Gemma Ferro.
È nata a Torino e vive a Pietra Ligure (SV). Da sempre appassionata di poesia ha partecipato a diversi concorsi ricevendo premi e riconoscimenti. Partecipa al Concorso 50&Più per la seconda volta.
Nel silenzio di quel tranquillo pomeriggio, si udiva solo il rumore dei suoi passi sull’acciottolato di quel viottolo che si inerpicava tra le case antiche, quasi alla ricerca di altri passi perdutosi nel tempo.
Era poco frequentato, infatti le erbacce crescevano disordinate tra i sassi, punteggiati qua e là dalle chiazze scure di lussureggianti acanti.
La ragazza percepì un profumo forte e dolce insieme, inconfondibile, che le provocò l’acquolina in bocca.
Come presa da timore si fermò, mentre i battiti del suo cuore si accelerarono, parve le mancasse il respiro. Chiuse per un attimo gli occhi, presa dall’emozione.
Non si udivano, ora, che il ronzio delle api bottinatrici, in cerca di polpe zuccherine.
Si riprese: “Coraggio”, si disse. Con passi titubanti e lenti riprese a percorrere quello che le sembrava un lungo cammino…
Ed ecco il pergolato, ombreggiato dalle foglie, come grandi mani verdi reggevano turgidi pampini di uva fragola, vellutati e violacei, dalle trasparenze opalescenti.
I raggi del sole, filtrando tra le foglie, ne risaltavano i contorni, tale la vecchia fotografia in bianco e nero con una figura sbiadita, trovata in un cassetto.
Lei, guardando assorta, sostò per un tempo incalcolabile, rapita in una reminiscenza, come trovandosi davanti ad una lapide.
Venne riscossa dall’acuto grido di un gabbiano che saettò la sua sagoma contro il cielo, e riprese a salire all’ombra di una palma.
Ora le case non costeggiavano più il viottolo che saliva tra le recinzioni interrotte da alcuni cancelletti che lasciavano intravvedere dei giardini più o meno curati.
Un ramo di bougainvillea, insieme a tralci di edera e rovi, scendendo da un vecchio muro di pietra, le sfiorò i capelli, riempiendole gli occhi del suo vivido colore.
Dal varco di una siepe, laggiù, si vedeva il mare dipinto di blu, punteggiato da triangoli bianchi che si muovevano lentamente.
Oltre, venne abbagliata dai frutti che come tanti piccoli allegri soli adornavano dei rami curvati dal carico, spandendo il loro effluvio.
Ad un tratto, quasi improvvisamente, un cancello di ferro un po’ arrugginito sbarrò la strada: era chiuso da una grossa catena.
Allora si sedette e pianse.
Pianse per il racconto di ricordi non più potuti narrare. Troncati così, come quel cancello sul viottolo.