Gemma Ferro. È nata a Torino e vive a Pietra Ligure (SV). Da sempre appassionata di poesia ha partecipato a diversi concorsi ricevendo premi e riconoscimenti. Partecipa al Concorso 50&Più per la terza volta.
Prima giallo, poi arancio, di nuovo giallo… infine rosso!
E il gioco va avanti così. Questo semaforo non è a posto: e, poi, gli manca un colore. Movimentato dai capricci di una pandemia che, incolpevoli, ci confina.
Lo sgomento, per non dire di più, non lascia pensare a come poterla affrontare. Intanto la mente umana è inarrestabile e, lasciando certe soluzioni a chi di dovere con le altrettanti capacità , reagisce. Non permette di lasciarsi abbattere piangenti e lamentosi.
Per mio conto ho cercato di immaginare il mio bicchiere mezzo pieno. Vi ho trovato tanti bei libri: “Eccoti finalmente, è da molto che ti aspettiamo!”. “Sì, lo so, però non avevo tempo!”.
E mi ci sono tuffata.
Ma la vista, usurata dal tempo, richiede una pausa e si cerca un contato via cavo. Esaurita la lista dei parenti e amici, si comunica a chi è con noi, l’esito delle notizie.
Già, si comunica; e qui parte la conversazione.
In sessantatré anni di matrimonio ne abbiamo di vicende che riemergono nei nostri ricordi. E prima? Gli ottantotto anni di entrambi sono pure ricchi di storie e curiosità.
Vi voglio far partecipi di un episodio raccontatomi da mio marito e vissuto quando non aveva che dodici anni.
Sua madre, con al seguito quattro dei suoi cinque figli (il maggiore già aveva una sua vita autonoma) per sfuggire ai persistenti bombardamenti sulla città di Torino, aveva trovato rifugio in un paesino del canavese, distante 25 Km dalla città.
Come si è sempre saputo, le donne hanno molte risorse, e la signora Rosa, giovane sposa migrata dalla Puglia già da alcuni anni col marito in cerca di lavoro, era un’abile pantalonista. Si fece conoscere rimpannucciando quasi tutti gli uomini del paese, facendosi ripagare con generi alimentari.
Ma la storia non è questa…
“Una sera bussarono alla sua porta alcuni degli uomini che più contavano in paese, presentadole una proposta. Stupita, chiese di pensarci su. Ma il tempo stringeva. Nelle consuetudini contadine c’è un tempo per ogni cosa, a volte non attuabili a causa delle restrizioni imposte dalla guerra. Disponevano solamente di sale rosso, non adatto alla conservazione delle carni, occorreva quello bianco. Ormai i maiali erano grassi ed erano una vitale risorsa di sostentamento durante l’anno. Urgeva il suo aiuto. Acconsentì. La signora Rosa si mise subito all’opera. Con frenesia modificò l’abbigliamento di tutta la famiglia e con il denaro affidatole dai paesani, una volta giunta a Torino dove alla stazione poté rivedere il marito colà rimasto per il lavoro, acquistò i biglietti per sé e i figli, per Barletta, loro paese di origine e che diede l’idea di quel viaggio. Forniti di un po’ di generi alimentari, partirono.
Al suo paese ad accoglierli c’era già un parente, avvisato per lettera. Possedeva una piccola salina e non gli fu difficile rifornirli abbondantemente di questo prezioso alimento.
E fu intrapreso il viaggio di ritorno. Stranamente tutti i componenti della famigliola parevano ingrassati. Ogni tasca cucita dalla signora Rosa, il fondo dei pantaloni alla zuava dei ragazzi erano pieni di… sale! Anche il piccolo in fasce era cresciuto di parecchi centimetri. Tutto per cercare di ingannare gli uomini dell’Annonaria che vigilavano contro la borsa nera.
Ebbero la fortuna di trovare uno scompartimento occupato da una sola persona che, infastidito dalla presenza dei ragazzi, si sistemò altrove. Viaggiarono così comodamente. Alle poche fermate , la mamma si riforniva di cibo per tutti e di latte caldo per il piccolo che aveva le sue esigenze. E proprio queste fornirono un insperato aiuto: ad un certo punto gli incaricati dell’Annonaria bussarono ed entrarono nello scompartimento facendo molte domande. Adocchiando una cassetta sotto il sedile, chiesero cosa contenesse. “Cime di rapa! Sa, in Piemonte non esistono e piacciono molto a noi meridionali”. Intanto la mamma stava sfasciando il figlioletto che incurante degli estranei aveva compiuto una delle sue importanti funzioni. I finestrini erano chiudi, era febbraio, e un innegabile effluvio si diffuse nello scompartimento. Non ci volle altro per indurre gli agenti in una frettolosa ritirata.
Furono così salvi: nella cassetta, sotto le cime di rapa c’erano preziose bottiglie di olio di oliva!
Il viaggio si concluse al meglio, alla stazione Dora di Torino la linea Canavesana li ricondusse al paese dove furono accolti festosamente.”