Il bambino prodigio dei colli bolognesi che diventa musicista e maestro d’orchestra. Ha lavorato con i più grandi nomi del panorama musicale italiano. A 50&Più racconta come nasce l’artista e quali progetti realizzerà in futuro.
Scopre il suo talento all’età di quattro anni, quando riceve in regalo un’armonica a bocca. Da quel momento la sua vita ha un unico grande fil rouge: la musica. «Si deve suonare con il cuore, con la testa e con le mani», racconta Fio Zanotti, classe 1949, musicista, compositore e maestro d’orchestra. Una carriera in continua ascesa che lo porta a lavorare con i più grandi nomi del panorama musicale italiano, fino a diventare scopritore di giovani talenti. Lo abbiamo incontrato alle semifinali di Italia In…Canto, seduto in giuria ad ascoltare i partecipanti dello storico Concorso firmato 50&Più.
Come nasce la sua vocazione alla musica?
Avevo 4 anni, abitavo ai “bordi di periferia” come dice un mio grande amico. Mio nonno mi regalò un’armonica a bocca e dopo dieci minuti suonai quello che sentivo alla radio. Sorpreso da quanto avevo fatto, sempre mio nonno, all’età di 5 anni, mi regalò una fisarmonica e si ripeté ciò che era accaduto con l’armonica. L’anno successivo ero con mia madre nel centro di Bologna, in un negozio di strumenti musicali; lì notai un pianoforte, mi sedetti e iniziai a suonarlo. Da autodidatta. In quel momento capii che la musica sarebbe stata la mia vita. E in verità ero bravo anche a calcio, quindi, ero indeciso.
Aveva l’appoggio della famiglia? I suoi erano contenti che lei seguisse questa strada?
Mio padre voleva che io lavorassi nell’azienda di famiglia. E dai 10 anni fino ai 20 anni ho lavorato con lui, ma continuavo a suonare la fisarmonica per diletto.
Succede, poi, un episodio che inizia a cambiare il suo destino.
Sì. Un nostro dipendente mi dice che i Judas cercavano un musicista. Era uno dei gruppi musicali più importanti dell’epoca. Mi hanno portato l’organo Hammond per farmi esercitare e mi hanno dato un mese di tempo. Di giorno lavoravo, di notte studiavo musica. Quando mio padre ha deciso di fittare l’azienda, finalmente ho potuto dedicarmi ai miei sogni.
Solo il talento è sufficiente perché si abbia un musicista del suo calibro?
No. Il talento è importante ma è necessario anche studiare. Mi sono iscritto al conservatorio e ho iniziato a prendere lezioni di armonia, contrappunto, tecnica. Ho avuto insegnanti straordinari che mi hanno trasmesso tanto.
Il primo appuntamento importante?
A 29 anni, il primo disco della mia carriera, andato primo in classifica. Era Disco Bambina di Heather Parisi, poi ancora Cicale. Da allora hanno iniziato a contattarmi le case discografiche e sono arrivate le collaborazioni con Ornella Vanoni, i Pooh, Zucchero, Vasco e Adriano Celentano. E ancora Loredana Bertè, Anna Oxa, Ivano Fossati, Gino Paoli, Claudio Baglioni, Fiordaliso.
Con qualcuno, in particolare, c’è stata più intesa?
Ognuno di loro ha delle caratteristiche e mi ha arricchito a suo modo. Con Adriano (Celentano n.d.r.) è successo dell’incredibile. Con L’emozione non ha voce abbiamo avuto il secondo record assoluto.
Come nasce la sua musica?
Nasce improvvisando. C’è il “colpo di genio” che spesso dà il la alla composizione, poi magari ci vuole più tempo per finire la canzone perché l’istinto è una cosa e la tecnica un’altra. Si deve suonare con la testa, con il cuore, con le mani.
Sta lavorando ad un nuovo progetto. Qualche anticipazione?
È un progetto che sogno di fare da anni. Posso dire che ci saranno l’armonica a bocca, la fisarmonica, un Hammond in legno. È un lavoro sulle composizioni, sulle colonne sonore: il filo conduttore sarà l’istinto.
Che cosa c’è nel futuro di Fio Zanotti?
Ho realizzato uno studio di registrazione molto grande, ne realizzerò altri due, vicino casa mia, sui colli bolognesi. Uno probabilmente lo chiamerò “Studio Adrian”, in onore del mio grande amico Celentano, l’altro vedremo. Questi due spazi saranno dedicati ai giovani, se vedrò in loro del talento – dopo un mese di studio -, li promuoverò e li supporterò nella musica. Perché avere del talento è una fortuna ma da solo il talento non basta, deve essere accompagnato alla tecnica che si apprende studiando. E ai giovani dico: “Non abbiate fretta”, bisogna fare le cose con calma.
Tra i giudici di Italia In…Canto per la prima volta, quest’anno. Com’è stato?
Italia In…Canto è stata un’esperienza straordinaria. Mi sono divertito come un bambino, sia perché ho visto personaggi straordinari con una umanità incredibile sia perché ne ho ascoltati tanti che non hanno nulla da invidiare ad artisti già conclamati. Grato anche per aver ricevuto una statuetta, per me è stato come un Oscar.
Una considerazione sulla musica di oggi.
È importante fare attenzione alla tecnologia perché se da un lato facilita alcuni passaggi, dall’altro fa correre il rischio di sentirsi arrivati e invece bisogna sempre studiare e abbinare la tecnica al talento.
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