Flora Martignoni. Pensionata, diplomata in ragioneria. Ama scrivere racconti, dipingere e fotografare. E’ appassionata di viaggi da cui le piace portare sensazioni e ricordi fotografici. Al Concorso 50&Più nel 2016 ha vinto la Farfalla d’oro per la fotografia e nel 2020 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la prosa. Vive a Gazzada Schianno (Va).
La Televisione è arrivata in Italia nel 1954, quando io avevo sei anni. Ricordo che dicevano che al Circolo di un paese vicino c’era una scatola in cui si vedevano le persone che si muovevano e parlavano. Poi la televisione è arrivata anche nel nostro paese, la prima al Circolo Cooperativa “La Speranza”. Lì era il ritrovo degli uomini la sera a giocare a Tre Sette e a bee na taza da vin (a bere una tazza di vino). Mio papà mi portava qualche volta al giovedì sera a vedere “Lascia o Raddoppia?”.
Successivamente la televisione è arrivata anche al “Caffè” della Signora Cesira. Noi bambini andavamo a vederla al giovedì, quando c’era Rin Tin Tin, la mitica serie televisiva americana. Alle quattro del pomeriggio eravamo già lì ad aspettare che la signora ci accendesse il televisore. Quasi nessuno però prendeva niente al bar, perché soldi non ne avevano. Mia mamma invece mi dava i soldi per una gazusa (gazzosa), perché diceva che era giusto spendere qualche cosa almeno per contribuire a pagare la corrente.
A volte, stanca delle nostre suppliche, la Cesira ci accendeva il televisore mezz’ora prima della “TV dei ragazzi”. Allora restavamo lì tutto il tempo a guardare lo schermo illuminato e muto, con il simbolo della RAI. Poi quando si cominciava a sentire il suono e si vedeva una specie di rete che si dipanava sullo schermo, si alzavano grida di ovazione.
Rin Tin Tin era un cane meraviglioso e le sue avventure ci ispiravano nei nostri giochi. Il grido “yuuu Rintin!” echeggiava spesso tra i bambini che giocavano. Una volta dei bambini si sono fermati davanti al mio cancello a canzonarmi: “pasta frolla, pasta frolla, pasta frolla”. Forse storpiando il mio nome Flora, pensavano di farmi dispetto. Allora io, che ero tutt’altro che “frolla” ho chiamato il nostro cane Chita, uno spinone da caccia. “Yuuu Chita!” ho urlato, incitandola a spaventare i bambini, ma Chita, forse stanca per la caccia, non si muoveva dalla cuccia, suscitando ulteriore ilarità dei bambini sul cancello.
La prima TV nelle case private al mio paese, l’ha avuta una mia amica che abitava nel mio cortile. Al sabato sera c’erano tutte le donne del cortile che uscivano di casa, portandosi una sedia per andare a vedere il Musichiere. C’era un solo canale in bianco e nero, ma il primo impatto con quella novità ha cambiato il modo di vivere.
In quei tempi la televisione era, insieme ad altri elettrodomestici come il frigorifero e la lavatrice, lo status simbolo di un certo benessere.
Mia madre ha aspettato parecchio per comprare la televisione, perché temeva che consumasse tanta corrente elettrica.
Così non ho passato l’infanzia davanti alla televisione a vedere cartoni animati, ma ho giocato tanto dei nostri giochi di bambini nel cortile.