In Italia sempre più persone, provenienti soprattutto dal Mezzogiorno, decidono di curarsi fuori dalla Regione di residenza. La mobilità sanitaria interregionale ha ormai raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro.
La Fondazione Gimbe ha recentemente pubblicato un Report relativo ai dati del 2021 sulla migrazione sanitaria. Tre Regioni includono quasi la metà del totale della mobilità sanitaria attiva. Si tratta di Lombardia (18,7%), Emilia Romagna (17,4%), Veneto (12,7%). Le altre con un alto indice di attrattività sono il Lazio (9,5%), il Piemonte (6,8%), la Toscana (4,9%) e la Campania (4,4%). Il restante 25,6% della mobilità attiva si distribuisce fra le altre 14 Regioni e Province autonome.
La migrazione sanitaria, un divario fra Nord e Sud
Il fenomeno della migrazione sanitaria riflette un divario fra Nord e Sud in termini di servizi, che si ripercuote sul diritto di tutela della salute. Le Regioni con un saldo positivo superiore a 200 milioni di euro sono tutte al Nord. Quelle con saldo negativo superiore ai 100 milioni di euro si trovano solo nel Centro-Sud. In particolare presentano un saldo negativo rilevante l’Abruzzo (-108,1 milioni), la Puglia (-131,4 milioni), il Lazio (-139,7 milioni), la Sicilia (-177,4 milioni), la Campania (-220,9 milioni) e la Calabria (-252,4 milioni).
Prestazioni erogate in mobilità
L’86% del valore della mobilità sanitaria riguarda i ricoveri ordinari e in day hospital (69,6%) e le prestazioni specialistiche ambulatoriali (16,4%). Il 9,4% riguarda la somministrazione diretta di farmaci e il 4,6% altre prestazioni di medicina generale, farmaceutica, cure termali, trasporti con ambulanza ed elisoccorso).
Strutture pubbliche e private
Un euro su due delle spese per ricoveri e prestazioni specialistiche riguarda le strutture private: 1.727,5 milioni di euro contro 1.433,4 milioni che finiscono nelle strutture pubbliche. Per le prestazioni specialistiche ambulatoriali il valore erogato dal privato è di 301,3 milioni di euro, di poco superiore a quello pubblico di 300,6 milioni.
Il volume dell’erogazione di prestazioni sanitari da parte del privato è un altro indicatore della capacità attrattiva delle strutture accreditate, ma anche dell’indebolimento di quelle pubbliche, secondo la Fondazione Gimbe, che mette in luce come le Regioni che hanno sottoscritto i pre-accordi con il Governo per richiedere maggiori autonomie siano quelle con i flussi economici maggiori.
Pazienti e caregiver/familiari
Quante sono le persone interessate dal fenomeno della migrazione sanitaria, oltre ai pazienti? Uno studio del Censis per Casamica realizzato su dati del 2015 indica come un milione e 400 mila i soggetti coinvolti, dei quali 750 mila pazienti e 650 mila accompagnatori.
I flussi economici in uscita per le famiglie
Nel 43% dei casi chi si sposta dalla Regione di residenza per ragioni sanitarie sostiene spese comprese fra 200 e mille euro, e nel 21% dei casi fra mille e 5mila euro. Fra i pazienti oncologici il 45,1% sostiene spese medie annue di 359 euro per i mezzi di trasporto, e il 26,7% per l’alloggio lontano dalla propria residenza. Non sono calcolabili invece i costi indiretti, come le assenze dal lavoro dei familiari e i permessi retribuiti, ma anche quelli non tangibili conseguenti al disagio dello spostamento per mantenere il diritto alla salute.
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