Parte del programma “Forme e colori dall’Italia preromana” è Il racconto della bellezza. Si tratta di un’esposizione itinerante che svela all’America Latina l’arte di una remota età di mezzo della storia italiana.
La contaminazione è il tratto più caratteristico della mostra “Forme e colori dall’Italia preromana”, ospitata dallo scorso 27 marzo e fino al prossimo 8 giugno nei locali dell’Istituto Italiano di Cultura di São Paulo, in Brasile. L’esposizione, curata da Massimo Osanna e Luca Mercuri e fortemente voluta a São Paulo dal direttore dell’IIC Lillo Teodoro Guarneri, rientra nel progetto “Il racconto della bellezza”, un programma di mostre negli Istituti Italiani di Cultura in giro per il mondo sancito da un accordo di cooperazione tra il Ministero della Cultura e il Ministero degli Esteri. L’obiettivo è quello di valorizzare il patrimonio culturale italiano, specie quello che giace invisibile nei depositi di musei e parchi archeologici, attraverso iniziative che ne facilitino la conoscenza e la fruizione anche a livello internazionale.
“Forme e colori”, la mostra
La mostra “Forme e colori” raccoglie reperti provenienti dai musei archeologici di Bari e Taranto e soprattutto da Canosa, nei cui siti archeologici molti pezzi sono stati rinvenuti. Agli occhi degli esperti non può sfuggire il valore speciale di questi pezzi che testimoniano la commistione tra l’arte greca e l’arte italica nella produzione artistica di un popolo “di confine”, i Dauni, stanziati nel nord della Puglia in epoca preromana e impegnati in una fitta rete di scambi commerciali e culturali con le colonie greche della Campania e della stessa Puglia. Anche i visitatori meno avveduti riescono a cogliere subito la particolarità di vasi che somigliano in parte a quelli greci coevi e in parte conservano le caratteristiche di quelli tipicamente italici.
Lo stile ibrido della mostra
Non si tratta di assemblaggi di pezzi differenti o di una sovrapposizione di stili, ma di una lavorazione volutamente ibrida, che testimonia una fase di contaminazione e passaggio durata dal VII al IV (o addirittura al II) secolo avanti Cristo. Un passaggio è anche il tema narrativo della mostra, che riproduce in maniera originale gli ambienti dell’ipogeo, la tipica tomba daunia a camere familiari dell’area di Canosa, offrendo con giochi d’ombre e musiche di sottofondo un’esperienza sorprendentemente immersiva.
La rappresentazione del defunto
Nell’ambiente maschile il defunto è sepolto con l’armatura (ne è esposta una perfettamente conservata, con l’elmo da cui sporgono le bacchette per fissare il cimiero, la corazza anatomica, i gambali e le lance dalle punte di metallo) e con un servizio di vasi per il consumo del vino: anfore per conservarlo, brocche (“oinochoai”) per versarlo, bicchieri (“kantharoi” e “skyphoi”) per berlo. Nell’ambiente femminile si trovano anelli in oro, strumenti per la cosmesi in argento, profumi e unguenti custoditi in un cofanetto di legno accuratamente ricostruito.
E ancora vasi in ceramica ottenuti secondo la tipica lavorazione “canosina”: con elementi a tutto tondo applicati alle tradizionali forme greche e daunie e una tecnica di decorazione su sfondo bianco o rosa che si rifà alla pittura parietale. Su uno dei contenitori si affrontano due serpenti con piume rosse, a simboleggiare il contrasto tra vita terrena e ultraterrena. Altri vasi hanno forma di volti di donne, con i capelli trattenuti da un diadema, una cuffia sulla nuca e vistosi orecchini. Le squisite figurazioni che li sormontano sono esseri ibridi, gorgoni, donne alate e cavalli che alludono al passaggio verso l’oltretomba.
“Valorizziamo un periodo storico”
“La mostra”, spiega Lillo Guarneri, “è stata un successo: un’occasione unica per valorizzare un periodo storico, l’epoca preromana in Italia meridionale, che il grande pubblico conosce poco, non solo all’estero. Un’occasione anche per mostrare le straordinarie capacità artistiche espresse dai popoli italici fin dalle età più remote e una lezione sugli effetti positivi della commistione: in termini di ricchezza, varietà ed energia; in relazione all’espressione artistica ma anche a molto aspetti della vita quotidiana. Sono orgoglioso che, dopo le tappe a Santiago del Cile e a Buenos Aires, il nostro Istituto abbia dato anche al Brasile l’opportunità di ammirare questa piccola mostra-gioiello, che si sposterà poi a Città del Messico e stupirà i visitatori – ne sono certo – anche a quelle latitudini”.
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