto è che non si trattava di deficit della memoria, dal momento che, se interrogati sui fatti, la maggior parte del campione era perfettamente in grado di ricostruire vicende distanti anche moltissimi anni. E allora? Semplicemente non avevano voglia di parlarne.
Per le persone è molto importante ricordare e condividere le memorie. È un modo per sentirsi connessi con gli altri. Inoltre il passato può essere di aiuto per pianificare il presente alla luce delle esperienze proprie e altrui. Non è ancora chiaro il motivo che spinge a non parlare con gli altri del proprio passato, ma potrebbe essere correlato ai cambiamenti che intervengono nel cervello col passare dell’età.
E se gli anziani fossero solo più saggi?
Secondo Matthew Grilli ci sono diverse zone del cervello che sembrano giocare un ruolo importante sulla frequenza con cui la mente si rivolge ai ricordi del passato. Queste aree mostrano di andare soggette – col passare degli anni – ad alcuni cambiamenti che spiegherebbero la perdita di riflessione sugli eventi personali nel corso di una conversazione. Questa almeno è la spiegazione della neuropsicologia fornita dagli autori. Ma se fosse tutto solo frutto della saggezza dovuta all’età?
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