L’Unione Italiana Ciechi promuove da anni corsi di fotografia sul territorio nazionale, l’ultimo a Verona. L’insegnante Sergio Visciano racconta: «Tutti molto felici di mettersi alla prova».
Un corso di fotografia per persone cieche e ipovedenti. Sembra un ossimoro, ma è realtà. Il corso, avviato a marzo a Verona e organizzato dalla sezione provinciale dell’Unione Italiana Ciechi, permetterà a persone cieche di sperimentare l’arte visiva per eccellenza che, fino a qualche tempo fa, era inaccessibile. Sono oltre 113mila i ciechi assoluti o parziali in Italia cui si aggiungono migliaia di ipovedenti. L’Unione Italiana Ciechi conta 127 sedi in tutto il territorio nazionale che organizzano iniziative formative e culturali per gli iscritti. Negli ultimi anni molti ciechi, a Cosenza, Teramo, Torino, Bologna, Milano, Firenze, Viterbo, si sono avvicinati alla fotografia, anche grazie all’innovazione tecnologica che aiuta chi non vede a “sentire con gli occhi” attraverso supporti tattili e 3D. L’ideatore del corso scaligero, Sergio Visciano, di professione geologo ma appassionato fotografo d’arte da oltre quindici anni, racconta: «Amo la fotografia, soprattutto quella artistica. Per anni ho fatto scatti agli elementi statuari nei più importanti musei archeologici italiani. Cosa c’entra questo con i ciechi? Da ragazzo ho fatto volontariato in un istituto per ciechi a Padova, quindi è un mondo che già in qualche modo mi apparteneva e conoscevo. Da un anno e mezzo, poi, ho cominciato a leggere dei testi sulla percezione della realtà da parte delle persone cieche e ipovedenti, quindi a capire come, attraverso gli altri sensi, vanno a sostituire la vista; con il tatto ad esempio, o l’udito, ascoltando le descrizioni di altri e sentendo i suoni, riescono a ricostruire quello che hanno di fronte. Ho allora pensato di portare la mia passione e esperienza di fotografo nel loro mondo. Il focus principale di questo corso è che i partecipanti, con scelte personali, vadano a realizzare un prodotto artistico con un progetto assolutamente soggettivo. Poi è ovvio che io cerco di indirizzarli e supportarli, soprattutto sulla tecnica. Insomma, sarà un dialogo divertente tra me e i partecipanti, tutti molto felici di mettersi alla prova». Non tutti i non vedenti sono uguali. Alcuni soggetti presentano una visione debole, altri una visione concentrata nella parte centrale del campo visivo, altri presentano una disabilità completa, magari per malattia degenerativa, incidente, che quindi comportano un cambio nel percorso di acquisizione dello spazio attraverso altri sensi, disabilità visiva (totale o parziale) dalla nascita. Ogni fotografo studente fa un proprio percorso di acquisizione e di sviluppo del progetto fotografico, in base alle proprie caratteristiche fisiche e di autonomia artistica. Verranno in aiuto modelli tattili, podcast e lezioni frontali durante le quali sarà insegnata la tecnica fotografica, sensibilità ISO, angolo di campo e profondità, focali e tempi. Ma, in pratica, come fanno i ciechi a scattare la foto? «Dipende – spiega Visciano – cosa intendono fotografare. Si utilizzerà sempre un cavalletto e loro decideranno come fotografare. Se vogliono immortalare degli interni si allestisce un set, se vogliono inquadrare una persona o un oggetto è sicuramente più semplice perché prima di scattare la foto possono toccarla con le mani, sentirne l’odore, pensarla come immagine, decidendo più consapevolmente come fare lo scatto, se in primo piano o a figura intera. La maggior parte dei miei alunni, però, mi ha sorpreso perché ha espresso la preferenza di fotografare paesaggi e spazi aperti cosa che ovviamente risulta molto più difficile». È il caso di Silvia Cepeleaga, 34 anni, che partecipa alle lezioni con entusiasmo: «Sono felicissima. Per me questo corso è prima di tutto una sfida. Quando ne parlo a conoscenti e amici mi sento chiedere con incredulità: “un cieco che fa un corso di fotografia?”. E magari si fanno una risata. Io voglio dimostrare a me e agli altri che si può fare. A volte siamo noi stessi che ci mettiamo dei limiti. Io voglio fotografare quello che non riesco a toccare con la mano. Il volto lo tocco, l’oggetto pure, un tramonto, una montagna, il lago io non li vedo. Voglio fotografare quello che io apprezzo tantissimo da non vedente e che i normodotati danno per scontato e, spesso, non si soffermano nemmeno pochi minuti a contemplare la bellezza di una montagna, di un albero, della natura che ci circonda. Quando fotograferò voglio riuscire a catturare il momento bello di un’onda, il sole che esce dal lago, il vento che soffia tra le foglie di un albero. Fermerò in uno scatto quello che mi piacerebbe vedere per davvero. Sergio, il nostro insegnante, mi dirà quando è il momento giusto e io catturerò quell’attimo che vorrei tenere per sempre. Le nostre foto, che noi stessi potremmo percepire poi toccandole, saranno il prodotto anche dell’orgoglio di aver catturato quell’istante preciso da non vedenti». Le fotografie scattate con gli occhi “speciali” dei ciechi saranno visibili a tutti in una mostra collettiva prodotta con stampe in 3D e in parte con stampe a rilievo.
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