Giuseppina Gatti. Commerciante in pensione nata a Foggia dove vive. Partecipa al concorso 50&più da ben 20 anni, con lo stesso entusiasmo ed emozione. Tra prosa e poesia ha collezionato 25 farfalle d’argento e nel 2021 la menzione speciale della giuria per la prosa.
A quel tempo sul poggio c’era una cascina, povera, si, ma ridente era tutto il Creato, intorno. Infelici erano soltanto i due sposi che vi abitavano. Anzi musoni, erano, lavoratori, ma sempre con un gran brontolìo nella voce, e un senso di pena nei gesti, e scontenti sguardi di gente non mai rassegnata.
Pareva che ignorassero che tutto il mondo è lavoro, anche il moto degli astri e il fiorire del fieno. E quando passavano per la strada solitaria i ragazzi o giovani allegri, essi s’infastidivano del chiasso e delle risa.
Gente che non si stanca, perché non lavora come noi. La casetta aveva una gronda larga, sotto la quale un giorno vennero le rondini a fare il nido. (Le rondini erano arrivate al paese a valle, avevano ritrovato i nidi dell’anno precedente, sì: ma le giovinette nate in quei nidi, per aver casa propria, dovettero andare in cerca d’un luogo adatto a ricominciar da capo con l’architettura!).
Ecco, dunque, anche queste noiose bestie a dar fastidio! – disse l’uomo.
Cantavano molto bene, a quei tempi, le rondini: quasi come usignoli. Cominciarono il loro lavoro gorgheggiando per la gioia di aver trovato il luogo adatto; poi la gioia di ogni fascello trovato, poi per la gioia di veder progredire il lavoro riscuotendo l’elogio delle vecchie costruttrici. Un giorno il loro canto fu così assordante, che la sposa entrò in casa a prendere una scopa per spazzar via nido e rondini e vociò: “mi fanno diventar sorda! E poi mi insudiceranno la casa! E poi non posso soffrire quelli che al mondo non fanno che divertirsi!”
“Però…”, osservò il marito, fermandole la scopa che già stava assestando il suo colpo, “però non è vero che non fanno che divertirsi: in fin dei conti hanno fatto un nido!”.
“Oh, un nido! Che stupidaggine è un nido. Forse per loro è importante come per noi questa casa. Hanno cantato, ma hanno anche lavorato. Tutti e due considerarono per la prima volta che cosa da nulla è un corpicino di rondine, tutto penne e piume, ma proprio un niente, se si spoglia”.
La sposa abbassò la scopa e per quella sera lasciò stare le rondinelle, che anche più del solito s’indugiavano a compiere voli a larghe spirali, pazze di gioia.
Il lavoro della campagna, col caldo, era anche più estenuante. I due coniugi tornarono a casa con la schiena curva sotto gerle cariche e sedevano al limitare, a riparo della gronda, a riposarsi.
Nei nidi s’erano schiuse le uova. “Che stupide bestie!”, diceva la sposa, con disprezzo. “Stupide ma fortunate. Non vedi che non hanno bisogno di nutrirsi per vivere? Le hai mai viste beccare?”. Infatti, non erano mai scese a terra a prendersi i granelli di semente caduti dalle gerle come fanno i passeri.
Seguitavano a correre nel cielo con la stessa pazza voglia di cantare. “È molto comoda la vita quando si vive in allegria!”, borbottarono insieme, poi fecero colazione, e siccome dentro casa c’era un’afa molto pesante, pensarono di sdraiarsi un po’ sul ballatoio sotto la gronda, a riposare.
Il caldo li fece addormentare. Le rondini, sicure che da quelle parti fosse soltanto casa loro, scesero più basse col loro volo, rasentando i visi dei due dormienti. Così fu che entrambi fecero lo stesso sogno, e in sogno parlarono con le rondinelle e ascoltarono i loro pensieri.
“È molto comodo vivere come voi, vivete senza carichi da portare sulle spalle, senza bisogno di guadagnarsi il cibo! Poveri piccoli uomini tristi!”, disse allora il coro delle rondini, “voi non ci conoscete e non misurate la nostra fatica. Noi lavoriamo quanto voi e poi abbiamo i piccoli da nutrire!”.
“Oh, quante storie! Se foste stanche non correreste in giro gridando!”.
“Noi corriamo nel cielo, perché in cielo c’è appunto il cibo nostro e dei piccini! Voliamo a becco aperto e i moscerini che vi entrano nutrono noi e i nostri figli. Guai se non volassimo, moriremmo di fame, e, quel che è peggio, lasceremmo perire i piccini!”
“Strano! Chi poteva pensare che si può trovare il cibo per aria? Però non vi stancate affatto, se cantate tanto allegramente!”.
“O uomini senza gioia, voi non sapete dunque che il canto è la medicina per combattere la stanchezza? Non sapete che l’allegria è un patto stabilito col creatore? Essere allegri è necessario, come essere buoni e onesti. Iddio punirà la vostra tristezza: che ne sapete voi di ciò che vuole il Signore? Noi sappiamo queste cose perché viaggiamo per tutto il mondo, e abbiamo visto nei paesi anche più caldi, uomini e donne sudare più di voi. Eppure, sorridevano e su di esse era la benedizione del Signore”. “Ma noi non siamo allegri per natura: come si fa ad aver voglia di allegrezza?”.
“Si pensa a quelli che soffrono, si è riconoscenti a Dio dei doni che ci dà. Si è orgogliosi del proprio lavoro e d’essere utili al mondo; come noi che distruggiamo per voi tanti insetti”.
Le rondini volano sempre più basse, a spire sempre più concentriche intorno ai dormienti. “Ma noi non sappiamo cantare. Se avessimo il vostro canto, forse ci si divertirebbe a fare come voi”.
Le rondini allora chiamarono tutte le compagne sparse nel cielo, per vedere se fosse necessario, per il bene del mondo, prestare il loro canto agli uomini. Ci fu molto da discutere, perché l’argomento era di una gravità eccezionale.
Infine, lo spirito di carità che (a differenza degli uomini) taluni animali non scordano d’aver ricevuto da Dio, prevalse.
Quando i dui coniugi si svegliarono, furono stupiti del gran silenzio che li circondava. Troppo silenzio! Sperarono che fosse una pausa delle rondini, ma la pausa non accennava di finire. La donna per prima, modulò una canzone. Non che le piacesse perdersi in queste cose, ma, dopotutto, piuttosto che quel silenzio.
Così accadde che sul poggio la vita divenisse lieta oltre ogni dire. Graziosi bimbi vennero via via ad abitare la casa degli sposi, ed essi divennero genitori e nonni; altre case si costruirono, frotte di contadini sereni si sparpagliarono per i campi cantando.
Al di sopra delle case e dei campi le rondini oggi ancora volano ebbre di gioia, di sole, di vita. Soltanto il loro canto è sparito: non più gorgheggi, non più armonie: hanno fatto il loro dono agli uomini, e gli uomini l’hanno trovato troppo bello per restituirlo.
Il loro stridìo però dice lo stesso che l’anima è felice nel lavoro e nell’amore.