Perché gli anziani sono particolarmente vulnerabili al gioco d’azzardo? Quali sono gli strumenti in campo per contrastare l’eccesso di gambling in terza età?
Gambling, termine inglese per il gioco d’azzardo o di fortuna. Un’ossessione per molti anziani in diversi paesi del mondo. In Italia il 25% degli over 65 vi si dedica regolarmente, il 16% con cadenza mensile. Il gioco risulta inoltre un’abitudine consolidata da oltre 10 anni per 6 giocatori su 10, mentre il 5% ha iniziato a giocare negli ultimi 12 mesi. Questi i risultati dell’Osservatorio di Ricerca Nomisma, che, solo dal 2021, analizza anche i numeri e le motivazioni di questa “passione” in riferimento alla terza età.
Alcuni dati per cominciare
Ecco in breve tutti i numeri di Nomisma: la popolazione silver gioca per distrarsi dai problemi (35%) o per curiosità (29%). Preferisce giocare nei bar, nelle sale bingo, nelle tabaccherie e nelle agenzie di scommesse. Un’abitudine più per gli uomini (31%) che per le donne (21%), più praticata al Sud (28%) che al Nordovest (25%). Il gioco offline più praticato è il Gratta & Vinci (17%), seguito dai giochi numerici a totalizzatore (14%) e dal Lotto (13%). Online, invece, gli over 65 preferiscono le scommesse sportive (3%). Il 13% dei gambler over 65 spende più di 10 euro a settimana per giochi d’azzardo o di fortuna, ma il 42% non supera i 3 euro.
L’approccio al gioco
Otto giocatori su 10 condividono con i propri familiari giochi e denaro giocato. Il 21% tende invece a dare informazioni parziali o a non raccontare nulla dei giochi fatti. Nomisma mette inoltre in evidenza alcuni aspetti indicativi di situazioni problematiche legate alle pratiche di gioco degli over 65. Il 13% di loro infatti dichiara di aver giocato per recuperare denaro, il 10% si sente in colpa per aver giocato mentre l’1% ammette di aver chiesto prestiti o venduto qualcosa per aver i soldi da giocare. Emergono quindi gli aspetti più negativi della ludopatia sul piano psicologico ed economico.
I costi del gioco d’azzardo
I dati raccolti individuano in questa propensione al rischio situazioni di disagio, non ultima un’incapacità a dare la giusta valutazione al denaro. Gli anziani sono facili “prede” del gambling, forse anche per un bisogno di vivere forti emozioni. Purtroppo il mercato fiorisce di giochi diffusi, facilmente accessibili al consumatore, spesso peraltro soggetti ad un regime di tassazione inferiore all’1%. D’altro canto si stima che lo Stato sborsi annualmente miliardi tra spese sanitarie (depressioni, istinti suicidari…) e giudiziarie. Senza contare il coinvolgimento della criminalità organizzata, come risulta dalla relazione della DIA del 2021, e l’impoverimento di chi gioca depauperando la sua già minima pensione.
Le fragilità del gambler anziano
Nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità ha avviato uno studio a campione sulla popolazione adulta dal quale risulta che il gioco è praticato maggiormente nella fascia di età 40/49 e 50/64 (41%). È pur vero che nella fascia tra i 65 e i 79 anni, si nota una diminuzione (2,3%) che scende allo 0,4% negli over 80, ma i dati vanno letti con cura. Infatti, se sono meno gli anziani che “azzardano”, quelli che lo fanno, oltre a perdere denaro (non esiste un giocatore che vinca), sono portatori di diverse fragilità. Problemi economici, di solitudine e relazionali, ma anche di salute. Alcuni studi,ad esempio, collegano l’Alzheimer e il Parkinson e una presenza di ludopatia nelle fasi iniziali delle malattie. Quella fase in cui lo sviluppo del cortisolo, responsabile di stanchezza, depressione e calo della memoria, conduce allo smarrimento e al danneggiamento dei freni inibitori.
L’intervento delle Istituzioni per la prevenzione
Lo Stato, nel riconoscere la dipendenza dal gioco d’azzardo come una patologia in carico al SSN, ha stanziato un Fondo da 50 milioni di euro da destinare alle regioni per la cura e la prevenzione, un Osservatorio, un Numero Verde e un sito web per l’aiuto. Si tratta però di provvedimenti di carattere generale, non diretti specificatamente alla categoria over. Una lacuna si può riscontrare anche nel PNRR, che nelle sue mission 5 e 6 si concentra sul concetto di non autosufficienza e non prevede il contrasto della dipendenza da gioco negli anziani.
Solo un problema di fondi?
Forse il tema è troppo specifico e per questo scarsamente trattato anche a livello di investimenti europei. Secondo il portale del Governo OpenCoesione attualmente sono solo due i progetti messi in campo con i pur cospicui fondi messi a disposizione dallo Stato alle regioni. Uno organizzato da una cooperativa sociale in provincia di Udine, l’altro riferito ad un centro per giocatori patologici in un paesino in provincia di Potenza, peraltro non ancora concluso. Poca cosa, se pensiamo che un eccessivo coinvolgimento nel gambling è un ulteriore fattore di vulnerabilità per la popolazione anziana.
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