Liviana Ferdeghini. Laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne, ha prestato servizio come insegnante di tedesco presso un Istituto di Istruzione Superiore, collaborando per anni con il Dirigente Scolastico. Lasciato il servizio, si dedica ad attività culturali su base volontaria e coltiva la passione della scrittura. Partecipa al concorso 50&Più per la quarta volta. Vive alla Spezia.
Era quasi sera. Gli ultimi raggi di sole si stavano nascondendo dietro il profilo del monte di fronte e una brezza leggera prendeva il posto del loro tepore.
Elisa rimase ancora un po’ seduta sulla sdraio, nel piccolo giardino davanti a casa. Era padrona del suo tempo e voleva godersi a pieno quella sensazione nuova di libertà. Era stata una giornata calda, di quelle che giù, in pianura, le toglievano il respiro e le forze, rendendole faticoso ogni lavoro. Ma qui era diverso, qui fra i monti, il caldo non si accompagnava ad afa e umidità. Era un caldo asciutto e corroborante che le metteva addosso un’alacre e gioiosa voglia di fare.
Non era sua intenzione ammazzarsi di fatica il primo giorno: avrebbe avuto tutto il tempo per fare le cose con calma; ma non aveva sentito la stanchezza, al contrario, via via che la casa tornava a splendere, aumentava la sua voglia di pulito e di fresco. E così si era ritrovata a sera soddisfatta del risultato, come non le capitava da tempo.
Ora le venne voglia di riempire di fiori i vasi del soggiorno e della cucina, come facevano un tempo lei e sua figlia di ritorno dalle passeggiate, quando questa era una bambina e condivideva la sua passione per la montagna.
Il pensiero della figlia le procurò un attimo di smarrimento, ma era decisa a non lasciarsi andare alla malinconia e con baldanza si alzò, prese un cesto e una forbice e si diresse sul sentiero che portava in paese, ai lati del quale aveva visto tanti bei fiori di campo. Erano fiori semplici, ma le avrebbero dato allegria e iniziò a tagliarli decisa, cercando di non badare alla vocina interiore che le diceva di non farlo, di lasciare i fiori dove erano. Tutte le volte che erano tornate a casa con un mazzo di fiori, suo marito l’aveva rimproverata e fatta sentire in colpa, come se avesse compiuto chissà quale misfatto, sciupandole tutta la soddisfazione che lei provava nell’abbellire la casa con le sue composizioni creative.
Stava tagliando gli steli con attenzione per non sciupare i fiori e intanto stava pensando che dopo tutto quel lavoro si meritava una cena nella pizzeria del paese, quando alzando lo sguardo, rimase sbigottita nel vedere la figura che stava salendo verso di lei, trascinando un trolley.
Era sua nipote quella ragazza, mano a mano che si avvicinava svanivano i dubbi ed Elisa restava a guardarla immobile, incapace di realizzare l’idea di quella visita inattesa.
Arrivata alla curva, anche la ragazza la vide e si fermò incerta.
Elisa allora le mosse incontro e la abbracciò. “Giada, che ci fai qui?”.
“Nonna, mi puoi ospitare per qualche tempo?”, la domanda uscì stentata e titubante.
“Certo che posso ospitarti!”. Elisa le sorrise rassicurante, mentre continuava a stringerle le mani che erano stranamente fredde.
“Vieni, andiamo a casa”, disse Elisa raccogliendo il cesto dei fiori che ora non le parevano più così importanti.
Elisa prese il trolley che Giada le lasciò volentieri e si diressero verso casa.
Non parlarono più finché non furono dentro. Qui guardandosi attorno la ragazza osservò: “E’ sempre accogliente questa casa e profumata”.
“Avresti dovuto vederla questa mattina, piena di polvere, di ragni e di muffa…”.
“Vuoi dire che hai fatto pulizia tutto il giorno?” chiese la nipote sorpresa.
Elisa non rispose, ma chiese a sua volta; “Chi ti ha detto che mi avresti trovata qui?”.
“Nessuno – rispose Giada – l’ho immaginato e… l’ho sperato”, aggiunse poi con voce flebile.
“Vuoi dire che sei partita da casa senza sapere dove andare? Che cosa avresti fatto se io non ci fossi stata?”.
Poi, visto che la ragazza rimaneva in silenzio, Elisa le si rivolse con tono più dolce ed intimo:” Che cosa ti succede Giada?”.
La ragazza toccata da quel tono, sbottò in lacrime:” Aspetto un bambino… lui non lo vuole. O forse ora lo vuole, ma sono io che non voglio più lui…”.
Elisa la trascinò verso il divano e la prese fra le braccia.
“Piccola mia”, Elisa la stringeva al seno, accarezzandole i capelli e pensando che la sua bimba era cresciuta, ma per lei era rimasta piccina, una ragazza che da tempo si atteggiava ad adulta, ma che aveva dentro di sé la fragilità di tutte le ragazze di questo mondo, quando si ritrovano da sole ad affrontare il mistero della maternità.
“Non aver paura, non sei sola, ora ci sono io con te. Vedrai che tutto si sistemerà. Intanto per ora puoi rimanere qui”.
Mentre cercava di tranquillizzare la nipote, Elisa stava prendendo atto, dentro di sé, che la vita ancora una volta, stava scombinando le carte. Proprio quando lei aveva deciso che non valeva più la pena di sacrificarsi per la famiglia, come lei aveva sempre fatto, da quando giovanissima si era sposata, con un matrimonio che all’epoca si definiva riparatore, per evitare lo scandalo di una gravidanza da nubile.
Proprio quando aveva deciso di tornare alla casa paterna, in un tentativo di ritorno alle origini, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto darle la possibilità di prendere finalmente in mano le redini della sua vita, dopo anni passati ad assecondare i capricci di un uomo meschino e traditore.
Proprio quando aveva deciso di non ascoltare i consigli della figlia, che non voleva capire la sua sofferenza e tendeva a minimizzare i fatti e le offese che il marito le arrecava pur di non turbare la tranquillità di facciata della famiglia.
Proprio ora, era lei, ancora una volta lei che era chiamata ad affrontare un dramma, lo stesso dramma che tanti anni prima l’aveva vista protagonista, impaurita come ora Giada, ma al tempo stesso esultante per quello che considerava il frutto di un grande amore.
Elisa decise in quegli istanti che non sarebbe tornata indietro. Avrebbe aiutato la nipote finché le fosse stato possibile e finché la ragazza ne avesse avuto bisogno, ma non sarebbe tornata a casa. La sua casa ora era questa, la casa della sua infanzia, dove c’erano i vecchi amici e la gente del suo paese, che aveva conosciuto suo padre e sapeva che uomo retto e giusto era stato.
Insieme a Giada avrebbe deciso cosa fare, come affrontare i mesi della gravidanza, ora le donne non dovevano per forza subire l’onta di un matrimonio riparatore, potevano scegliere e lei avrebbe appoggiato sua nipote in ogni sua scelta.
“Asciuga le lacrime. Non so tu, ma io ho una gran fame. Non ho avuto il tempo di cucinare. Che ne diresti di una delle favolose pizze di Pietro?”.
Sul volto di Giada spuntò il suo sorriso incantevole fra le lacrime: “Neanch’io ho mangiato oggi. Ho proprio fame”.