Gabriele Oreste Renato Valente. È nato a Milano e vive a Roma. Medico-Neurologo, è stato ricercatore al Policlinico Umberto I e docente all’Università La Sapienza. Oltre ad essere autore di numerose pubblicazioni scientifiche ha scritto alcuni libri: La fabbrica del pensiero, I sogni di Luisella, Dieci racconti e Storia di una principessa. Partecipa al Concorso 50&Più per la terza volta; nel 2021 ha vinto la Farfalla d’Oro per la prosa e nel 2023, sempre per la stessa categoria, la Libellula 50&Più.
Ricordo quando la retorica di cui non eravamo consci ci spingeva verso quello che credevamo amore. Erano innocenti baci, che a noi sembravano una trasgressione rivoluzionaria, erano carezze ardite che gratificavano i nostri corpi di adolescenti. Si era nel ’68 e tutto ciò ci sembrava rivoluzionario… e forse lo era veramente. Eravamo rivoluzionari falsi in realtà, ma noi ci credevamo seriamente e quello era importante.
E ricordo gli odori freschi dei nostri corpi che ci estasiavano l’un l’altro quasi fossimo i primi giovani ad essersi innamorati.
Ed ancora ricordo il senso delle pigre onde che ci cullavano con il loro frusciare sulla sabbia nera. A noi del colore della sabbia non importava nulla! Ci piaceva il riverbero della luna sul mare quasi fosse stato inventato solo per noi… e ci credevamo. Era lì la luna e se ne stava imperterrita nel cielo a coronare quello che credevamo essere il nostro amore indiscutibile. Non sapevamo allora che l’amore non è mai indiscutibile: l’amore è fatuo, è momentaneo e spesso non è per sempre. Ma allora era diverso, nulla aveva importanza, soltanto noi ed il nostro amore.
Ma chi è che deve ricordare? Sono io, lo so bene… per cercare di diventare adulto anche se in realtà già lo sono. Ma forse non lo sarò mai nel vero senso del termine, perché ancora ricordo, ricordo il mio essere ragazzo ed ancora lo sono ragazzo per certi versi. Sì, perché ormai pensionato dal mio ruolo di professore universitario che ha formato tanti studenti ancora mi sento un ragazzo. Forse sbaglio, forse no. Ma non è importante. L’importante è ricordare quelle sensazioni, è far sì che ancora possano plasmare la tua vita di anziano per trasformarla come d’incanto in una vita da ragazzo.
I miei amati studenti sono diventati adulti anche grazie a me… ma mi piacerebbe che continuino ad essere un po’ ragazzi perché solo da ragazzi il futuro resta aperto al nuovo che nuovo non è, ma così è per i ragazzi e soltanto con il nuovo c’è futuro.
Ricordo, ricordo… ho chiesto aiuto al mio inseparabile amico dizionario etimologico. Ricordare: … dal latino recordari composto da re- e cor; letteralmente rimettere nel cuore.
Già, cosa ho messo nel mio cuore destinatario di tante emozioni? Forse troppo poco, però quel poco sono i miei ricordi e grazie a quelli io sono vivo, vivo nel vero senso del termine, vivo come un ragazzo di settant’anni, vivo come un saggio che sa bene che non è l’età che dà la saggezza, perché la vera saggezza sta negli sguardi innocenti dei ragazzi anche se loro non lo sanno capire, sta negli ingenui amori giovanili, sta nel non avere coscienza di cosa sia veramente la saggezza.